Fedele laico di Azione Cattolica, amministratore dell'Avvenire d'Italia, fu un martire della fede: morì infatti in un lager nazista nel 1944 per aver salvato molti ebrei. Il 15 giugno sarà beatificato a Carpi.
di Luigi LAMMA
Direttore «Notizie» di Carpi
“Quali sono i legami con l’attualità?”. È la domanda più ricorrente quando si presenta all’opinione pubblica la figura di un beato o di un santo vissuto alcuni decenni o secoli fa. Se poi si tratta di un “martire per la fede”, allora le distanze appaiono siderali non solo in termini di tempo ma anche sul piano dell’esperienza di vita.
Nemmeno Odoardo Focherini, fedele laico impegnato nell’Azione Cattolica, padre di famiglia, giornalista e amministratore dell’Avvenire d’Italia, morto in un campo di concentramento in Germania nel 1944, che è stato dichiarato “martire per la fede” e sarà beatificato a Carpi sabato 15 giugno, si è potuto sottrarre all’“esame di attualità”. Se questa è la sfida, allora quale migliore arbitro di papa Francesco che giorno dopo giorno, con le sue parole e i suoi gesti indica la sostanza dell’essere cristiani oggi.
Libero dal carrierismo
“Essere liberi da ambizioni o mire personali è importante. Il carrierismo è una lebbra, una lebbra. Per favore: niente carrierismo”. Tutta la vita di Odoardo Focherini è connotata da uno stile di servizio gratuito e disinteressato: da giovane dirigente e presidente dell’Azione Cattolica, da responsabile dell’organizzazione dei Congressi eucaristici diocesani, da consigliere mandatario dell’Avvenire d’Italia.
Sempre all’insegna della gratuità e della rinuncia al proprio tornaconto personale, rischiando in prima persona, fino a mettere in gioco la sua breve esistenza, a soli 37 anni, già padre di sette figli. Dunque una splendida testimonianza di amore coniugale e di apertura alla vita. Focherini è cresciuto e vissuto da uomo libero, educato alla libertà, obbediente alla volontà di Dio: “…Offro la mia vita in olocausto per la mia diocesi, per l’Azione Cattolica, per l’Avvenire d’Italia e per il ritorno della pace nel mondo”, le parole del suo testamento raccolte dai compagni di prigionia prima di morire.
Le “periferie esistenziali”
“La Chiesa è chiamata ad uscire da se stessa e andare nelle periferie, non solo geografiche, ma anche nelle periferie esistenziali: dove alberga il mistero del peccato, il dolore, l’ingiustizia, l’ignoranza…”.
C’è forse nella storia dell’umanità una periferia materiale ed esistenziale più buia e dolente di un lager? Focherini ha solcato senza timore le periferie del suo tempo nelle quali dominavano la menzogna, la sopraffazione, la persecuzione, la discriminazione razziale, l’annientamento della dignità umana.
Se l’Avvenire d’Italia si presentò a testa alta dopo la liberazione senza dover cambiare nome per rifarsi l’immagine, fu perché qualcuno seppe resistere più che ai bombardamenti alle minacce e alle provocazioni del potere. Se d’un tratto decine e decine di ebrei alla ricerca di protezione e libertà iniziarono a bussare alla porta di Focherini, fu perché trovarono un uomo che seppe “uscire da se stesso” senza alcun rimpianto: “Se tu vedessi come trattano gli ebrei qui dentro, saresti pentito solo di non averne salvati di più”, scrisse in una lettera dal carcere a un familiare. Non solo: “Nel suo modo di essere, nel sorreggerti, nell’incoraggiarti, nel modo di comportarsi, c’era tutto il suo essere cristiano”, è la testimonianza resa da un giovane deportato, poi sopravvissuto, che condivise con Odoardo un periodo di prigionia.
Annunciare con la vita
“La testimonianza: la comunicazione della fede si può fare soltanto con la testimonianza (…) Non parlare tanto, ma parlare con tutta la vita… Una coerenza di vita che è vivere il cristianesimo come un incontro con Gesù che mi porta agli altri”.
Colpisce in Odoardo Focherini il fervore apostolico, il desiderio di portare a tutti la migliore occasione per l’incontro con Gesù e la sua Chiesa: lo scautismo per avvicinare i giovani, la San Vincenzo per il servizio ai poveri e poi il teatro, lo sport, la montagna, il giornalismo… Non ha fondato opere, non ha scritto trattati, è stato definito un cristiano a tutto tondo proprio per la testimonianza di fedeltà al Vangelo che ha saputo portare in ogni ambito della sua vita ordinaria, ma dall’esito straordinario: la famiglia, il lavoro, l’impegno pubblico per la Chiesa e per la società.
L’Eucaristia quotidiana era la sorgente della sua inesauribile energia, alcuni testimoni ricordano l’insopprimibile desiderio di quell’incontro vitale con Gesù. Da qui traeva origine anche quel suo sguardo lieto e sorridente, sulla realtà tanto da renderlo icona della “dolce e confortante gioia di evangelizzare”. Giusto tra le nazioni, medaglia d’oro al valor civile, ora il riconoscimento del martirio in odio alla fede: questo è il beato Odoardo Focherini. Una grazia per la Chiesa che ha bisogno di veri testimoni di fede più che di maestri, un dono per l’Italia perché “la gravità dell’ora” richiede esempi capaci di scelte coraggiose.