Conta più di due miliardi di utenti globali e si rivela utile per gruppi di discussione, invio di avvisi e segnalazioni, videochiamate per riunioni a distanza

di don Luca FOSSATI
Collaboratore Ufficio Comunicazioni Sociali

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Iniziamo con questo articolo un percorso che ci porterà di volta in volta a conoscere diversi mezzi di comunicazione, noti e meno noti, con una particolare attenzione verso le possibili applicazioni per la #pastoraledigitale.

In questa prima puntata partiamo da uno strumento che ormai è diventato talmente abituale da non essere quasi nemmeno considerato un social network, ovvero WhatsApp. Nato nel febbraio del 2009 come evoluzione della messaggistica breve tipica della comunicazione cellulare, attualmente è parte della società Facebook e conta più di due miliardi di utenti globali. Se ci pensiamo, la quasi totalità delle persone che conosciamo o che contattiamo quotidianamente usa questa piattaforma, tanto che nelle occasioni in cui si verifica qualche disservizio in tanti si trovano quasi smarriti. Questa così ampia diffusione, che coinvolge tutte le fasce d’età, quali possibili utilizzi pastorali suggerisce?

Quello più comunemente noto e utilizzato, a volte quasi abusato, è la possibilità di creare gruppi di discussione, utili specialmente per l’organizzazione di attività e per favorire il confronto e il lavoro in équipe. Questa modalità prevede necessariamente la condivisione del numero di telefono cellulare di tutti i partecipanti, cosa che sicuramente risulta essere comoda quando si tratta di gruppi di catechesi o di lavoro, meno opportuna invece se si vuole utilizzarlo come strumento di comunicazione su larga scala (per esempio per tutta la comunità). Viene allora in soccorso la possibilità di creare quelle che sono chiamate le “liste broadcast”, ovvero elenchi predefiniti di contatti ai quali possiamo inviare messaggi che verranno ricevuti come se fossero singolarmente diretti inviato da noi a ciascuno. In questo caso gli unici a avere tutti i contatti saranno coloro che inviano il messaggio. Per completezza aggiungo che esiste una ulteriore possibilità intermedia, ovvero creare gruppi nei quali sia consentito solo ad alcuni di poter inserire messaggi e contenuti, cosa che potrebbe rivelarsi utile per esempio per gruppi di avvisi per la catechesi o simili attività. Ultima possibilità offerta da questo strumento è la videochiamata, possibile anche come a gruppi fino a otto partecipanti contemporanei, cosa che potrebbe rivelarsi molto pratica in questo periodo di riunioni a distanza per piccoli gruppi, senza avere l’esigenza di utilizzare piattaforme esterne con relative complessità e costi.

Quanto ai contenuti che possono essere veicolati, lo strumento consente la condivisione sia di testi, sia di immagini, audio, video e documenti estendendo quindi le potenzialità in ogni possibile ambito pastorale. Grazie a questa flessibilità, in questi mesi diverse comunità lo hanno sfruttato per l’invio di brevi video di saluto, di commento biblico, di commento artistico, di formazione, di preghiera, catechesi, audio di omelie e tanto altro.

Negli ultimi anni è stata aggiunta una funzione analoga a quella delle storie di Instagram, ovvero la possibilità di pubblicare sul proprio stato di WhatsApp un testo, un’immagine o alcuni link. Pastoralmente questo viene molto spesso utilizzato per rendere note attività pastorali, riflessioni, per condividere immagini o avvisi relativi alla vita della comunità, in qualche caso anche per pubblicizzare il link di un evento in streaming. Infatti tutti coloro di cui abbiamo il contatto potranno visualizzare i contenuti che noi inseriamo nello stato per le 24 ore successive alla pubblicazione.

Se nella vostra comunità avete escogitato qualche utilizzo originale di questo o di altri strumenti di comunicazione raccontatecelo scrivendo a comunicazione@diocesi.milano.it

 

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