Questa l’immagine della Chiesa che emerge dal Congresso eucaristico nazionale secondo l’impressione ricavata dal vescovo ausiliare, presente ai lavori in rappresentanza del Consiglio episcopale milanese. Domenica il cardinale Scola alla Messa conclusiva
di Annamaria BRACCINI
Giorni belli, intensi, di riflessione e preghiera, in cui si respira un clima di «ferialità solenne». È questa l’impressione – felicemente sintetizzata – che monsignor Franco Agnesi, vescovo ausiliare e vicario episcopale della II Zona pastorale (Varese), riferisce da Genova partecipando ai lavori dal Congresso eucaristico nazionale. Arrivato nel capoluogo ligure anticipando la presenza del cardinale Scola – che domenica, nella Basilica di San Lorenzo, concelebrerà con i Vescovi italiani il rito al termine dell’assise -, monsignor Agnesi sottolinea: «Camminando per le vie della città si comprende, pur nello scorrere della vita ordinaria, che si sta vivendo un evento di grande portata. Se ne parla per le strade, tra la gente, e non certo solo tra i Delegati: insomma, lo si sente nell’aria».
La sensazione, quindi, è che questo XXVI Congresso dedicato all’Eucaristia sia sentito anche fuori dagli ambienti ecclesiali…
Certamente. Lo si vede dall’attenzione, anche mediatica, con cui l’appuntamento è seguito, ma vorrei dire dalla generale attenzione riscontrata durante i lavori, le celebrazioni, i momenti di confronto anche informali. Fino all’arrivo dell’Arcivescovo e di monsignor Pierantonio Tremolada, io rappresento il Consiglio episcopale milanese, mentre per tutta la durata del Congresso è presente la delegazione ambrosiana guidata da don Pino Marelli, di cui fanno parte alcuni laici e consacrate, che potranno poi informare in Diocesi del cammino compiuto nelle diverse occasioni e articolazioni dei lavori.
Quali sono i temi specifici sui quali si è appuntata l’attenzione?
Mi pare che il messaggio che si vuole far passare sia quello di una Chiesa in uscita con misericordia, come indica papa Francesco. Dall’Eucaristia viene appunto la “missione”, che ha nel volto misericordioso del Signore la sua caratteristica peculiare: andare incontro a tutti. Direi che in questo senso la scelta della collocazione genovese abbia avuto una rilevanza notevole. Si tratta infatti di una città cosmopolita, in cui si incontrano “colori”, linguaggi diversi e condizioni sociali molto differenti. Una metropoli che racconta bene il presente e che, perciò, è adatta riflettere sull’inclusione e l’accoglienza. Qui la Chiesa c’è, dagli incontri più istituzionali attraverso la presenza di tanti Vescovi e Cardinali italiani a quella semplice della gente che si impegna nelle periferie, con un’attenzione umana preziosa.
E i giovani?
Ci sono, ci sono. Tanti sono i volontari e so che anche i bambini sono stati invitati a partecipare alla Messa conclusiva. È un segno bello, da coltivare.