I vincitori del Premio Arti Visive San Fedele 2012 espongono i loro lavori ispirati alle pagine del libro della Rivelazione.
di Andrea DALL'ASTA SJ
Direttore Galleria San Fedele
L’Apocalisse è un tema biblico che ha sempre esercitato un grande interesse e timore allo stesso tempo. L’uomo, preoccupato di conoscere il proprio destino dopo la morte, si chiede con insistenza: cosa accadrà del mio corpo, della mia anima? Come concepire il destino della vita?
Anche i giovani artisti vincitori del premio San Fedele 2011-2012 si sono ispirati a questo tema. Marco La Rosa, vincitore del Premio San Fedele, presenta un’evoluzione della sua ricerca sui solidi platonici. Ispirandosi al pensiero del padre gesuita Theilard de Chardin, che riflette sul destino dell’uomo in relazione al cosmo nel suo viaggio verso il Punto Omega, realizza 100 solidi platonici in gesso alabastrino. Il loro essere collocati senza ordine sul pavimento suggerisce disgregazione, frammentazione. C’è come un disordine al cuore del reale che chiede tuttavia di trovare un’armonia, una logica, un senso. E infatti i solidi sembrano dirigersi verso un punto determinato che crea un polo di tensione, grazie al quale tutti gli elementi trovano il senso del loro percorso.
L’opera di Giorgio Tentolini, vincitore del Premio Rigamonti, consiste invece in due rotoli, uno di carta ancora sigillato, l’altro in rete bianca parzialmente svolto. È un rotolo, il “libro della vita”, in cui sono scritti i nomi dei giusti, come è rivelato nel libro dell’Apocalisse. Tentolini vi inscrive il tema dell’albero, centrale nella tradizione cristiana. L’albero della vita si sovrappone infatti a quello della Croce.
L’albero da cui sorge la morte diventa quello della vittoria della vita, grazie a Cristo. Per significare il passaggio dalla caduta dell’uomo in Genesi, in cui si racconta quando Adamo ed Evasi cibano del frutto proibito all’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse, in cui è descritta la discesa dal cielo della Gerusalemme celeste, il giovane artista ricorre all’immagine dell’albero, presente nel lavoro come un’ombra, una presenza costante. L’albero della vita è infatti presente nella città santa al centro della sua piazza. È l’albero della salvezza che fa dodici frutti. Le sue foglie sono destinate alla guarigione delle nazioni (cfr Ap 22,2).
Originale è infine il lavoro di Ayumi Kawasaky. Sono 49 disegni, disposti in modo da formare un quadrato di sette fogli per lato. Per la giovane artista giapponese, il concetto di “misura” è centrale. All’evangelista Giovanni è data una canna per misurare il santuario di Dio, l’altare e il numero di coloro che vi stanno adorando (cfr Ap 11); Dio tiene in mano una canna d’oro, per misurare la città, le sue porte e le sue mura (cfr Ap 21). Secondo la lingua giapponese, il termine “misurare” è in relazione al prendersi cura di una persona, di un oggetto. E Ayumi, riflettendo sulla vita quotidiana, racconta attraverso scene intime e delicate momenti in cui ci si rivolge a qualcuno (o a qualcosa) per proteggerlo, custodirlo.
Apocalisse significa allora rivolgere la nostra attenzione a quanto sta al di fuori di noi, perché lo “misuriamo”. L’Apocalisse diventa la rivelazione dello stupore di fronte al mondo che ci circonda, alla realtà che emerge nella vita di ciascuno perché sia accolta e protetta.