Al museo del Santuario del Sacro Monte di Varese, un percorso fra arte e fede attraverso alcuni capolavori, antichi e moderni, sulla figura della Vergine, pensato per i più piccoli ma stimolante anche per i grandi.
di Luca FRIGERIO
Ancora al Sacro Monte sopra Varese, ancora fra le cappelle che si sgranano come un rosario fra le pendici di Campo dei Fiori. A riempire gli occhi con la quieta bellezza del paesaggio prealpino fiorito di primavera, a colmare il cuore con la serena armonia di un’arte nata dalla fede. Passo dopo passo, sguardo dopo sguardo, fino a lassù, all’ombra del santuario montano, come protetti infine sotto il manto antico e sempre nuovo della Madre celeste. Un pellegrinare che si fa più intimamente sentito proprio in questo mese di maggio, tempo mariano di preghiera e riflessione. E di stupore. Meraviglia che incanta, che dice, che svela.
Così è anche nel piccolo, delizioso Museo Baroffio, le cui preziose collezioni sacromontane appaiono proprio come un ininterrotto inno alla Vergine. Decine di venerate immagini per un millennio di storia, dal XII secolo ai nostri giorni, appartenenti alla tradizione propriamente ambrosiana come alla comune sensibilità della cristianità europea, oggi selezionate in un affascinante percorso «sui passi di Maria», com’è stato appunto intitolato. Un itinerario appositamente pensato a misura di bambino ma, come spesso accade in questi casi, senza dubbio coinvolgente e istruttivo anche per i più grandi.
Del resto proprio l’immagine-simbolo del Baroffio è una splendida scultura in pietra della Madonna col Bambino, capolavoro romanico modellato dalle mani di Domenico e Lanfranco da Ligurno con plasticità solida ed essenziale. Quei volti della Madre e del Figlio sorridono oggi al visitatore del museo, accogliendolo rassicuranti così come un tempo si offrivano allo sguardo dei pellegrini, sulla soglia del santuario.
Poco oltre, la storia della salvezza ha inizio con l’Annuncio alla Vergine, nella mirabile miniatura di un grande antifonario ambrosiano, donato alle romite di Santa Maria del Monte nel 1476 da quel Fabrizio Marliani che fu membro influente della corte sforzesca, raffinato bibliofilo e futuro vescovo di Piacenza. Maria è in ginocchio, le braccia incrociate sul petto, nel tipico gesto della humiliatione, cioè di colei che umilmente sta pronunciando il suo «sì» al volere di Dio, mentre la colomba dello Spirito Santo scende su di lei. Cristoforo de’ Predis è l’autore di tanta bellezza, cui l’essere sordomuto non impedì di diventare uno dei più acclamati artisti del suo tempo, amico e collaboratore di Leonardo da Vinci.
Dopo l’Annuncio, Maria si affretta a incontrare la cugina Elisabetta, che darà alla luce il Precursore. Nel museo varesino è Camillo Procaccini a dare forma all’abbraccio affettuoso fra le due donne che presto saranno madri, l’una smagliante di giovinezza, l’altra carica di anni: eppure negli sguardi di entrambe, la stessa gioia trattenuta, la medesima consapevolezza di essere parte del divino progetto. «Benedetta sei tu fra le donne», mormora Elisabetta, le labbra socchiuse, e ancora una volta Maria abbassa gli occhi in un’accettazione incondizionata. Con una modestia, con una virtù che il Procaccini, attento interprete della sensibilità borromaica, sa bene come far vibrare.
Poi la Natività, l’Adorazione di magi e pastori, la Fuga in Egitto… Temi dei quali il museo del Sacro Monte annovera più e più capolavori, antichi e moderni. Così come i momenti della Passione, quando la Madre è ancora là, a piangere silenziose lacrime per lo strazio del Figlio, a sorreggerne il corpo morto, come cullandolo prima di affidarlo al sepolcro. Ai baby visitatori, in particolare, il percorso al Baroffio propone di soffermarsi sulla Crocifissione di Mario Sironi, una piccola tempera di un artista che si era fatto spesso interprete della retorica monumentalità del fascismo, e che alla fine della guerra deve invece fare i conti con la propria coscienza e con le disillusioni di una vita lacerata. La “sua” Madonna tinta d’azzurro alza qui le mani verso il Cristo sulla croce, quasi a volerlo cingere in un ultimo abbraccio, lui che ha già le braccia spalancate al mondo.
Forme e colori, dunque, segni e figure. Ma anche profumi, verrebbe da dire, nelle immagini mariane del Museo Baroffio. Profumi che sembrano sprigionarsi, ad esempio, da quell’incantevole tavola seicentesca della bottega di Gioacchino Assereto dove, al centro, Maria e Gesù si scambiano tenerezze, guancia contro guancia, circondati, come immersi, in una freschissima ghirlanda di fiori. Rose, dalie, anemoni, gigli, peonie, tulipani e quant’altro: un tripudio floreale che appare come un gentile, imperituro omaggio alla Vergine, ma che è anche un eloquente linguaggio carico di simboli. Che parla di purezza, di virtù e di bellezza.