Storie e vicende attorno a un capolavoro "minore" della Pinacoteca di Brera.
di Giovanni GUZZI
«E quella è una pianta di acanto», spiega la professoressa ai propri studenti: «Si riconosce perché le sue foglie assomigliano a quelle dei capitelli corinzi nell’antica architettura greca»! «Qui conviene alzare le antenne», abbiamo pensato assistendo, nell’orto botanico di Brera, a questo inconsueto percorso riconoscitivo: «Può essere in vista un incontro interessante». Abbiamo così fatto conoscenza con una classe di liceo di Lugo (RA) che abbiamo poi accompagnato in visita alla Pinacoteca.
Combinazione, partecipando ad una recente iniziativa didattica dello staff dei Servizi Educativi della Soprintendenza (info: 02.72263219 da lunedì a venerdì 9.30 – 12.30 e sbsae-mi.atm.didattica@beniculturali.it) ci erano stati fatti notare dipinti, normalmente poco considerati, opera dei fratelli Zaganelli: due pittori attivi a cavallo dei secoli XV e XVI ed originari di Cotignola, cittadina della Romagna confinante proprio con quella di provenienza della scolaresca!
Nell’indicarli agli studenti, sorpresi ed orgogliosamente compiaciuti di trovarsi così degnamente rappresentati fra i tesori di Milano, scopriamo a nostra volta che l’insegnante, Raffaella Zama, è discepola di Federico Zeri ed agli Zaganelli e bottega ha dedicato importanti studi e pubblicazioni ma, per modestia, non ne avrebbe fatto cenno ai propri allievi!
Approfittando della fortunata opportunità apprendiamo che una sua opera prediletta è la pala che raffigura la Madonna con il Bambino in trono fra i Santi Giovanni Battista e Floriano, arrivata a Brera nel 1811 in seguito alle spoliazioni napoleoniche che l’hanno sottratta all’altare maggiore della chiesa di San Francesco a Cotignola dove è rimasta, scampando miracolosamente ai bombardamenti che nell’ottobre 1944 ne distrussero la navata centrale, la lunetta della Pietà che la completava. L’iscrizione “YHS Franciscus et Bernardinus / fratres cotignolani de Zaga / nelis faciebant 1499”, che compare nel cartiglio vicino al ginocchio di san Floriano, oltre a datare l’opera segna l’inizio dell’attività comune esercitata dai due fratelli e contratta ufficialmente con il patto di cosiddetta fraternitas. Gli Zaganelli avevano infatti stipulato una società di lavoro e di vita che prevedeva la comunione di tutti i beni e, con molta probabilità, anche la duplice firma sulle opere dipinte, indipendentemente dalla mano esecutrice.
L’importanza di questa pala di Cotignola consiste anche nel suo essere l’unica nella quale si possono distinguere gli stili dei due fratelli (nelle successive si vedrà prevalere solo l’intervento di Francesco). La Madonna col Bambino e l’angelo di sinistra, che regge i fiori ammantato da una veste che ricade morbida, sono definiti da una linea dolce che descrive le figure con la naturalezza consona ai modi di Bernardino. Mentre ben si addicono a Francesco il panneggio tormentato e incisivo e la linea più aspra e tesa che caratterizzano l’angelo che porge ciliegie, analogamente a quello seduto ai piedi del trono che evidenzia già una spiccata attenzione a modelli incisori di origine nordica.
La freddezza cromatica dell’insieme colpisce sensibilmente l’osservatore anche per la gamma utilizzata negli abiti: che variano dal chiaro color viola a un delicato azzurro combinato a un tenue verde per gli angeli in alto, al metallico grigio della lucente armatura di san Floriano, al violaceo manto del Battista, risvoltato di un raffinato verde oliva che si ripete anche nell’angelo seduto. Ovunque vi sono minuziosi particolari: decorazioni finemente lumeggiate su fondo scuro, ornamenti preziosi, trasparenti applicazioni vitree, che costituiscono la peculiarità eccezionale di questi pittori.
Quanto alla presenza di un santo in armatura poco rappresentato come Floriano, nel quale per tradizione orale si credeva ritratto uno dei due pittori, potrebbe essere spiegata con la commissione del dipinto ipotizzabile dal lascito testamentario a favore della chiesa di san Francesco disposto da Florino di Maso da Cotignola, castellano della rocca di Gradara, governata per conto di Giovanni Sforza. L’appartenenza di quest’ultimo al ramo pesarese della dinastia di cui era capostipite Muzio degli Attendoli da Cotignola detto lo Sforza, in un certo senso “giustifica” a posteriori anche l’arrivo della pala a Milano!
E dulcis in fundo… questa splendida opera con i suoi autori e tutto il loro mondo, ricostruito con estrema cura e filologico rigore, è al centro della trama del romanzo Un’oncia di rosso cinabro: giallo storico di Chiara Arrighetti (Carta Canta, 2010). Ma questa è veramente un’altra storia, e non vogliamo sottrarre ai lettori il piacere di scoprirla da soli.