Per la terza edizione del «Capolavoro per Lecco» opere inedite di Previtali, Bassano e Moroni illustrano il Mistero del Natale: un evento ideato dalla Comunità pastorale Madonna del Rosario, in collaborazione con il Comune. Fino al prossimo 5 marzo, fra iniziative collaterali e approfondimenti. Gli studenti coinvolti come "ciceroni".

Natività Arconate Previtali
Un dettaglio della "Natività" del santuario di Arconate

di Luca Frigerio

Lecco raddoppia, anzi triplica. La manifestazione del «Capolavoro» sulla sponda manzoniana del Lario, infatti, giunge alla sua terza edizione e per l’occasione presenta, appunto, ben tre dipinti del Cinquecento, tutti legati al tema della «Natività»: tre opere di grande qualità e pressoché inedite, che si presentano quindi come da «scoprire» sia per il grande pubblico, sia per gli studiosi.

«Storie salvate» è il titolo della mostra che, come di consueto, è promossa dalla Comunità pastorale Madonna del Rosario ed è ospitata fino al prossimo 5 marzo negli spazi civici del Palazzo delle Paure, in un evento quindi che si rivolge all’intera città di Lecco (con particolare attenzione per gli studenti e i giovani, che sono stati coinvolti come accompagnatori nelle visite guidate) e che giustamente ambisce a travalicare i confini lariani, offrendosi a tutti – come sottolineato anche nella campagna promozionale – quale momento di contemplazione e di riflessione sul mistero e sulla bellezza del Natale.

La Natività di Arconate

La Natività del santuario di Arconate, attribuita ad Andrea Previtali (1520 circa)

Il primo dipinto proviene dal santuario di Santa Maria Nascente ad Arconate, nell’alto milanese: esposto quindi alla venerazione dei fedeli, ma noto soltanto a livello locale. Opportunamente, dunque, i curatori della rassegna lecchese, Antonio Mazzotta e Giovanni Valagussa (già artefici di altre importanti «scoperte» artistiche), sottopongono ora alla generale considerazione questo «piccolo» capolavoro (che misura, comunque, circa due metri d’altezza), proponendo un’attribuzione ad Andrea Previtali e una datazione attorno al 1520.

Originario della Val Brembana, Previtali appartiene a quella generazione di pittori bergamaschi che, come Palma il Vecchio e Cariani, sul finire del Quattrocento si forma a Venezia facendosi un nome, per poi tornare in patria, avviando fiorenti botteghe. Inconfondibili, nella tavola di Arconate, sono i suoi angeli paffuti e boccolosi, che rimandano, ad esempio, alla pala di sant’Orsola all’Accademia Carrara di Bergamo.

Questa «Natività» del santuario milanese presenta una particolare attenzione per la figura di san Giuseppe: il Bambino, infatti, sorretto dalla Vergine, si volge proprio verso il padre putativo, che s’inchina devotamente accarezzandogli la manina. Il plinto sul quale è posto il Divino infante, inoltre, reca il simbolo del ramo fiorito, che rimanda alla nota leggenda dello sposalizio di Maria. Elementi che fanno ipotizzare un’originaria destinazione di quest’opera in un contesto di devozione giuseppina, in una chiesa o in una confraternita bergamasca: fu poi la nobile famiglia Arconati Visconti, probabilmente nel XVII secolo, a donare quest’opera alla comunità di Arconate. Una toccante immagine, dunque, che ben accompagna il chiudersi di quest’anno dedicato a san Giuseppe voluto da papa Francesco.

L’Adorazione dei pastori di Jacopo Bassano

Adorazione dei pastori di Jacopo Bassano (1530 circa)

Il secondo quadro, invece, un’«Adorazione dei pastori», proviene da un oratorio veronese e non è mai stato presentato al pubblico prima di questa esposizione a Lecco: recentemente restaurato, in attesa di studi approfonditi viene oggi attribuito, con tutte le cautele del caso, a Jacopo dal Ponte, noto come Bassano dal suo luogo di nascita, considerato tra i maggiori pittori veneti del tempo, insieme a Tiziano, Veronese e Tintoretto. Si tratterebbe di un suo lavoro giovanile, risalente quindi agli anni Trenta del Cinquecento, quando cioè frequentava la bottega bresciana di Bonifacio de’ Pitati. Emozionante, anche in questo caso, appare la figura di Giuseppe, come concentrato nella comprensione del divino Mistero nel quale è stato coinvolto, mentre Maria sorride adorando il frutto del suo grembo.

Un capolavoro di Giovan Battista Moroni

Adorazione dei pastori del Moroni (1550 circa)

Anche la terza opera «svelata» a Lecco, di proprietà privata e raramente esposta, è un’«Adorazione dei pastori», compositivamente simile alla precedente, ma stilisticamente assegnabile con pochi dubbi a Giovan Battista Moroni, il grande pittore di Albino per il quale, ricorrendo il quinto centenario della nascita, sono in corso eventi e mostre fra Bergamo e la Val Seriana. Le dimensioni modeste di questo dipinto ne rivelano la sua destinazione domestica, mentre la pittura nitida e precisa, e l’attenzione per i dettagli anche più minuti, la collocano nella fase creativamente più viva dell’artista, ovvero attorno alla metà del XVI secolo.

L’ambientazione rurale, fra rovine grandiose, rimanda ancora una volta, simbolicamente, a una nuova era che inizia con la venuta di Cristo: fra la timida sorpresa degli umili pastori, la dolcezza di Maria, la pensosità di Giuseppe e il giubilo degli angeli nell’alto dei cieli: il corteo celeste che, danzando, scende verso la stalla di Betlemme è il tocco originale di un vero maestro.

«Queste opere in mostra dicono di un mondo ferito dalla precarietà di ciò che è caduco, di tante notti buie di questi e altri tempi – spiega monsignor Davide Milani, prevosto di Lecco e ideatore dell’evento -. E finalmente, della novità di un bambino, della luce di un’aurora, lo stupore e la meraviglia di chi sa lasciarsi ancora sorprendere: da una nascita, un nuovo inizio, un dono immeritato, un’attesa colmata, una promessa mantenuta». Un augurio di speranza per questo Natale.

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