Una piattaforma social basata sullo streaming audio, che crea “stanze” virtuali in cui, su invito, si può condividere una chat. È ancora in fase sperimentale e presenta alcuni limiti, ma ha già mostrato possibili utilizzi pastorali
di don Luca
FOSSATI
Collaboratore Ufficio Comunicazioni Sociali
Dopo aver approfondito lo strumento whatsapp e i possibili utilizzi pastorali, andiamo ora alla scoperta di qualcosa di nuovo e per molto versi ancora in fase sperimentale e di test iniziale. Tra i diversi social, quelli che maggiormente hanno ricevuto impulso in questo ultimo anno sono le piattaforme che si focalizzano sugli eventi in diretta streaming, come per esempio Twitch (di cui parleremo prossimamente) o Clubhouse, che esploriamo ora.
Questa nuova piattaforma social si basa sullo streaming audio in diretta. Nello specifico, ogni utente può creare una stanza virtuale tematica dando appuntamento agli interessati, tramite invito o in maniera pubblica, per condividere una chat vocale. All’interno della stanza virtuale altri utenti si possono affacciare per ascoltare il discorso e possono alzare la mano per chiedere la parola. A questo punto l’organizzatore o gli organizzatori possono elevare l’utente a persona autorizzata a intervenire.
Per essere efficaci su Clubhouse occorre una buona cura della propria presentazione sul profilo, un titolo e una descrizione chiari della o delle stanze che andremo a creare ed è essenziale assicurarsi di avere almeno un primo gruppo iniziale che sicuramente parteciperà al nostro incontro. A quel punto, una volta avviata, la nostra chat potrà attirare l’interesse di altri utenti e pian piano si allargherà la cerchia delle interazioni possibili. Di quanto viene detto non rimane registrazione sulla piattaforma e non è quindi possibile recuperare lo storico della “chiacchierata”. Eventuali soggetti di disturbo possono essere gestiti attraverso la funzione che consente di concedere o di negare all’utente il diritto di parola.
Il panorama delle stanze disponibili attualmente spazia su ogni genere di argomento, da quello più serio e acculturato a quelli più leggeri, assimilabili quasi a chiacchierate al bar. La maggior parte delle stanze, specialmente quelle che raccolgono molti utenti, sono in lingua inglese, ma non poche sono anche in italiano.
Come detto all’inizio, si tratta di una piattaforma ancora in fase iniziale e al momento ha alcune limitazioni. Innanzitutto l’accesso è possibile tramite una applicazione disponibile per ora solo per dispositivi Apple (iPhone), mentre per il mondo Android è ancora in fase di sviluppo. Inoltre la registrazione in questa fase non può ancora avvenire su base spontanea, come per gli altri social, ma occorre ricevere l’invito da parte di qualche nostro contatto già iscritto. L’interfaccia dell’app è molto semplice e intuitiva e il social consente di scegliere quali contatti seguire e quali argomenti interessano, così da proporre le stanze programmate nel prossimo futuro, o attualmente attive, in accordo con le nostre preferenze.
C’è chi ha sperimentato l’uso di Clubhouse per le riunioni di redazione di alcune testate, rendendole accessibili in solo ascolto anche ad altri utenti, o per incontri di formazione con alcuni esperti, altri per momenti di confronto in gruppo. Dal punto di vista pastorale sicuramente sono da menzionare gli esperimenti di catechesi o di commento e confronto sul Vangelo del giorno. In futuro potrebbe essere ipotizzabile magari per riunioni o assemblee aperte a tutta la comunità o per momenti formativi. Ovviamente per le limitazioni di cui abbiamo trattato prima non può essere considerato ancora una piattaforma per il grande pubblico, anche se il numero di utenti ha già raggiunto i due milioni; ma l’interesse che ha generato questa modalità di comunicazione sta portando anche altri social più affermati a introdurre funzionalità analoghe.11