L’Arcivescovo ha aperto la Visita pastorale nel Decanato: «Mettetevi in rete con tutte le realtà cristiane e laiche, offrendo una testimonianza credibile e autorevole»
di Annamaria BRACCINI
«È finito il tempo di stare sotto il campanile: occorre andare verso la gente»: questo il “mandato” che il cardinale Angelo Scola ha affidato ai fedeli del Decanato di Tradate, incontrati ieri sera al Cinema Teatro Nuovo di Abbiate Guazzone per l’apertura della Visita pastorale.
Sono «le sfide dell’unità e della missione, del dialogo tra le generazioni e nelle famiglie, come luogo privilegiato di trasmissione della fede» i temi intorno ai quali – per usare le parole del decano don Maurizio Villa -, si articola l’avvio della Visita. Nelle prime file trovano posto i sacerdoti, le religiose e i religiosi impegnati nelle 13 parrocchie del Decanato, ampia realtà in Zona pastorale II, in cui abitano quasi 70 mila persone. Moltissimi i fedeli laici presenti all’assemblea ecclesiale, che inizia con lo scambio della pace chiesto dall’Arcivescovo a tutti «nella dimensione dell’ascolto fecondo di Gesù e volendo vivere l’esperienza di amore assoluto che il Crocifisso glorioso ci dona». Ragione fondamentale, «da comunicare a coloro che hanno perso, come battezzati, la strada di casa e, poi, anche agli uomini di altre religioni».
Dopo la spiegazione dello sviluppo dell’iniziativa in tre momenti (il terzo step, con l’individuazione di un passo concreto da compiere sotto la guida del Vicario generale, è già fissato per il 16 maggio), Scola definisce il dovere di effettuare la Visita secondo il Direttorio dei Vescovi al fine di «rincuorarci e consolarci insieme, perché nulla è superabile dal faccia a faccia; così si rompe il rischio della solitudine e ci si ristora in Cristo». Poi le domande, frutto del discernimento dei Consigli pastorali.
Comunità pastorali, parrocchie e “società liquida”
Francesco, giovane di Castiglione Olona, parla delle «parrocchie talvolta ricercate, nell’odierna società liquida, non come luoghi significativi, ma come isole di rifugio. Come, quindi, realizzare una conversione spirituale e pastorale?».
Chiara la risposta del Cardinale: «Il cristianesimo è scuola di realtà. Dio, in Cristo, è sempre con noi come via alla verità e alla vita. Per questo il realismo cristiano viene da un incontro personale con Gesù. La strada per rompere con realtà ecclesiali che rifuggono dalla vita reale è convertirsi all’incontro con Cristo, perseverando in esso. Se manchiamo la realtà, la persona non cresce». L’invito è a compiere l’esercizio della ri-attualizzazione del proprio battesimo che nasce nel momento in cui, «con consapevolezza, si è fatto evidente l’incontro con Cristo, attraverso le circostanze e i rapporti che accadono nell’esistenza di ciascuno».
Una proposta che l’Arcivescovo ritiene valida anche come risposta all’interrogativo relativo alle Comunità pastorali, «che appaiono sempre più come il futuro della nostra Chiesa, soprattutto in vista di un maggior coinvolgimento dei laici nella loro conduzione. Occorre disponibilità paziente al cambiamento, facendo spazio, magari, a qualche forma nuova suscitata dallo Spirito Santo, per rendere più persuasiva la sequela di Cristo». Insomma, le Comunità pastorali (due quelle esistenti nel Decanato, cui si aggiunge un’Unità pastorale) «non sono uno schema, ma una scelta geniale, la cui ragione non si deve alla riduzione del numero dei sacerdoti che è, comunque, un problema da non sottovalutare». Una decisone che avrà bisogno di 10-15 anni per essere realizzata pienamente, ma che chiede «fin d’ora di essere operata con una logica missionaria, per passare dalla convenzione alla convinzione, perché si approfondisca la verità dell’amore reciproco e lo si possa comunicare ogni giorno. Pensiamo ai giovani che si devono sentire coinvolti in una comunità ampia, come avviene all’università. Questo non toglie che vi siano dei contesti, come l’Iniziazione cristiana, che più è vicina a casa e meglio è», conclude Scola. È questo il contesto allargato e dinamico in cui i laici devono assumere la missione che li rende soggetti attivi della vita ecclesiali, pur nelle differenze dei compiti: «Siete voi a rendere presente Gesù negli ambienti dell’umanità esistenza, quindi l’importanza del laicato è cruciale», scandisce l’Arcivescovo rivolto direttamente ai presenti.
Testimonianza credibile e individualismo
Proseguono gli interrogativi. Egisto, della Caritas decanale, sottolinea come «anche nelle nostre comunità cristiane si stiano producendo profonde fratture nel rapporto con Dio, con se stessi, con gli altri e con il Creato, perché sono in trasformazione i riferimenti valoriali, con la conseguenza che ci affida sempre più all’io e non al noi».
«Qui si mette il dito nella piaga – riflette il Cardinale -. Basti pensare alle ferite delle famiglie o alle difficoltà nelle relazioni sociali, anche in realtà come quella italiana, la più ricca in Europa per l’impegno della società civile. Eppure si rischia di cadere in confusione, con un’accentuazione dell’individualismo, fino all’odierno autismo spirituale». Perché? «Per la ragione che non si riconosce più il senso del perché rincominciamo ogni mattina, o meglio del “per Chi”, il Signore. Per uscirne abbiamo solo una strada: la testimonianza, che non è solo buon esempio, ma conoscere la realtà per ciò che è. Abbiamo molto bisogno, oggi, di tornare alle cose come sono, conoscendole secondo il pensiero di Cristo».
Una testimonianza credibile, dunque, che diviene autorevole sul modello di quella di Gesù descritta nel Vangelo di Matteo, al termine del “Discorso della Montagna”: «Tale testimonianza ha bisogno di due poli, la persona e la Comunità, ma proprio perché credibile e autorevole, fa assumere tutto il bisogno nella sua concretezza, senza una separazione tra l’essere e il fare».
La scuola e un nuovo paradigma di missione
Infine Mario domanda: «Quali indicazioni suggerire per un nuovo paradigma di missione, ormai necessario visti i mutamenti in atto?». E il diacono Giuseppe: «Come valorizzare la presenza in Decanato di un polo scolastico di scuola secondaria di II grado, frequentato da circa 4000 studenti, magari proponendo percorsi organici tra pastorale giovanile e scuola?». «Il cambiamento di pelle che deve fare la Chiesa italiana e la nostra ambrosiana è non separare più la parrocchia dagli ambienti quotidiani. È finito il tempo di stare “sotto il Campanile”, ma anche del “suonare il campanello”: dobbiamo andare incontro alla gente dove vive. Occorre, anche tra i laici, superare il clericalismo, che è una forma di potere».
L’invito finale, definito «caldo» dall’Arcivescovo, per affrontare il problema scolastico come pure l’insieme delle questioni emerse è «di mettersi realmente in rete con tutte le realtà cristiane e laiche. Questa è la forma più diretta dell’uscita verso le periferie esistenziali, premessa per affrontare anche quelle geografiche». «Torniamo con il cuore e la mente alla Lettera apostolica di papa Francesco pubblicata per la conclusione del Giubileo Straordinario dell’anno scorso, il cui titolo, Misericordia et Misera, con una frase di Sant’Agostino, sintetizza l’incontro tra Cristo e l’adultera. Mettiamoci tutti al posto della misera e mendichiamo la sua misericordia».