Dopo l’accurato restauro, la presentazione della bella tavola del maestro veneziano rappresenta anche l’occasione per riscoprire l’eccezionale Collezione di Villa Cagnola, che conserva splendide opere dal XIV al XIX secolo.

di Luca FRIGERIO

Villa Cagnola Gazzada

È uno scrigno di tesori, Villa Cagnola a Gazzada. Tanto più preziosi in quanto ancora in gran parte poco conosciuti al grande pubblico, e quindi assolutamente da riscoprire e da ammirare. Come nel caso della bellissima tavola quattrocentesca raffigurante san Francesco, un piccolo, grande capolavoro attribuito ad Antonio Vivarini che, dopo essere stato sottoposto ad un attento restauro, sarà presentato in un incontro domenica prossima 2 febbraio (vedi sotto per i dettagli).

Il dipinto è uno dei pezzi più pregiati della collezione custodita nella sontuosa dimora varesina, raccolta a cavallo fra Otto e Novecento da Guido Cagnola, personalità di spicco del mondo culturale lombardo, diplomatico e parlamentare della giovane nazione italiana, ma soprattutto cultore di arte, filosofia e religione. Passioni che il nobiluomo milanese approfondì attraverso l’acquisizione di splendide opere, appunto, ma anche con iniziative editoriali e con un costante confronto con figure di grande rilievo agli inizi del secolo scorso, come Bernard Berenson e Luca Beltrami, Ernesto Buonaiuti e don Luigi Bietti. Quest’ultimo, in particolare, fu per il conte Cagnola una guida nel suo travagliato cammino spirituale, che culminò nel riavvicinamento alla Chiesa cattolica e nella donazione, anche attraverso l’allora Segretario di Stato Montini, della villa di Gazzada e della sua collezione artistica al Vaticano, l’una e l’altra oggi affidate alla gestione della Conferenza episcopale lombarda.

L’arte sacra, in particolare, fu al centro degli interessi collezionistici di Guido Cagnola. Come rivela, appunto, la mirabile tavola con l’immagine del Poverello d’Assisi, acquistata nel 1907 a Roma nel corso dell’asta dell’importante collezione del reverendo americano Robert Jenkins Nevin. Accostata all’epoca al nome di Bartolomeo Vivarini, l’opera è stata poi più precisamente assegnata per ragioni stilistiche al di lui fratello Antonio, che l’avrebbe realizzata attorno al 1460, come parte di un polittico oggi smembrato (un altro pezzo del quale sembra potersi identificare nel San Bernardino da Siena oggi al Museum of Art di Philadelphia).

Nato a Murano nella seconda decade del XV secolo, Antonio Vivarini è considerato uno dei maggiori rappresentanti di quel momento di trapasso che si colloca tra il Medioevo e il Rinascimento, che nell’ambiente veneziano si configurò in una nuova rielaborazione delle antiche forme bizantineggianti secondo il gusto rivoluzionario che da Firenze risaliva la Penisola. Pittore piuttosto prolifico, ad Antonio sono stati attribuiti diversi lavori collocati originariamente soprattutto nelle chiese della Laguna, eseguiti da solo o, spesso, in collaborazione prima con il cognato Giovanni (detto “d’Alemagna”) e poi con il fratello minore Bartolomeo, in tale consonanza che oggi per gli studiosi non è sempre facile individuare con precisione le diverse mani. Un’attività che dovette precocemente concludersi verso il 1470, anche se la bottega di famiglia fu poi proseguita dal figlio Alvise, anch’egli artisticamente assai dotato.

La tavola della collezione Cagnola rappresenta proprio uno dei migliori esempi della pittura di Antonio Vivarini. La snella figura è fortemente plastica, ritratta in una serena monumentalità nella posa statuaria e con bell’effetto di profondità nel protendersi in avanti della gamba sinistra, dove tuttavia l’insieme appare esaltato dalla leggerezza delle forme e dalle morbide pieghe del saio. Raffinata è la cromaticità dell’opera, come sempre nei dipinti più riusciti del pittore muranese, specialmente in quelli della maturità (come è appunto questo di Gazzada): il restauro, sostenuto dal Mart di Rovereto (in seguito a un prestito per la mostra dedicata ad Antonello da Messina), ha infatti ridato la giusta evidenza al tenue chiaroscuro, mettendone in risalto il delicato incarnato.

Bello il disegno della mano, levata a reggere lievemente una sottile croce e segnata dalle stigmate (come il costato appare ferito, nella discreta apertura della veste). Mentre il volto del santo è malinconicamente pensoso, come quello di alcune Madonne rinascimentali (del Bellini e del Mantegna), insolitamente, ma non stranamente, privo di barba, così da rivelarci un Francesco piuttosto giovanile. Un sereno campione della fede, chiamato ad essere l’Alter Christus fin nella carne.

DOMENICA 2 FEBBRAIO: CONFERENZA, VISITA E CENA
La tavola restaurata di Antonio Vivarini raffigurante san Francesco verrà presentata a Villa Cagnola a Gazzada Schianno (Va) in una conferenza pubblica domenica 2 febbraio 2014, dalle ore 16 alle ore 18, con ingresso libero. Dopo un’introduzione a cura del direttore di Villa Cagnola, mons. Eros Monti, e del conservatore della Collezione, Andrea Bardelli, seguiranno gli interventi di Lucia Laita, che ha eseguito l’intervento di restauro, dello storico dell’arte Mauro Minardi, che tratterà di come l’opera si inserisce nel percorso artistico di Vivarini, e di Rosa Giorgi, che parlerà dell’evoluzione dell’iconografia francescana.

Nell’occasione, insieme alla tavola quattrocentesca, saranno esposti anche alcuni interessanti documenti relativi al dipinto e una serie di testi autografi di Guido Cagnola sullo stesso. Sarà poi possibile visitare la Collezione permanente e al termine partecipare, previa prenotazione, a una cena con piatti della tradizione veneta (al costo di 25 euro).

Per raggiungere Villa Cagnola: in auto, autostrada A8 Laghi (uscita Gazzada); in treno, FS linea Milano-Varese, fermata Gazzada Schianno. Info, tel. 0332.461304  – www.villacagnola.it

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