Commenti più che positivi tra quanti hanno assistito agli appuntamenti proposti dal Festival. Meno star? Forse, ma in compenso più spazio per artisti magari meno conosciuti, ma egualmente apprezzabili
di Giovanni GUZZI
Cosa c’è di meglio, per descrivere un Festival musicale come MiTo, che affidarsi al giudizio del pubblico? Ecco allora alcuni commenti scambiati con i vicini di posto in occasione dei molteplici appuntamenti del sempre ricco programma “milanese”. Un’anziana appassionata – per la quale «l’acquisto dei biglietti di MiTo sono le mie ferie…» – osserva che «quest’anno ci sono meno solisti e orchestre internazionali». “Critica” simile a quella mossa da un musicologo (incrociato alle “Grazie” per l’incisivo Monteverdi eseguito dal Concerto Italiano), spiaciuto perché «sono diminuiti i concerti gratuiti».
Anche nel caso in cui la contrazione sia effettiva, ci pare che la qualità della rassegna nel suo complesso non ne abbia affatto risentito. I concerti gratuiti sono comunque rimasti in numero tale da rendere difficile per chiunque seguirli tutti, mentre, se l’ipotizzato calo delle star internazionali ha dato più spazio a realtà musicali cittadine non meno valide, allora non tutto il male viene per nuocere!
Con molto piacere abbiamo quindi ascoltato il coro Ana di Milano commuovere i presenti nel teatro all’aperto di Villa Clerici con le struggenti parole e note dell’antimilitarista Gorizia tu sei maledetta o del canto delle operaie in filanda vessate dal padrone di Mama mia mi sont stuffa. Peccato solo per il tempo troppo breve assegnato al concerto e complimenti ai tecnici audio per l’ottima amplificazione.
Amplificazione che invece avremmo preferito non avere per la Hadra al Piccolo Studio (opinione condivisa da chi ci stava accanto). Questo rituale sacro di invocazioni, lodi e preghiere eseguito dalle splendide voci delle donne del villaggio di Chefchaouen (nord Marocco) ha dato il meglio di sé nel bis eseguito senza accompagnamento strumentale (e a microfoni distanti) perché, ci ha spiegato uno spettatore somalo che comprendeva i testi cantati, nessuno strumento può accompagnare la voce umana quando intona i versetti del Corano.
Stesso finale anche per la musica arabo andalusa suonata il giorno successivo, in cui molti hanno riconosciuto l’origine del flamenco che tuttavia, osservava il vicino di turno, «ha le sue radici nell’India. L’ho imparato nella rassegna sui gitani di MiTo 2008». A riprova del ruolo anche “formativo-culturale” e non solo “ricreativo” della manifestazione.
Tornando al coinvolgimento delle istituzioni musicali milanesi, l’Orchestra Barocca Civica Scuola di Musica di Milano, al suo ingresso nella basilica di San Calimero, è stata accolta da una vera ovazione dal pubblico che la gremiva fin dietro l’altare e che aveva trasformato le ringhiere metalliche delle cappelle laterali in balaustre di un palco… quasi si fosse alla Scala! E questo prima ancora di ascoltare una sola nota di un programma che ha affiancato l’Haendel per soprano (la sua celeberrima Lascia ch’io pianga anche in questa occasione non ha mancato di far sgorgare qualche lacrima) al “leggero” Telemann degli Scherzi melodici scritti per gli ospiti di uno stabilimento termale.
Sempre nell’ambito del repertorio antico, in Sant’Angelo le musiche policorali dei Gabrieli, eseguite dal Coro del Maggio Musicale Fiorentino col consort di cornetti e tromboni La Pifarescha, di interesse inversamente proporzionale alla loro presenza nei cartelloni delle stagioni concertistiche, hanno fatto immaginare che in via Moscova, al posto dell’asfalto, scorresse il Canal Grande solcato dalle gondole dei Dogi veneziani.
«La musica di Debussy mi fa sempre pensare all’acqua…», abbiamo poi “orecchiato” nel raccolto scrigno del Teatro Litta: suggestione che ben descrive le sonorità “liquide” del compositore francese proposte in una rassegna pianistica di sette appuntamenti dedicati al suo 150° compleanno. Ad alternarsi alla tastiera eccellenti giovani pianisti, ai quali auguriamo la carriera che è già spianata per il loro coetaneo Vikingur Olafsson: tanto scanzonato nel presentarsi sul palco “a mani in tasca” quanto brillante ed energico interprete di brani attinti dal repertorio prediletto da Glenn Gould e intercalati da clip audio con la voce del grande pianista canadese che illustra le sue idee sulla musica.
In conclusione non possiamo che augurarci, con un ultimo spettatore: «Spero che quando sarò in ferie MiTo ci sarà ancora: è una felicità poterne seguire tutti gli appuntamenti…».