In 40.000 all’incontro dell’Arcivescovo con i cresimati e cresimandi provenienti da tutta la Diocesi. «Chi guarda a Gesù non ha paura né del mondo, né dei bulli né di quello che può capitare in futuro»
di Annamaria
Braccini
Un ‘Kaire’ grande come il più grande stadio d’Italia. Un ‘Rallegrati’, scritto su tanti striscioni e urlato dai 40.000 cresimandi e cresimati 2021 e 2022 provenienti da tutta la Diocesi che, con i loro educatori, sacerdoti, religiose, padrini e madrine, genitori, catechiste e catechisti, salutano così, l’Arcivescovo, accompagnato dai Vicari episcopali di Zona e da quelli di Settore.
Dopo 2 anni di pausa a causa della pandemia, torna allo stadio Meazza, uno degli incontri più attesi e tradizionali per la nostra Chiesa da quando, nel 1983, lo volle il cardinale Martini. Quello, appunto, tra l’Arcivescovo e i ragazzi della Cresima che affollano gli spalti, con le loro pettorine di 7 colori diversi (per ciascuna delle altrettante Zone pastorali) e l’entusiasmo incontenibile quando fa il suo ingresso in campo (è proprio il caso di dirlo) il vescovo Mario, che poco prima aveva salutato un gruppo di ragazzi disabili e ricevuto in dono le maglie del Milan e dell’Inter, presente la vicesindaco di Milano, Anna Scavuzzo e il direttore della Fom, don Stefano Guidi.
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Le suggestive coreografie che riprendono il titolo della lettera scritta dall’Arcivescovo a cresimati e cresimandi, ‘Come un cenacolo’, curate come sempre dalla Fondazione degli Oratori Milanesi – anche attraverso le belle immagini riprese dall’alto e diffuse sui maxischermi -, sono eseguite da oltre 1000 figuranti volontari e intervallano una sorta di dialogo tra i ragazzi e 3 Vicari. Prendono così la parola – nel richiamo ai temi dello Spirito come dono, fonte di amore e di amicizia con Gesù da vivere, appunto, in un Cenacolo – monsignor Franco Agnesi, vicario generale, monsignor Luca Raimondi, vicario episcopale per la zona IV-Rho e don Mario Antonelli, vicario episcopale per l’Educazione e la Celebrazione della Fede.
In riferimento al capitolo 15 del Vangelo di Giovanni, appena proclamato, l’intervento dell’Arcivescovo è come un inno – o, meglio, una raccomandazione -, a vivere con lo sguardo fisso su Gesù, sorridendo per portare gioia ovunque, pronti a tendere una mano per portare aiuto sempre.
L’intervento dell’Arcivescovo
«Tre cose sono avvenute nel Cenacolo, Gesù ha attirato a sé lo sguardo dei discepoli, dicendo: “Non guardatevi gli uni gli altri per dire chi è il primo o il migliore. Guardate a me. Tenete fisso lo sguardo su di me, perché non c’è un amore più grande del mio”. Quindi, non la distrazione, non l’invidia e la concorrenza, ma volgere lo sguardo a Gesù, colui che è stato trafitto». Da qui l’interrogativo rivolto direttamente ai giovani: «Dove guardi tu?»
«Non guardate troppo internet, la televisione, non guardatevi troppo tra voi quasi per dire che gli altri sono migliori o vi fanno paura. Chi guarda a Gesù non ha paura né del mondo, né dei bulli né di quello che può capitare in futuro».
Poi, il secondo fatto avvenuto nel Cenacolo. «Gesù ha detto: “Io vi do la mia gioia e desidero che la vostra gioia sia piena. Imparate a sorridere, amici miei, imparate a seminare sorrisi, quando è bel tempo e quando piove, quando le cose sono facili e quando sono difficili.»
Infine, «la mano che offre aiuto».
«Gesù ha detto: “Io che sono il Signore ho lavato i piedi a voi, dunque, anche voi lavatevi i piedi gli uni gli altri, datevi una mano, mettetevi a servire, aiutate in casa, a scuola, in oratorio. Nessuno è troppo piccolo da non poter dare una mano: non devi vergognarti di quello che non sai fare, piuttosto offri quello che puoi dare. Non pensare di essere solo, guarda quanti sono disposti, intorno a te, a dare una mano».
Lo sguardo che si rivolge a Gesù, il sorriso, la mano tesa per aiutare, è ciò che vi raccomando. Quando pensate al dono dello Spirito, che avete ricevuto o state per ricevere, domandatevi che cosa opera in voi questo dono: vi porta nel Cenacolo. Come faranno i vostri amici a capire che siete stati nel Cenacolo? Perché vedranno che siete capaci di guardare al Signore, di sorridere, di dare una mano. Tornando a casa, la gente capirà che siete stati a San Siro, perché siete capaci di ciò, perché non si perda la vostra strada e la vita sia vocazione. Questa è la vostra vocazione».
Alla fine, non manca, come sempre, il gesto missionario, non a caso a tutti i ragazzi viene donato un fumento sulla straordinaria figura del beato Clemente Vismara, detto l’“apostolo del Myanmar”. Per l’occasione, infatti, si raccolgono fondi per contribuire alla costruzione, appunto, in Myanmar di una scuola dell’infanzia che ospiti fino a 60 bambini, la “Golden beehive – L’alveare d’oro”. Un progetto promosso dalla Fondazione New Humanity, onlus attraverso la quale opera il Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) in quel Paese del sudest asiatico.
Infine, le intercessioni – si prega anche per la pace e la cessazione della guerra -, la benedizione e il canto finale ispirato dal tema dell’anno oratoriano, ‘Ama. Questa sì che è vita!’, prima che in cielo si alzino mille palloncini colorati e l’Arcivescovo e gli altri Vicari facciano (come ben si conviene ai campioni) il giro d’onore del campo tra gli applausi.