Un viaggio per immagini nei Paesi dove la libertà religiosa è negata e i fedeli cristiani, ma non solo, sono emarginati e perseguitati. Senza dimenticare i tanti segni di speranza. Una rassegna visitabile fino al 14 aprile in Curia a Milano e che sarà poi itinerante e a disposizione delle parrocchie.
«Noi, Costantino Augusto e Licinio Augusto, abbiamo ritenuto di accordare ai cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinchè la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditti dia pace e prosperità». Marta Sordi non si stancava di ripeterlo ai suoi studenti: quel cosiddetto “Editto di Milano” del 313 dopo Cristo non fu un semplice atto di tolleranza, ma segnò la nascita di una vera libertà religiosa. E proprio nella sottolineatura di questa diversità di termini, l’indimenticata studiosa rivendicava un preciso giudizio di valore.
Liberi per credere, dunque. Una conquista che, da 1700 anni, potrebbe sembrare ormai assodata e condivisa. Ribadita com’è anche dalla stessa Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948, che, all’articolo 18, sancisce che «ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione», specificando che «tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti». Ma basta osservare cosa avviene oggi in varie parti del mondo per rendersi conto che, purtroppo, non è ancora così…
Ce lo ricorda oggi anche una mostra quanto mai opportuna, promossa proprio in occasione del diciasettesimo centenario dell’Editto di Milano e realizzata da Popoli, mensile internazionale dei gesuiti, e da Mondo e Missione, rivista del Pontificio istituto missioni estere (Pime), in collaborazione con l’Arcidiocesi di Milano. Un’esposizione che, attraverso 18 pannelli fotografici corredati da testi descrittivi, accompagna il visitatore in un viaggio ideale attraverso le principali situazioni in cui oggi la libertà religiosa è minacciata, senza però trascurare i luoghi, reali e simbolici, di convivenza e dialogo. La mostra è visitabile nel cortile del Palazzo Aecivescovile a Milano (piazza Fontana, 2), dove rimarrà esposta fino al prossimo 14 aprile per poi essere messa a disposizione delle parrocchie (si veda il box qui a fianco).
Scatto dopo scatto, ci si addentra in realtà drammaticamente segnate dalla violenza. Come quella, ad esempio, del nord della Nigeria, dove il gruppo jihadista Boko Haram («il libro è peccato», a indicare il bando a qualsiasi istruzione di tipo occidentale) sta seminando morte e distruzione fra le comunità cristiane, ma anche fra i musulmani moderati, con oltre 15mila vittime negli ultimi tre anni. O come quella del Pakistan, dove la minoranza cristiana è oggetto di vere e proprie persecuzioni, come tristemente ricordano l’assassinio nel 2011 del giovane ministro Shabbaz Batthi o la condanna a morte di Asia Bibi, accusata di blasfemia. O ancora quella dell’Egitto, dove pur rappresentando il dieci per cento della popolazione, i copti ortodossi sono discriminati e oppressi, quando non apertamente attaccati, come nell’assalto del Capodanno 2011 alla chiesa dei Santi di Alessandria, che provocò 22 morti.
Ma la mostra «Liberi per credere» aiuta a conoscere più da vicino anche i casi del Myanmar, dell’India e della Cina, dove non solo i cristiani, ma anche altre minoranze religiose sono minacciate e perseguitate. Così come, attraverso le citazioni della dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae e gli interventi di papa Benedetto XVI, permette di riflettere sulle nuove sfide oggi poste anche in Europa e in Occidente dal crescente pluralismo culturale. Che, come ha autorevolmente affermato il cardinale Angelo Scola anche nell’ultimo discorso di sant’Ambrogio, inducono a ripensare «la stessa aconfessionalità dello Stato nel quadro di un rinnovato pensiero della libertà religiosa». (L.F.)