Se ne parlerà a Milano in un incontro promosso dall'Irish Club con Alessandro Zaccuri ed Enrico Reggiani

Chesterton

Un libro sull’Irlanda che rinunci agli stereotipi sul verde e indichi nella mistura di «marrone e kaki» la tonalità dominante dell’isola è già di per sé un colpo di scena. Se poi l’autore è il formidabile Gkc, al secolo Gilbert Keith Chesterton (1874-1936), l’occasione si fa davvero ghiotta.

Scrittore popolarissimo quanto infaticabile, l’autore dell’Uomo che fu Giovedì è da tempo oggetto di una capillare riscoperta nel nostro Paese, specie per quanto riguarda l’esuberante produzione saggistica. Mancavano tuttavia all’appello queste sue Impressioni irlandesi, che Medusa pubblica ora nella traduzione di Cristiano Casalini e con una puntuale introduzione dell’esperto Gregory Dowling (pagine 142, euro 16).

Si tratta, se possibile, di un libro ancora più eccentrico rispetto allo standard chestertoniano e ancora più idiosincratico rispetto alla media. Per la sua incerta collocazione fra reportage giornalistico ed elaborazione letteraria, intanto, circostanza che permette a Chesterton di uscirsene con uno dei suoi memorabili aforismi: «L’unica scusa valida per fare letteratura è rendere nuove le cose; e la principale iattura del giornalismo è renderle vecchie».

Come scrive Alessandro Zaccuri recensendo la nuova traduzione italiana del libro, l’interesse di Chesterton «va all’Irlanda in quanto Paese radicato nella tradizione contadina e dunque più vicino alla realtà. Il senso della famiglia, il valore schiettamente cristiano del nome di battesimo (christian name in inglese, da cui il gioco di parole), la disponibilità ad affrontare le questioni economiche in chiave simbolica: questi e altri sono gli aspetti che inducono Chesterton a considerare l’Irlanda come una sorta di terra promessa per il distributismo, la teoria per cui solo una maggior distribuzione della proprietà privata condurrebbe al costituirsi di una società più giusta». «Non è semplicemente il fatto che l’Inghilterra non dovrebbe governare l’Irlanda, ma che l’Inghilterra non può – sintetizza Chesterton con il suo solito talento –. Non è il fatto che gli inglesi non possono comandare agli irlandesi, ma che i mercanti non possono governare i contadini». Il che, a ben pensarci, vale anche a un secolo di distanza, e anche al di fuori dell’Irlanda.

Delle «Impressioni irlandesi» di Chesterton si parlerà in un incontro  promosso dall’Irish Club a Milano presso il Bistrò del Tempo Ritrovato (via Foppa, 4), lunedì 9 dicembre 2013, ore 19. Intervengono Alessandro Zaccuri ed Enrico Reggiani. Ingresso libero

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