A Venegono molte generazioni di seminaristi hanno avuto come professore di Teologia morale Tettamanzi. A lezione si faceva capire: la sua esposizione era sempre chiara, semplice, efficace. Ma i suoi alunni ricordano anche il suo sorriso e la sua cordialità.
di Luciano Moia
L’impegno più gravoso di questo periodo rimane però l’insegnamento in Seminario. Ma come si comporta il professor Tettamanzi in cattedra? Le testimonianze sono concordi. La sua esposizione è chiara, semplice, efficace. Lo stile molto metodico, arricchito da schemi e da rimandi a titoli e sottotitoli. Un esempio? «La triplice distinzione del munus, regale, profetico e sacerdotale – ricorda monsignor Francantonio Bernasconi, prevosto di Caronno Pertusella e già segretario del cardinale Colombo – propria di Cristo e applicata all’identità del cristiano, concetto che è stato richiamato e messo in luce dai documenti del Vaticano II, veniva da lui ripreso e sottolineato ad ogni argomento ed era come un leit-motiv divenuto proverbiale tra noi allievi». L’esposizione era poi arricchita da numerose citazioni di grandi teologi e di Padri della Chiesa. Innumerevoli i riferimenti al magistero e agli interventi dei vari episcopati nel mondo.
«Le sue dispense – riprende monsignor Bernasconi – potevano definirsi un centone di autori vari, fusi con non comune abilità, un insieme panoramico di testi e di contesti vari. Un mio compagno di studi, proprio qualche anno fa, ricordava che dovendo rivolgersi spesso a Tettamanzi, in quanto incaricato dalla classe di ciclostilare le dispense scolastiche, lo trovava regolarmente nel suo studio davanti alla macchina per scrivere, attorniato da mille opuscoli, riviste e libri semiaperti. Da ogni fonte sapeva trovare lo spunto opportuno per arricchire la sua costruzione teologica ed arrivare alla sintesi migliore».
Anche gli argomenti teologici più impegnativi e che quindi richiedono ampiezza e profondità di esposizione vengono da lui semplificati e resi quasi «appetibili». La sua figura di insegnante, il suo sorriso, la sua cordialità, la sua prontezza nell’aprirsi ai problemi di ciascuno, è in grado poi di umanizzare il clima delle lezioni. Si ricorda il nome di ogni allievo, sa avvicinarlo con delicatezza, si rammenta a distanza di tempo i dialoghi e le confidenze. Un’attenzione non puramente formale che riscuote la fiducia di tutti.
Don Ferdinando Citterio, anche lui originario di Renate, discepolo e poi collega di Tettamanzi, ricordava la sua didattica estremamente chiara, analitica, precisa: «Tutto il corso di morale fondamentale si svolgeva intorno alla categoria biblica e tomistica dell’uomo Imago Dei. Si trattavano e discutevano i grandi temi – cominciavano proprio allora ad essere dibattuti – che da oltre vent’anni tormentavano la morale fondamentale e che finalmente nel 1994 sono stati oggetti dell’enciclica Veritatis splendor».
Documento alla cui stesura il Papa chiama a collaborare direttamente anche il cardinale Tettamanzi. Tant’è vero che, poche settimane dopo la pubblicazione dell’enciclica, l’allora segretario generale della Cei manda in libreria un documento approfondito Introduzione e guida alla lettura della Veritatis splendor , che rileva non solo l’assoluta padronanza della materia, ma anche una conoscenza «dall’interno» dell’enciclica di Giovanni Paolo II.
da «Con il cuore a Milano», Ancora, Milano 2002