Era il 28 agosto 1900 e il francese, che sarà canonizzato domenica prossima 15 maggio da papa Francesco, giunse nel capoluogo lombardo in “pellegrinaggio”, come scrisse nel suo diario. Quel giorno, del resto, si ricorda sant’Agostino: e forse Charles voleva ripercorrere i passi della conversione compiuta dal retore africano proprio a Milano. Agostino che era originario di quell’Algeria dove De Foucauld aveva già deciso di andare per testimoniare il Vangelo.
di Luca
Frigerio
«Pellegrinaggio a Milano, 28 agosto 1900». È solo una piccola annotazione: talmente scarna che per lungo tempo è passata inosservata. L’appunto è di mano di Charles de Foucauld e si trova in uno dei suoi quaderni, sui quali segnava scrupolosamente date, luoghi e persone incontrate: come un diario della memoria, dove tenere traccia del percorso del suo cammino umano e spirituale, utilissimo per noi oggi per ricostruire le tappe di una vita intensa, straordinaria nella sua quotidiana «normalità».
Fratel Charles sarà canonizzato da papa Francesco domenica prossima, 15 maggio. E sapere che in un momento cruciale della sua vita il futuro santo è stato anche in terra ambrosiana, anche se solo per breve tempo, un giorno soltanto, è motivo di gioia e di sorpresa.
Sulle tracce di sant’Agostino
Proprio la mancanza di ulteriori dettagli non ci chiarisce le ragioni della presenza di padre De Foucauld a Milano, eppure quella parola da lui usata – «pellegrinaggio» – rivela che la sua non fu una «visita di passaggio», né una semplice «sosta tecnica» nell’ambito di un viaggio che aveva un’altra meta. E anche il giorno della sua permanenza nel capoluogo lombardo appare assai significativo: il 28 agosto, infatti, si ricorda la memoria liturgica di sant’Agostino. Un santo che a Charles era molto caro: proprio nella chiesa dedicata al vescovo di Ippona a Parigi, infatti, 14 anni prima, nel 1886, egli aveva cercato e ricevuto la grazia della conversione, tra le braccia dell’abbé Huvelin, mite sacerdote, profondo conoscitore dell’anima umana.
Le Confessioni di Agostino, del resto, erano una delle letture più amate dal piccolo fratello di Gesù. Pagine che, è facile immaginarlo, De Foucauld sentiva intimamente consonanti con la sua esperienza: anche lui, come il retore africano, protagonista di un radicale cambiamento di vita attorno ai trent’anni, nel passaggio da una giovinezza travagliata e sofferta a un amore ardente e assoluto per Cristo e per il Vangelo.
Nato a Strasburgo nel 1858, nobile, Charles era rimasto orfano di entrambi i genitori a soli 6 anni. Adolescente inquieto, si era ritrovato erede di un cospicuo patrimonio che aveva rapidamente sperperato. Si era cimentato con la vita militare, come ufficiale di cavalleria, ma l’aveva poi abbandonata perché insofferente alla disciplina. Della sua esperienza in Algeria, tuttavia, gli era rimasta la sete di grandi spazi e la voglia di viaggi e di scoperte. Nel 1883, così, aveva cominciato a esplorare il deserto, ottenendo anche vari riconoscimenti per questa sua attività. Ma l’esplorazione più importante la stava facendo in sé stesso. «Una strana preghiera», sono sue parole, gli saliva dal cuore: «Mio Dio, se esisti, fa’ che ti conosca!».
La decisione di farsi prete
Fattosi monaco trappista, prima in Francia e poi in Siria, Charles faticava comunque a trovare la sua strada. Nel 1897 andò a vivere a Nazaret, in solitudine e in preghiera, in una capanna vicino al monastero delle Clarisse. Fu qui che maturò la decisione di diventare prete, possibilità che in precedenza aveva già respinto perché riteneva che l’ordinazione sacerdotale l’avrebbe fatto «salire», mentre lui voleva solamente «scendere». Ma ora il desiderio di portare Gesù tra i popoli che ancora non lo conoscevano si era fatto impellente.
Ecco, il pellegrinaggio di Charles de Foucauld a Milano si colloca proprio in questo contesto. Il piccolo fratello, in quel 28 agosto 1900, cercava un segno e una conferma al suo proposito. E li cercava proprio nel luogo dove lo stesso Agostino li aveva ricevuti, quasi mille e cinquecento anni prima. In quel giardino milanese, come si legge nelle Confessioni, dove il retore di Tagaste aveva cercato rifugio, turbato e scosso, fino al punto di scoppiare in lacrime sotto a un fico, invocando l’aiuto del Signore. Che si era manifestato, improvvisamente, nella voce di un fanciullo «che diceva cantando e ripetendo più volte: “Prendi e leggi, prendi e leggi”». E Agostino, afferrato il libro di san Paolo aperto sulla Lettera ai Romani, vi lesse l’invito a cercare Cristo, piuttosto che i beni della terra.
Non sappiamo se nelle poche ora che rimase a Milano Charles si sia recato proprio nel luogo che da secoli, per tradizione, conserva la memoria di quell’episodio, cioè la piccola chiesa dedicata appunto a Sant’Agostino, in via Lanzone, a pochi passi dalla basilica di Sant’Ambrogio: un oratorio che, per il medesimo motivo, era assai caro anche al Petrarca durante il suo soggiorno ambrosiano.
Ma c’è un altro aspetto di grande significato da ricordare. Agostino, infatti, era originario proprio di quell’Algeria dove Charles de Foucauld voleva dirigersi una volta ordinato sacerdote (cosa che avverrà pochi mesi più tardi), per portare in quella terra la bellezza del Vangelo. E certamente avrà desiderato invocare, proprio a Milano, proprio là dove tutto era iniziato per il grande vescovo di Ippona, il suo aiuto e la sua benedizione.