Lo evidenzia il decano, padre Luca Zanchi, presentando il territorio dove l'Arcivescovo sta concludendo la Visita pastorale cittadina: «Se daremo prova che ci vogliamo bene, la fraternità salverà la Chiesa»
di Cristina
CONTI
Si è da poco avviata la Visita pastorale dell’Arcivescovo nel Decanato Niguarda e Zara, l’ultima tappa in città, dove la visita è iniziata nel gennaio del 2022. «Abbiamo tre Comunità pastorali, mentre le altre sono parrocchie autonome. Il nostro territorio comprende quello del Municipio 2 (Zara) e quello del Municipio 9 (Niguarda)», spiega il decano padre Luca Zanchi, dei Sacramentini di Sant’Angela Merici..
Come è la situazione economica?
Il periodo della pandemia ha avuto conseguenze pesanti. Prima, nella totalità dei nostri Centri d’ascolto chi chiedeva aiuto era immigrato. Oggi molti sono invece italiani. Abbiamo fatto richiesta del Fondo San Giuseppe anche per molte famiglie del luogo. Talvolta non vengono direttamente nei Centri d’ascolto perché prevale un senso di pudore: mi è capitato di sapere che persone che avevano un buon tenore di vita sono state licenziate e hanno avuto difficoltà a rivolgersi qui. Ma si tratta anche di persone che, grazie a un buon posizionamento professionale, riescono in fretta a ricollocarsi. Sicuramente, comunque, il lavoro del Gruppo Barnaba decanale ci ha aiutati a fare il punto su ricchezza e povertà: San Vincenzo e Centri d’ascolto hanno avuto un aumento delle richieste.
Dopo la pandemia le attività e la partecipazione alle celebrazioni sono riprese come al solito?
Negli incontri di fraternità è emerso che abbiamo perso molte persone, perché morte o perché anziane e preferiscono ormai guardare la Messa in tv. Alcune parrocchie trasmettono almeno una Messa su Facebook o Youtube, proprio per andare loro incontro. Va sottolineato poi che in alcune realtà, come la mia, abbiamo avuto un incremento della partecipazione alle Messe feriali, tanto che ormai non le celebriamo più nella cappella, ma nella chiesa grande. Chi viene a Messa viene perché lo sente davvero, c’è più consapevolezza. Un altro frutto positivo possiamo toccarlo con mano nelle relazioni umane. Prima erano più veloci. Adesso c’è un bisogno maggiore di incontrarsi e raccontarsi agli altri. Davanti alla chiesa di Sant’Angelo abbiamo un sagrato grande, dove le persone sono tornate a incontrarsi e a condividere. Proprio per questi motivi penso che dobbiamo puntare molto sulla qualità e sulla proposta celebrativa e trasmettere speranza e positività: adesso la gente ne ha bisogno.
Gli immigrati sono molto presenti?
L’Assemblea sinodale decanale ha fatto una mappatura della situazione esistente. Sono abbastanza integrati nella comunità. Nella zona che comprende l’ex decanato di Zara, sono molto pochi a causa dei prezzi proibitivi. Abbiamo una scuola di italiano che funziona molto bene e che ha una buona frequenza nella Comunità pastorale Maria Madre della Misericordia (Santa Maria alla Fontana e Sacro Volto). I Centri di ascolto non danno solamente pacchi, ma, grazie ai volontari presenti, portano avanti un rapporto di conoscenza con chi ha bisogno. Qualche immigrato è poi più integrato degli altri perché vive qui da molto. C’è attenzione anche per chi vive per strada e non vuole l’aiuto di nessuno: è comunque accolto e amato nella sua fragilità.
Quali sono le attese per questa visita? E quali le sfide?
Sicuramente è un momento che fa molto piacere: un padre viene in visita ai suoi figli. L’Arcivescovo ci ha spiegato che viene per incontrare e per conoscere: è un momento molto tranquillo e familiare. L’attesa è quella di stabilire un rapporto più intenso con lui. La sfida è quella di fare di Milano la città della prima Chiesa ambrosiana, dove i primi cristiani vivevano la fede. Ma anche la città di Betania, luogo di incontro e di amicizia. Un posto accogliente come l’osteria del Buon Samaritano, dove si vive una carità fatta di supporto concreto. Secondo me, proprio la fraternità salverà la Chiesa: se daremo prova che ci vogliamo bene e che siamo capaci di una prossimità non solo fisica, ma anche evangelica.