Il sacerdote ambrosiano si è spento a Milano domenica 18 dicembre, a 79 anni. Appassionato studioso di letteratura, è stato un uomo dalla fede e dal cuore grande, dalla mente acuta e dalla penna vibrante.
Don Luigi Pozzoli è morto nella serata di domenica 18 dicembre a 79 anni. Sacerdote della diocesi di Milano, era un uomo dal cuore grande, dalla mente acuta e dalla penna vibrante. Uno studioso di letteratura che ci ha donato intensi ritratti di alcuni dei più importanti scrittori del Novecento e del loro rapporto con la fede. Ma soprattutto è stato un prete che ha testimoniato sempre Cristo e la sua Parola: con semplicità, con amore, senza compromessi.
Luigi Pozzoli, parroco per oltre vent’anni in Santa Maria al Paradiso a Milano, ha insegnato lettere classiche e moderne in diversi licei milanesi. Ha collaborato alla rivista Letture e con il Centro Culturale San Fedele attraverso scritti e relazioni riguardanti in particolare il rapporto tra fede e letteratura. Da questa sua attività sono nati i volumi Vincerà la Parola (1991), Profili: Cioran, Canetti, Camus, Céline (1997), Immagini di Dio nel Novecento (1999), L’abito rosso (2003). Ha realizzato anche numerosi testi di spiritualità, tra cui Elogio della piccolezza (2003), Caro amico (2004), E’ bello per noi restare qui (2005). Con Ancora ha pubblicato un ciclo di commenti al lezionario liturgico e alcuni testi di spiritualità, tra cui La beatitudine del naufrago (2003) e Pensieri vagabondi (2006 e 2009).
Pubblichiamo, quale saluto, proprio la prefazione all’ultima edizione di questo volume. Un diario dell’anima degli anni Novanta, ma ancora freschissimo e attualissimo. Pagine poetiche, di quotidiano stupore della vita. Con la gioia di un fiore che nasce, per un bel libro letto, per un gesto di sincera amicizia. Con la voce di Santucci, di Turoldo e di tanti altri compagni di viaggio. E soprattutto con uno sguardo sensibile su tante questioni sociali e religiose.
Sette anni anni con don Luigi Pozzoli. Un nome noto, quello del sacerdote ambrosiano, non fosse altro che per i suoi studi e per le sue conferenze, dedicate soprattutto alla ricerca del sacro nella letteratura contemporanea. Sulla copertina di questo suo ultimo libro di Pensieri vagabondi, edito dall’Ancora, la figura di un asinello, il basto colmo di libri. Per il lettore, così, la compagnia con don Luigi inizia nel – lontano? – novembre del 1992, tra le gioie e le fatiche delle benedizioni natalizie. E continua, poi, con il ritmo delle stagioni e del calendario liturgico, fino alle soglie del nuovo millennio. Con l’alternarsi dell’affetto degli amici e dei bisogni dei suoi parrocchiani, e viceversa. Con le piccole, grandi esperienze dei giorni che si susseguono, sempre uguali, sempre diversi, con le loro amarezze, sorprese, felicità, malinconie, soddisfazioni, dubbi, emozioni, lutti… Anno dopo anno, pagina dopo pagina. E il lettore condivide tutto, con crescente partecipazione.
Un diario, insomma. Un diario dell’anima che, cammin facendo, viene spontaneo accostare a quello del curato di campagna di Bernanos o a quello di Clemente Rebora. Non per trovarvi similitudini scontate, ma per reali, vibranti affinità di fondo… Lo stile è asciutto, essenziale, evocativo. Piacevole e incisivo, insomma. Tanto che non si sa, ad un certo punto, se correre per leggere ancora e di più, o se soffermarsi, per riflettere e interiorizzare.
Eppure non è questo, dei pensieri vagabondi di don Pozzoli, che più colpisce. Piace soprattutto la schiettezza di un certo sguardo su fatti e persone, su situazioni e atteggiamenti. E, ancor più, se ne apprezza il pudore, fraternamente cristiano. Si gode, davvero, della sensibilità profonda di un uomo che si lascia incantare da una frase che ha letto, da un fiore che ha visto sbocciare, da una nuvola che passa in cielo. O da uno voce che ha ascoltato. Con il desiderio, infine, di fartene partecipe.
Di Luigi Pozzoli si ammira poi la fragilità, e la forza di non nasconderla, né di vergognarsene. La gioia quasi infantile per un gesto d’amicizia ricevuto, a rompere la solitudine. L’impotenza davanti alla sofferenza del prossimo, così umana, ma da cui i preti si vorrebbero immuni. La visione chiara su tante questioni, sociali, famigliari, religiose, senza spiattellare sentenze, ma ribadendo la certezza che bisogna innanzitutto amare. E com-patire.
Il ricorrere di Santucci, poi, in queste pagine, che delizia. «Io sono un uomo natalizio», ci confidò una volta lo scrittore con dolcezza, in un’intervista di poco precedente la sua scomparsa. «Il presepio io lo terrei in casa tutto l’anno…». Un intimità, quella di Pozzoli con Santucci, che ritorna con padre Turoldo, le cui parole, le cui immagini, quasi perfino la voce riecheggia in tanti ricordi e in tanti passaggi di queste pagine. E così ancora Balducci, Quinzio, Fabretti…
Amicizie pesanti, osserverà qualcuno. Scomode, perfino. Come scomode e fors’anche imbarazzanti, per taluni, potrebbero risultare certe annotazioni di Pozzoli sull’operato di una Chiesa non sempre memore dello spirito del Concilio Vaticano II, sulle gerarchie, sui meccanismi curiali, anche ambrosiani. Ma non è di elogi ipocriti che ha bisogno il nostro tempo. Non è di accomodanti pacche sulle spalle che necessita oggi la nostra fede.
Luca Frigerio
Verrà la morte e avrà i miei occhi
la cui luce si va spegnendo a poco a poco
sotto le palpebre grevi di stanchezza
o dietro velature di nostalgie e rimpianti.
Verrà la morte e avrà i miei occhi
che più non distinguono i contorni delle cose
mentre vedono approsimarsi il “muro d’ombra”
oltre il quale si dispiega il mistero dell’eterno.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi,
Signore Gesù, che balzando quel mattino dal sepolcro
hai inaugurato per tutti un giorno nuovo
restituendo la luce ai nostri occhi spenti.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi:
occhi dolci, accoglienti, perdonanti;
alla tua luce affido la mia notte
nell’attesa di un risveglio colmo di stupore.
don Luigi Pozzoli
Per restare in compagnia di don Luigi:
http://semmchi.blogspot.com/