Hanno dovuto lasciare i mariti a combattere, ma hanno portato in salvo i figli (compreso un nascituro): ecco le storie di alcune profughe ospitate nella parrocchia varesina e in quella dell’hinterland milanese
di Claudio
URBANO
Domenica 13 marzo una nuova vita si aggiunge alla piccola comunità ucraina già arrivata a Cassano Magnago. Marina, una delle donne arrivate domenica scorsa, darà alla luce il suo terzo figlio all’ospedale di Gallarate. Forse il piccolo si chiamerà Alexnder. Ma toccherà solo a lei scegliere il nome, perché da giorni non riesce a mettersi in contatto col marito rimasto in Ucraina, riferisce don Andrea Ferrarotti, parroco di Cassano. È questo il dramma delle madri arrivate in questi giorni, sospese tra la preoccupazione per gli uomini che hanno lasciato a combattere e il sollievo per una ritrovata tranquillità, almeno per i propri figli.
Il piacere di una doccia
Conferma gli stessi sentimenti don Giorgio Salati, che all’oratorio di San Giuliano a Cologno Monzese ospita tre donne coi loro bambini: «Da una parte le vedo spaventate per ciò che succede in Ucraina; dall’altra c’è la serenità di chi ha messo in salvo i bambini e qui vede la prospettiva di poterli educare – sottolinea il parroco di Cologno -. La prima preoccupazione era che i bambini potessero andare a scuola, potessero vivere. E questo fa onore a queste donne, che vivono per i bambini». Per i ragazzi il cambio di orizzonti è stato talmente rapido che, per alcuni aspetti, si sono trovati in un contesto migliore forse senza neanche rendersene conto: «Domenica scorsa avevamo in oratorio i gonfiabili, e loro si sono buttati a giocare come tutti gli altri come se nulla fosse», conferma don Ferrarotti. Con la loro spontaneità fanno però capire di essersi lasciati alle spalle una situazione drammatica. «Sono rimasti sorpresi dall’aver subito iniziato la scuola», prosegue don Andrea. Ancor più grande però deve essere stato lo stupore di un piccolo, che uscendo dalla doccia ha esclamato: «Mamma, qui c’è l’acqua calda!».
Due delle donne ospitate a Cassano arrivano proprio da Mariupol, dove ora si vivono i giorni più tragici: «Loro sono andate via subito, ma certo i colpi delle esplosioni li hanno sentiti», riporta don Ferrarotti. L’altra è della zona di Odessa, dove non ci sono state distruzioni, ma comunque nei supermercati iniziavano a scarseggiare i generi alimentari. Le prime famiglie ospitate a Cologno vengono invece da una zona vicina alla Romania, ed è per questo che sono riuscite ad arrivare così presto in Italia, sottolinea don Salati.
Comunità mobilitate
Qui queste giovani mamme sapevano di avere almeno un riferimento sicuro. A Cologno come a Cassano, sono state alcune badanti, ormai da anni nel nostro Paese, a farsi avanti per prime chiedendo ospitalità per le loro figlie o conoscenti. A Cologno una donna che lavora da dieci anni in Italia ha fatto arrivare i genitori anziani, e proprio in questi giorni ha conosciuto una delle mamme appena arrivate: «Per me è stato commovente vederle parlare nella propria lingua, e farsi forza a vicenda», confida don Giorgio.
Attorno si è mossa tutta la comunità, a partire dalle mamme italiane che hanno accompagnato le ucraine al supermercato. E sulla pagina Facebook delle parrocchie di Cassano un messaggio di benvenuto per chi è appena arrivato è tradotto anche in ucraino. «Ora i nostri spazi parrocchiali sono ormai pieni, ma cinque o sei famiglie hanno messo a disposizione una stanza o un appartamento», assicura don Andrea. Mentre don Giorgio, che fa parte anche della Comunità papa Giovanni XXIII, riflette: «Non sappiamo quale sarà il futuro di queste donne, ma conosco tante case parrocchiali molto grandi, dove vive un prete da solo: non si potrebbe ospitarle qui? Rifiorirebbe tutta la comunità».