È uno strumento di messaggistica che ha maggiori potenzialità nell’invio di documenti e immagini e presenta alcune modalità specifiche che possono rivelarsi molto utili
di don Luca
FOSSATI
Collaboratore Ufficio Comunicazioni Sociali
Parliamo in questa occasione di uno strumento di messaggistica che ha ricevuto grande impulso in questo ultimo anno e che, pur presentando funzioni analoghe al più noto e diffuso WhatsApp, contiene alcune modalità di grande utilità nella pastorale, ovvero Telegram. L’accesso a questa piattaforma avviene dopo una semplice registrazione legata al proprio numero di cellulare e nelle sue funzioni di base consente di scambiare messaggi testuali, audio, video, documenti con altri utenti.
Vediamo quindi quali sono le specificità. L’invio di immagini è possibile anche in alta risoluzione, aggirando il problema della compressione introdotta da altre app simili, e ci permette di ricevere in modo tempestivo e con una qualità decisamente migliore le foto che useremo per pubblicazioni o altro. Anche il limite sull’invio di documenti è superiore rispetto ai 64Mb consentiti da altri sistemi. La gestione dei gruppi, che è in tutto simile alle altre realtà, in questo caso eredita una funzione presente in ClubHouse, ovvero la chat vocale di gruppo. Possiamo infatti avviare all’interno del nostro gruppo una stanza virtuale di chiacchierata vocale nella quale i partecipanti possono intervenire, ascoltare e interagire. Sicuramente è molto comodo per svolgere riunioni che non necessitano dell’aspetto visuale, e quindi non hanno bisogno di una piattaforma di videoconferenza.
Altra modalità, pastoralmente molto interessante, è quella della creazione di “canali telegram”, ovvero dei flussi di informazioni accessibili per chiunque è interessato. Per l’utente appaiono come se fossero gruppi o contatti normali, ma in questi canali solo gli utenti abilitati come amministratori sono in grado di pubblicare i contenuti. Chi volesse seguire il nostro canale non dovrà chiedere un intervento dell’amministratore, come avviene invece su WhatsApp, e non potrà visualizzare i dati di contatto degli altri iscritti, il che salvaguarda la privacy in modo adeguato. Una volta creato il canale, infatti, l’amministratore può condividere un link di adesione, utilizzando per esempio i social, una mailing list, pubblicandolo sul sito parrocchiale o stampando un QR code sul bollettino parrocchiale (dei qr code e dei molteplici utilizzi possibili in parrocchia parleremo sicuramente in un prossimo articolo). Da quel momento le persone che si aggiungeranno al nostro canale potranno ricevere in maniera immediata le nostre comunicazioni con una notifica sull’applicazione telegram. Come amministratori potremo anche abilitare la possibilità per gli iscritti al canale di commentare quanto pubblichiamo inserendo domande, commenti o riflessioni, in questo caso sarà visualizzato il nominativo (ma non il numero di telefono) di chi scrive, e questi commenti saranno visibili in una schermata specifica.
Ultimo accenno, per forza di cose sintetico, è la potenzialità offerta dai bot, ovvero piccoli programmi che consentono all’utente di porre domande prestabilite al nostro canale per ricevere le risposte che noi abbiamo precedentemente previsto, per esempio “orario messa domenica” oppure “data cresima”, o interagire in modo più complesso, ma per fare questo dovremmo addentrarci in spiegazioni per un uso evoluto che richiederebbero pagine e pagine per essere descritte.
L’app di Telegram esiste sia per le piattaforme mobile (iOS e Android) che per desktop: Windows, Linux o Mac. Come Ufficio comunicazioni sociali abbiamo da poco lanciato il canale Telegram per la diffusione dei comunicati stampa: i dettagli per potersi aggiungere li potete trovare a questa pagina.