A Milano si è riunita la II Assemblea Missionaria Diocesana. Tra testimonianze, la presentazione di alcune realtà, preghiera e riflessione, l’Arcivescovo ha chiesto agli animatori di collaborare alla costruzione della “Chiesa dalle genti”, offrendo il proprio contributo al Sinodo minore
di Annamaria
Braccini
Un incontro di grazia e non per lamentarsi. È quello che si realizza, presso la “Casa Cardinale Ildefonso Schuster” di via Sant’Antonio a Milano, con la IIª Assemblea Missionaria Diocesana per l’Anno pastorale 2017-2018, dopo la prima svoltasi il 30 settembre scorso. Assise affollata – accanto a monsignor Delpini siedono il vicario episcopale di Settore, monsignor Luca Bressan e il responsabile dell’Ufficio per la Pastorale Missionaria, don Antonio Novazzi – nella quale l’Arcivescovo si rivolge ai partecipanti dicendosi felice di incontrali «sentendo che siete collaboratori nel mio desiderio che tutte le comunità abbiano questa apertura missionaria».Si parte da “Evangelii Gaudium”, per l’articolata relazione che monsignor Delpini titola, “Il sogno di una Chiesa missionaria e il Sinodo minore della Chiesa di Milano”.
I documenti del Magistero, ovviamente (se non più di altri), non sono fatti per le citazioni, ma per cogliere «le scintille che accendono i cuori», chiarisce subito il vescovo Mario.
«Dappertutto vedo brillare scintille, gesti minimi di persone che praticano la “legge della decima”. È stupefacente rilevare il numero, la qualità, la costanza, la creatività di un popolo sterminato che abita nelle nostre terre, che rende abitabili le nostre città, che rassicura sul futuro». Eppure queste scintille rischiano di essere «piccole e precarie».
Il pensiero va, così, al Papa che, richiamando la necessità di essere contagiati da questa passione, dice: “Non lasciatevi rubare il Vangelo”. «Coloro che sono chiamati a vivere la dimensione missionaria sono anche chiamati a essere questo fuoco. L’animatore missionario non si deve accontentare di fare il bene, ma deve trasformare questa opera, anche magari minima, in un’occasione di gioia. Dobbiamo aiutare gli altri a sperimentare la gioia del Vangelo, non una frenesia di iniziative». E ciò nella consapevolezza che solo l’incontro personale con Cristo permette di sperimentare la gioia autentica «che non può essere una maschera, una recita, un modo per tranquillizzare quelli a cui vogliamo bene, e che è, invece, la gioia misteriosa che convive con le tribolazioni, è la comunione con Gesù».
Questo, d’altra parte, è il senso di “Evangelii Gaudium”: «un dare del “tu” al Signore che genera la gioia di annunciarlo. Le scintille che brillano nella notte devono diventare come una stella cometa che arriva al Signore».
Pur ringraziando per il molto che si fa, l’Arcivescovo non si nasconde i problemi e le stanchezze che sembrano caratterizzare il mondo di oggi. La consegna è, allora, a prendere il largo: «A volte pare che il gran bene che facciamo rimanga muto. Questo è un cristianesimo timido e complessato», di fronte al quale occorre chiedersi, appunto, «perché ci lasciamo rubare il Vangelo».
Il «richiamo di cui abbiamo bisogno», per usare ancora le parole di Delpini, è chiaro. «Come possiamo portare il Vangelo agli altri se non abbiamo il coraggio di dirlo? Chiediamoci se nel nostro desiderio di essere discreti, non si nasconda il non avere incontrato di recente Gesù».
L’invito è a guardare a esperienze feconde come quelle dei missionari ad vitam e dei Fidei donum, protagonisti, nell’auspicio dell’Arcivescovo, di una «collaborazione tra le Chiese non sia un percorso a senso unico – perché sarebbe una specie di colonialismo –, ma un annunciare il Vangelo per impararlo di nuovo».
Da qui la richiesta di un aiuto reale, in considerazione «dell’importanza dell’animazione missionaria per il Sinodo minore».
«Come possiamo immaginare una Chiesa per domani? Come deve essere la nostra Chiesa fatta dalle genti? Vi chiedo di meditare la Lettera agli Efesini (a ognuno, al termine dell’incontro, ne viene distribuita una copia con l’introduzione dell’Arcivescovo stesso e le note di don Franco Manzi) perché, per capire cosa sia la Chiesa dalle genti, bisogna sapere cosa è la Chiesa: non un sogno fantastico, ma quella che lo Spirito ci induce a costruire».
Non manca, prima delle testimonianze di missionari Fidei Donium appena tornati dallo Zambia, un’espressione scherzosa: «Il mio editto per i laici è: leggetela entro Pasqua».