Pubblichiamo l’omelia che il cardinale Giovanni Colombo, allora Arcivescovo di Milano, pronunciò durante i funerali di Stato per le vittime della strage di piazza Fontana, presieduti in Duomo il 15 dicembre 1969
del cardinale Giovanni
COLOMBO
Arcivescovo di Milano (1963-1979)
A quest’ora grave e sacra meglio s’addirebbe il silenzio. Ma come pastore d’anime devo interpretare e orientare, alla luce della verità, i sentimenti e le aspirazioni che oggi colmano l’animo di un popolo intero, senza distinzione di classi. Sono sentimenti di orrore, perché ancora una volta la mano proditoria e furtiva di Caino ha sorpreso fratelli inermi e ignari e ne ha fatto strage; ancora una volta il sangue innocente di Abele, sparso a macchie enormi, offende questa mia diletta città industre e onesta, le tradizioni civili e cristiane della nazione, la stessa umanità.
Sono anche sentimenti di fiero sdegno, che invocano giustizia chiara e ferma, perché senza di essa non si può dissolvere un pernicioso senso di corrosiva sfiducia verso questa società, né si può ridare al popolo la necessaria certezza che il diritto è rispettato, la libertà è difesa, la convivenza pacifica è protetta.
Sono soprattutto sentimenti di compianto e di preghiera per le vittime, di condolente fraternità verso i familiari costernati, a cui a gara vorremmo asciugare le lacrime, confortare il cuore, recare soccorso. Tutti sentiamo il dovere e il bisogno di riparare il grande male che loro è stato fatto. Ma senza la fede in Cristo, liberatore della morte, questo male non ha riparazione; senza la speranza cristiana di ritrovarci insieme nella immortalità beata, questa ferita del cuore non può rimarginare.
La vita d’ogni uomo e la storia dell’umanità sulla terra, chiusa in se stessa, non trova tutta la spiegazione di cui ha bisogno, ma presenta grovigli assurdi e scava nel nostro profondo essere un vuoto incolmabile. Senza le consolanti certezze rivelate dalla parola di Dio, l’uomo è a se stesso mistero e disperazione. Noi crediamo fermamente che Cristo, il nuovo divino Abele, di cui l’antico era figura profetica, Cristo la volontaria vittima della violenza, raccoglie il sangue e il pianto degli innocenti e unendoli al suo sangue e al suo pianto, in un sacrificio unico e perfetto, li rende meritori di un premio eterno nel Regno del Padre suo e Padre nostro.
Con la sua risurrezione Egli ha proclamato la nostra, e ci ha dato la prova che nella morte la vita non è tolta, ma soltanto mutata e, per chi crede, sale a una forma piena e intangibile, in una luce senza tramonto, in una gioia senza turbamento. Là, questi nostri fratelli, la cui salma martoriata è custodita in queste bare, ci hanno preceduto e ci aspettano. Dove i sentimenti rivelatori dell’anima autentica del popolo lombardo sono risonati con umile e profonda sapienza, è sulle labbra dei feriti. Straziati e amputati trovano ancora la forza di esprimere la speranza di una società migliore.
Merita che io renda pubblica la testimonianza di due, tra i più gravi, udita anche dal signor Ministro della Sanità, che mi era vicino. Uno mi ha detto: «Fu una cosa orrenda! Ma io preferisco averla subìta, piuttosto che averla fatta ad altri». Mi ha detto un altro: «Così: non va. Fate subito qualche cosa per cambiare questo mondo». È vero: così: non va, così: non può andare.
Tutti e ciascuno, secondo i propri doni e il proprio posto, possiamo e dobbiamo fare qualche cosa per cambiare questo mondo. Ma non lo cambieremo in meglio, se non si ritornerà ai principi e ai metodi del Vangelo, fuori dei quali non è possibile un vero progresso civile, e sui quali si fonda la genuina tradizione del nostro popolo laborioso e retto.
Il sacrificio cruento dei nostri fratelli con il dolore dei familiari oggi già ci benefica, unendoci tutti in un proposito solo di rinnovamento sincero. E non sia solo per questa ora. Esso guidi i supremi responsabili a trascendere ogni rivalità di parte, per darci presto quella giustizia e quella sicurezza, nella libertà e nell’ordine, che tutto il paese oramai aspetta con impazienza. Ispiri l’educazione delle nuove generazioni, facendo tacere lo pseudo magistero di chi esalta ancora la violenza sopra la pace, la rappresaglia sopra la legge. Tolga ogni possibilità di nocumento al terrorismo illiberale e sanguinario. Torni, così, l’albero natalizio a risplendere di speranze non illusorie.
E l’umile culla di Cristo ci riporti sulle vie della pace e della fraternità. Addio, vittime innocenti! La Madonnina, che dall’alto, inorridita, ha visto il vostro martirio, vi introduca maternamente nella festa eterna di Dio. E noi, che cosa abbiamo da promettervi oltre il ricordo e la preghiera? Questo: faremo ogni sforzo perché il vostro sangue e il pianto dei vostri cari non siano vani.