Il caso curioso della "Ragazza con l'orecchino di perla", esposta in una mostra di grande successo a Bologna, divenuto un must.

di Adolfo PARENTE

Vermeer

L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, è il titolo di un famoso libro del filosofo tedesco Walter Benjamin del lontano 1936, e potrebbe offrire una chiave di lettura per il ritrovato successo di alcuni grandi maestri come il Caravaggio o il Vermeer.

Prendiamo il caso del pittore seicentesco di Delf che, a parte i circoli di studi universitari e qualche apparizione nei dimenticati libri liceali, non è stato mai così noto e apprezzato dal pubblico di massa come invece i geni di Leonardo o Michelangelo, eppure oggi è l’artista del "momento". Parlare di Vermeer significa pensare al suo capolavoro ovvero La ragazza con l’orecchino di perla custodita al Koninklijk Kabinet van Schilderijen, Mauritshuis, L’Aia.

Grazie al libro di Tracy Chevalier e soprattutto al film di Peter Webber quella ragazza, così misteriosamente affascinante e quel pittore raffinato hanno non solo dei volti, candido e sensuale quello di Scarlett Johanson, tormentato e schivo quello di Colin Fith, ma soprattutto il quadro diventa una storia, col risultato di essere un po’ più familiare. Cosa è avvenuto quindi? L’arte ha lasciato i lunghi corridoi dei musei e le bianche pareti delle collezioni private, gli scaffali delle biblioteche e delle librerie, ed è tornata alla sua principale aspirazione, ovvero quella di comunicare. Comunicare un’emozione, comunicare una storia, comunicare uno stile. La riproducibilità tecnica ha reso il capolavoro artistico meno elitario e ha attuato la funzione di divulgazione e di leggibilità, anche se epidermica e romanzata.

Indubbiamente anche per uno storico dell’arte, per un critico, quando ci si trova di fronte un’opera d’arte lo stato emozionale è il sentimento principale, successivamente si cerca di penetrare l’immagine stessa e si vuole approfondire cosa si ha di fronte, attraverso lo stile, la tecnica impiegata e magari comprenderne il significato o cosa l’artista volesse comunicare; in ultimo, “last but not least” come direbbero gli anglosassoni, si vuol conoscere la storia dell’opera, la genesi, cioè si guarda dentro l’immagine. Ma questo avviene non attraverso il grand’angolo di una cinepresa, ma attraverso la lente del critico.

Ma torniamo alla star del momento, che è impegnata insieme ad altri connazionali (gli altri dipinti) in un tour europeo, e in questi giorni si trova in mostra a Bologna, con un vasto successo di pubblico.

Il dipinto ha già di per sé una vicenda particolare: realizzato da Johannes Vermeer intorno agli anni sessanta del Seicento, cadde come in un oblio che ne declinò la celebre paternità. E così rimase di autore sconosciuto per quasi duecento anni. Questo fino al 1881 quando comparve, sempre come opera di anonimo artista olandese, presso una casa d’aste dell’Aia. Fu poi il collezionista olandese Arnoldus Andries des Tombe, su suggerimento di un abile critico Victor de Stuers che ne riconobbe la mano, ad acquistarlo per una cifra irrisoria: due fiorini più trenta centesimi per il premio assicurativo. L’opera rimase nella collezione privata di des Tombe fino alla sua morte per poi passare, insieme ad altri tredici quadri, al Museo Mauritshuis, dove venne effettuata una nuova stima per un valore di oltre 40000 fiorini.

Ma cosa ci dice questo dipinto, cosa comunica alla realtà artistica la cosiddetta Monna Lisa olandese? Il quadro colpisce per la sua indiscussa bellezza, la ragazza, grazie al contrasto tra il fondo scuro ed i colori brillanti e sfumati, appare quasi come una visione, ma non una visione eterea, bensì fortemente reale e presente. Lo sguardo languido dato da quegli occhi lucidi, invitano ad un intenso dialogo, la bocca socchiusa è un timido accenno a una frase, un sospiro, o un lieve sorriso. Si avverte una certa familiarità tra la ragazza in posa e Vermeer, tanto che la critica si è spesso dibattuta se essa potesse essere una modella con cui egli aveva avuto un qualche rapporto affettivo, o addirittura una delle sue figlie.

Nel dipinto regna l’armonia: armonia dei sensi, armonia della tecnica, armonia delle sensazioni; fascino e purezza si mescolano sapientemente. Il delicato contorno del viso della ragazza crea un calore che attraversa tutta l’immagine, e per ravvivare il viso, il pittore ha dipinto dei veri e propri tocchi di luce negli occhi e accentuato i contorni della bocca con minuscoli puntini rosa. La pelle è delicata e liscia, e suggerisce le linee morbide come a richiamare la sfera del grande orecchino di perla. Per contrasto il capo della donna è fasciato da un esotico turbante azzurro realizzato con pennellate in trasparenza.

Sicuramente il grande successo di questo celebre dipinto, al di là della versione cinematografica, è un concreto segnale di ciò che l’arte riesce ancora a comunicare e a trasmettere, e di cosa una società, anche in momenti difficili, come l’Olanda di Vermeer, riesce ad esprimere se non sotterra le proprie eccellenze.

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