Per acquistare un camion da dare in uso alla Caritas, il Decanato di Legnano ha potuto contare su maggiori fondi in virtù della rinuncia consapevole di altri Decanati alla loro quota

di Massimo Pavanello
Incaricato diocesano Sovvenire

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Chi riceve i soldi dell’8×1000? Questa sarebbe già una notizia. Ma vale anche – se non di più – il suo contrario: chi rinuncia ai fondi 8×1000?

Le due news, nel caso che raccontiamo, stanno insieme. Piccola cosa, in proporzione alle grandi cifre. Certo, lo scorso anno, per citare i numeri della diocesi di Milano, sono stati distribuiti, come voce ordinaria, 7.091.945,10 euro per gli interventi caritativi e 7.449.608,33 per il culto e la pastorale. Oltre ai fondi straordinari Covid. Lo specifico dei dati, e la narrazione di alcune storie che certificano la ricevuta, sono reperibili su www.chiesadimilano.it/sostegnochiesa.

Ma, come insegnano gli esperti del settore, «i bilanci non si leggono, si interpretano». Applichiamoci, allora, a una buona pratica.

Devoluzioni virtuose

Nella lista delle destinazioni dei fondi 8×1000 riservati alla carità, si incontra una prima voce: 17 mila euro al Decanato di Legnano per acquistare un camion da dare in uso alla Caritas. Subito, però, ne seguono altre due: Decanato di Saronno, devolve la propria quota al Decanato di Legnano; Decanato di Valle Olona, devolve la propria quota al Decanato di Legnano.

Il prevosto della città del Carroccio, monsignor Angelo Cairati, commenta così la decisione: «È una metodologia concordata tra i Decani e il Vicario episcopale di zona. Ci è parso che in questo modo gli aiuti potessero essere più efficaci. Senza perdersi in minute elargizioni a pioggia. Tanto che l’abbiamo riproposto per quest’anno. E sarà il mio Decanato a rinunciare alla quota spettante, a favore di altri. L’investimento è stato consistente, e sarebbe potuto essere risolutivo».

Perché questa titubanza in coda? «Perché i soldi dell’8×1000 sono arrivati subito, confida il sacerdote legnanese. Ma non è ancora arrivato il camion. Bloccato in Russia, per questioni di ricambi, già prima della guerra. Speriamo».

La condivisione come abitudine

La collaborazione tra comunità, su questioni economiche, fa ancora un po’ notizia.

Anche se per l’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, non dovrebbe essere così. Nella lettera ai membri dei Consigli degli affari economici parrocchiali, intitolata «Amministrare con responsabilità» (vedi qui), lo ha scritto chiaro: le parrocchie ricche aiutino quelle povere e in difficoltà. La «condivisione dei beni» divenga «forma abituale nella comunità cristiana». Una compartecipazione che può consistere pure nel non accedere ai fondi.

A seguito della distribuzione, alle parrocchie, dei contributi straordinari Covid, derivanti dall’8×1000, monsignor Bruno Marinoni, vicario episcopale per gli affari generali, lo ha ricordato: «Voglio anche ringraziare tutti coloro che hanno ritenuto non opportuno fare richiesta, non perché non vi fosse stata una perdita, ma per agevolare coloro che ne avevano particolarmente bisogno. Per tale scelta di molti, i contributi erogati sono generalmente significativi» (leggi qui).

Quelle evocate, sono azioni molto locali e di taglio quasi personale. Supportate, però, da una indicazione generale. Tra i temi della predicazione di monsignor Delpini, infatti, ne spicca uno pronunciato sin dall’inizio del suo ministero a Milano: l’elogio del gesto minimo: «Ecco – ha ripetuto in più occasioni – l’elogio del gesto minimo, della scelta personale, della responsabilità di ciascuno non di aggiustare tutto il mondo, ma quel pezzetto di mondo che gli è stato affidato. Voglio fare dunque l’elogio del gesto minimo e della scelta personale».

Del resto, chi opziona l’8×1000 per la Chiesa cattolica, lo sa da tempo che «non è mai solo una firma. È di più, molto di più».

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