La “peregrinatio” fa tappa al Santuario di Imbersago e poi, dal 16 al 19 aprile, nella Comunità pastorale Maria Regina di Tutti i Santi di Casatenovo. Ne parla il Vicario di Zona monsignor Maurizio Rolla
di Marcello VILLANI
Domenica scorsa, nella Casa del Pellegrino vicina al Santuario della Madonna del Bosco di Imbersago (Lecco), è stata inaugurata la mostra «Paolo VI Beato: l’Uomo, l’Arcivescovo, il Papa» (aperta fino al 20 aprile, dalle 15 alle 18 nei feriali e dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18 nei festivi.). Da Arcivescovo di Milano Montini visitò molte volte il Santuario, oggi retto da padre Giulio Binaghi, e proprio qui la reliquia di Paolo VI sarà accolta dal 10 (dalla messa prefestiva) al 15 aprile. La sua peregrinatio – già venerata da centinaia di fedeli nella Zona III a Lecco, in Basilica e alla casa di riposo Borsieri – toccherà poi anche Casatenovo, dal 16 al 19 aprile, nella Comunità pastorale Maria Regina di Tutti i Santi.
Il Vicario episcopale di Zona monsignor Maurizio Rolla – che accoglierà la reliquia alla Madonna del Bosco, mentre a Casatenovo ci sarà don Sergio Zambenetti, responsabile della Comunità pastorale e Decano – sottolinea le motivazioni di questa devozione: «Penso che la spoletta che innesca il contatto di qualsiasi devozione sia legato al modo del tutto particolare con cui ciascuno percepisce il suo tracciato di fede. La devozione, di per sé, non è della massa – anche se l’evidenza sembra smentirlo in modo clamoroso -, ma qualcosa di più individuale. Trova la sua radice soprattutto in quel punto della fede maggiormente esposto alla sensibilità e all’emozione. La “tanta gente”, dunque, non è “massa”, ma è “tanti ciascuno” che in quel “segno” trovano o ritrovano una memoria “individuale”. Paolo VI, nell’intimo di ciascuno di quei “tanti”, è rimasto memoria buona e positiva e oggi, la reliquia, diventa quel passaggio che fa esprimere gratitudine, fa emergere protezione, offre comprensione e rinnova unione spirituale. È occasione di preghiera e di silenzio nel ricordo di un Papa che è stato un caro fratello, un valente amico, un amorevole padre».
Cosa aggiunge la peregrinatio alla spiritualità delle località visitate in questo percorso?
Se qualcosa aggiunge, è proprio il far presente questa scoperta: che ciascuno è in grado di mantenere intatte, in una profondità non esibita, le cose belle, buone e vere che Paolo VI ha saputo trasmettere. Anche nelle nostre terre la devozione non è mai fredda. Semmai può capitare – dappertutto – che ci sia un legame debole con la fede più “ufficiale”. Forse può capitare che quella sensibilità e quell’emozione, cui abbiamo accennato, sfuochino il volto del Signore: la reliquia, piuttosto che un mezzo, si mette… troppo di mezzo.
Il legame di Paolo VI con Lecco e soprattutto con il Santuario è storicamente testimoniato. Ma il passaggio della sua reliquia è solo un ripercorrere le tracce di questo Papa?
Il passaggio al Santuario richiama, se ce ne fosse bisogno, quella stretta forte che ogni Papa vive con la Madre di Gesù. Le persone colgono questo come un segno di profonda umanità che rende il testimone, in questo caso Paolo VI, più vicino al loro mondo familiare, così come lo è, per antonomasia, una madre.
La reliquia è legata all’attentato che Paolo VI subì a Manila nel 1970, in tempi considerati molto più sicuri degli attuali. Anche questo ha un valore simbolico?
La reliquia è eloquente anche su questo versante. Ci ricorda che l’esposizione del credente a ogni possibile vessazione, subita in umiltà e senza esibizionismi, è motivo di testimonianza. Più oggi di una volta? Non penso. Le persecuzioni sono sempre in agguato e inevitabili: la loro intensità e la loro prevaricazione non sono misurabili col termometro mediatico. La vita di un credente in Cristo è dono e offerta: e se dovesse tingersi di sangue è perché sulla tavolozza del Dio Triunitario c’è anche questo colore. Probabilmente più intenso di altri.