Il direttore dei Musei Vaticani racconta come una delle più importanti istituzioni culturali del mondo si aggiorna per accogliere oltre 5 milioni di visitatori ogni anno. Senza dimenticare il suo ruolo di custode della Bellezza. Nell'attesa di una visita "speciale" di papa Francesco.
di Riccardo BENOTTI
A tarda sera, quando i corridoi si svuotano e le voci tacciono, un unico visitatore è ammesso nelle Stanze di Raffaello. «È uno dei privilegi più belli che regala il mio servizio alla Chiesa», racconta Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani. E non è l’unico: a poche centinaia di metri dalla finestra di fronte alla scrivania del suo studio, quella che fu di Antonio Canova, spicca la cupola di San Pietro: «Mi viene sempre in mente quel sonetto di Belli: “In qual antra scittà, in qual antro stato c’è st’illuminazzione bbenedetta, che tt’intontissce e tte fa pperde er fiato?”. Guardo la cupola che cambia i colori a seconda delle ore del giorno, delle stagioni dell’anno, e mi sorprendo: come possono anche pagarmi per godere di una simile felicità?». Classe 1939, figlio di antiquari di Rimini, Paolucci è alla guida dei Musei del Papa dal 2007 dopo essere stato per anni soprintendente a Venezia, Verona, Mantova e Firenze. Già ministro per i Beni culturali, è ancora un uomo in grado di meravigliarsi: «A cosa servono le opere d’arte se non a rendere le persone più consapevoli della loro storia e del loro destino?».
Nel 2013 i Musei hanno registrato un afflusso di quasi 5 milioni e mezzo di persone, tanto da spingerla a parlare di “effetto Papa Francesco”…
I dati sono oggettivamente impressionanti e si riferiscono ad un numero di visitatori imponente. Basti pensare che il museo italiano più visitato, la Galleria degli Uffizi di Firenze, ha chiuso quest’anno con una cifra inferiore ai due milioni. Il nostro è un risultato che se da un lato fa certamente piacere, perché testimonia la formidabile attrazione internazionale che i Musei del Papa esercitano, dall’altro suscita anche paura”.
Perché?
Di fronte a numeri di questa entità è necessario destinare il massimo delle attenzioni e delle risorse economiche disponibili alla conservazione del patrimonio, che subisce una pressione antropica eccezionale. Le buone pratiche, la manutenzione ordinaria e straordinaria, l’azione preventiva: tutto ciò deve essere la cosa più importante per il governo dei Musei Vaticani. Questi aspetti, che non sono stati trascurati fino ad oggi, devono però essere potenziati. Vent’anni fa i visitatori dei Musei erano la metà.
Manutenzione e conservazione delle opere senza chiudere le porte dei Musei. Un compito gravoso?
Certamente, ma non possiamo permetterci di chiudere le porte di Musei che non sono soltanto la meravigliosa concentrazione di opere d’arte di ogni epoca e di ogni stile ma il luogo identitario e simbolico della Chiesa cattolica. Il loro valore simbolico è persino superiore a quello, pur immenso, di tipo storico e artistico. I Musei Vaticani non possono tollerare di contingentare i flussi. Ma possiamo utilizzare altri mezzi, che oggi la tecnologia ci offre”.
Come il progetto di messa in sicurezza della Cappella Sistina?
A maggio si terrà un convegno internazionale che concluderà tre anni di lavori. Verrà inaugurato un nuovo sistema di illuminazione della Sistina, finora di tipo tradizionale con problemi legati al riscaldamento e alla conservazione degli affreschi. Il sistema illuminotecnico messo in opera dalla Osram, che è un regalo alla Chiesa, sarà invece un’inedita soluzione a 7mila Led. Contemporaneamente ho affidato alla Carrier il condizionamento e ricambio d’aria all’interno della Cappella. Si tratta della stessa azienda che aveva già realizzato il sistema di ricambio d’aria nel 1994, a conclusione del grande restauro dei Musei. Da allora è cambiato il mondo, si è evoluta la tecnologia e sono raddoppiati i visitatori.
Tempo e velocità sono due fattori che caratterizzano la fruizione di massa dei grandi siti culturali…
Siamo prigionieri dei tempi dettati dall’industria turistica. Ci sono masse di visitatori, soprattutto delle crociere, che scendono a Civitavecchia, arrivano a Roma, visitano il Colosseo e la Cappella Sistina ai Musei Vaticani, quindi mangiano, fanno shopping e ripartono per Firenze dove il giorno dopo vedranno la ‘Primavera’ di Botticelli agli Uffizi e il ‘David’ di Michelangelo all’Accademia. Poi il viaggio continuerà per Vienna, Parigi… È un sistema mostruoso, con il quale dobbiamo fare i conti. Noi, ad esempio, abbiamo anche organizzato delle aperture serali durante l’estate. Visitare i Musei sotto la luna di Roma è assai suggestivo e molto apprezzato.
Parla il direttore o lo storico dell’arte?
Come tutti i miei colleghi, nel nostro egoismo di storici dell’arte vorremmo che i musei fossero visitati alla stregua di un tempio. Ma sappiamo bene che viviamo in democrazia e l’unica democrazia che vige sotto il cielo è quella dei consumi.
Quanto alla fruizione delle opere conservate nei Musei Vaticani, lei ha deciso di aprire le porte ad una televisione per la realizzazione di un documentario in 3D…
Sono un divulgatore, mi piace che le persone apprezzino e sappiano sempre di più. Simulare il contatto tattile con l’opera, cercare una mimesi con l’arte è stata una sfida rischiosa.
Papa Francesco ha ricordato che l’Italia ha “una carta in più da giocare” ovvero “quella del patrimonio culturale”…
In questo tempo di crisi e di miseria diffusa, il numero dei musei aumenta. L’arte, oggi più che mai, svolge il suo tradizionale ruolo consolatorio. Mi auguro che nessuno rispolveri la solita manfrina del perché la Chiesa non venda le sue opere d’arte per dare i soldi ai poveri. Semplicemente perché, se lo facesse, i poveri sarebbero ancora più poveri.
A proposito del Papa, ha già avuto modo di incontrarlo lungo i corridoi dei Musei?
Non ancora pubblicamente ma sarei davvero felice se venisse a visitare i suoi Musei, anche se capisco bene che la sua agenda è piena di impegni gravosi. Tutti quanti, qui nei Musei, aspettiamo una visita di Papa Francesco.
L’Italia è costellata da una miriade di musei diocesani che raccontano la storia del Paese…
L’Italia è il Paese del museo diffuso, questa è l’unica cosa che ci rende unici e invidiati nel mondo. I grandi musei esistono anche altrove, basti pensare al Louvre o alla National Gallery di Londra, ma solo in Italia succede che i capolavori conservati nelle collezioni stiano anche fuori: uno entra ai Musei Vaticani e vede la ‘Deposizione’ di Caravaggio, poi va a Santa Maria del Popolo e rivede Caravaggio nella Cappella Cerasi, poi a Sant’Agostino dietro piazza Navona ritrova la ‘Madonna di Loreto’ di Caravaggio, e così al Palazzo Odescalchi, al Borghese… Questa è l’Italia. Il museo esce dai suoi confini e si moltiplica, all’ombra di ogni campanile.