Il presidente provinciale delle Acli all'incontro "Nuovi cittadini e nuove città": «La situazione di via Padova frutto di troppi anni di dimenticanza». La proposta: far accedere i giovani all'anno di servizio civile volontario
Redazione
Occorre guardare alla sfida dell’immigrazione come a un’opportunità da tradurre in scelte politiche coerenti, «lavorando su una seria programmazione urbanistica e dei servizi. Occorre poi investire nelle scuole che sono il luogo privilegiato per l’integrazione. È questo che chiedo agli enti locali, non allo Stato». Così Gianni Bottalico, presidente provinciale delle Acli milanesi e responsabile nazionale Aree metropolitane, in occasione dell’incontro “Nuovi cittadini e nuove città. Immigrazione e interculturalità in un Paese che cambia”, organizzato dalle Acli ieri a Milano, con la partecipazione della portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i Rifugiati Laura Boldrini, dell’assessore alla famiglia, la scuola e le politiche sociali del Comune di Milano Mariolina Moioli e del presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero.
I disordini scoppiati in via Padova a Milano lo scorso febbraio sono la dimostrazione che «serve una seria politica di programmazione sulla rete dei servizi e sull’urbanistica della città, per evitare che si creino ghetti – dice Bottalico -. Quella situazione si è venuta a creare perché ci sono stati troppi anni di dimenticanza che hanno permesso all’area di degradarsi». Occorre quindi agire a monte e non attendere l’intervento dei servizi sociali che, spesso, entrano in scena solo per affrontare un’emergenza.
Una sfida che tutte le grandi aree urbane (Milano, Roma, Torino, indipendentemente dal colore politico) devono affrontare. «Che ci piaccia o meno – aggiunge Bottalico – gli stranieri saranno sempre più abitanti del nostro territorio. Da questa situazione non si può uscire con qualche proclama o creando paure e barriere». Ed è per questo che rilancia la proposta di agevolare, per i giovani immigrati, la possibilità di accedere all’anno di servizio civile volontario. «Questi piccoli gesti di accoglienza coinvolgono i giovani immigrati, facendoli sentire corresponsabili di questo territorio. La volontà di mettersi al servizio è un segnale di attaccamento concreto, che ha più forza di un giuramento», dice il presidente delle Acli milanesi.
Un ruolo molto importante e positivo, in questa sfida, viene poi giocato dalle diverse comunità religiose presenti sul nostro territorio, come i fatti di via Padova hanno dimostrato. «Comunicano, discutono, hanno rapporti – commenta Bottalico – e sono molto più avanzate rispetto alle comunità politiche. Un fatto estremamente positivo anche se, talvolta, non ci si rende conto di questa ricchezza». Occorre guardare alla sfida dell’immigrazione come a un’opportunità da tradurre in scelte politiche coerenti, «lavorando su una seria programmazione urbanistica e dei servizi. Occorre poi investire nelle scuole che sono il luogo privilegiato per l’integrazione. È questo che chiedo agli enti locali, non allo Stato». Così Gianni Bottalico, presidente provinciale delle Acli milanesi e responsabile nazionale Aree metropolitane, in occasione dell’incontro “Nuovi cittadini e nuove città. Immigrazione e interculturalità in un Paese che cambia”, organizzato dalle Acli ieri a Milano, con la partecipazione della portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i Rifugiati Laura Boldrini, dell’assessore alla famiglia, la scuola e le politiche sociali del Comune di Milano Mariolina Moioli e del presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero.I disordini scoppiati in via Padova a Milano lo scorso febbraio sono la dimostrazione che «serve una seria politica di programmazione sulla rete dei servizi e sull’urbanistica della città, per evitare che si creino ghetti – dice Bottalico -. Quella situazione si è venuta a creare perché ci sono stati troppi anni di dimenticanza che hanno permesso all’area di degradarsi». Occorre quindi agire a monte e non attendere l’intervento dei servizi sociali che, spesso, entrano in scena solo per affrontare un’emergenza.Una sfida che tutte le grandi aree urbane (Milano, Roma, Torino, indipendentemente dal colore politico) devono affrontare. «Che ci piaccia o meno – aggiunge Bottalico – gli stranieri saranno sempre più abitanti del nostro territorio. Da questa situazione non si può uscire con qualche proclama o creando paure e barriere». Ed è per questo che rilancia la proposta di agevolare, per i giovani immigrati, la possibilità di accedere all’anno di servizio civile volontario. «Questi piccoli gesti di accoglienza coinvolgono i giovani immigrati, facendoli sentire corresponsabili di questo territorio. La volontà di mettersi al servizio è un segnale di attaccamento concreto, che ha più forza di un giuramento», dice il presidente delle Acli milanesi.Un ruolo molto importante e positivo, in questa sfida, viene poi giocato dalle diverse comunità religiose presenti sul nostro territorio, come i fatti di via Padova hanno dimostrato. «Comunicano, discutono, hanno rapporti – commenta Bottalico – e sono molto più avanzate rispetto alle comunità politiche. Un fatto estremamente positivo anche se, talvolta, non ci si rende conto di questa ricchezza».