A Roma, a Castel Sant'Angelo, fino al 1° maggio 2013 una mostra racconta cos’è la fede come un’avventura incantevole e drammatica, ripercorrendo la vicenda dell’apostolo Pietro: è la mostra dell’Anno della Fede.
Benedetto XVI con la sua Lettera Apostolica Porta fidei ha indetto un Anno della fede che ha avuto inizio nella felice coincidenza di due anniversari molto rilevanti, sia dal punto di vista spirituale sia dal punto di vista culturale: il cinquantesimo dell’apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962) e il ventesimo della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica (1992).
Curata da don Alessio Geretti, incaricato dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione – il soggetto della Santa Sede che ha la regia dei principali eventi dell’Anno della Fede destinati alla Chiesa universale –, la mostra è realizzata in coproduzione dal friulano Comitato di San Floriano di Illegio e dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma.
«Il Cammino di Pietro», prima ancora che un percorso d’arte, è un viaggio della mente e del cuore che avvolge credenti, non credenti e diversamente credenti nella potenza suggestiva di un racconto, in una rappresentazione drammatica di cosa sia la fede. La fede non viene definita, non viene dichiarata attraverso concetti, ma è l’attore unico sulla scena, la causa evidente delle passioni, delle intuizioni, di momenti neri di fatica e crisi, di lacrime di dolore e lacrime di gioia, di gesti azzardati e gesti eroici, che costituiscono passo dopo passo il cammino, la vicenda dell’uomo e del testimone più decisivo al mondo per la fede dei cristiani: l’apostolo Pietro.
Quaranta opere, da Oriente e Occidente, che percorrono la storia della cristianità dal IV fino al XX secolo, in un allestimento che coinvolge dinamicamente il gusto per la bellezza, il bisogno di pensare, la forza delle emozioni. In esposizione dipinti e sculture di artisti d’eccezione quali Lorenzo Veneziano, Vitale da Bologna, Marco Basaiti, Garofalo, Jan Brueghel, Giorgio Vasari, Georges de La Tour, Guercino, Gerhard van Hontorst, Dirk Van Baburen, Luca Giordano, Mattia Preti, Guido Reni, Vasilij Dmitrievic Polenov, Eugéne Burnand si intrecciano con proiezioni cinematografiche, apparizioni suggestive e alcuni squarci di musica, che completano il racconto in un gioco di sinestesie. Diversi inediti costituiscono motivo di speciale interesse per gli storici dell’arte, come pure la possibilità di ammirare in una mostra opere che per la prima volta vengono spostate dal loro abituale luogo di conservazione.
L’obiettivo dell’esposizione è certamente quello di porre a confronto stili e scuole e autori commensurabili, per quanto provenienti da opposti capi della terra d’Europa, ma anzitutto per infondere nel visitatore la percezione che la fede è l’intelligenza della realtà scaturita dall’esperienza dell’incontro con Cristo, travagliata e sorprendente.
Guidati da Pietro fin dalla porta d’ingresso, i visitatori varcano la soglia di Castel Sant’Angelo, l’antica mole Adriana, che sorge sulla via che conduceva al circo di Gaio Caligola, dove Pietro fu crocifisso davanti all’obelisco che oggi guarda la facciata della Basilica Vaticana, sorta appunto sulla tomba dell’Apostolo stesso.
Le sorprese iniziano già dalla rampa elicoidale che introduce all’appartamento papale. Poi, il percorso delle opere è una scoperta teologica e artistica insieme: presenta la fede anzitutto nella vocazione degli apostoli come risposta incantata ad un incontro, alla provocazione di Dio che, nella partita con l’uomo, gioca la prima mossa. Ma la fede è anche sconcerto e spaesamento all’impatto con il lato inedito di Cristo, che sconvolge le sicurezze e le miserie dell’uomo, mettendolo in difficoltà – così ad esempio si percepisce davanti ai dipinti che mostrano la Lavanda dei piedi o la Cattura di Cristo nell’orto degli ulivi –. Per farsi poi notte, crisi totale, lacrime, e subito dopo rinascita, salvezza ritrovata, sguardo d’estasi.
L’approdo del percorso – quello della fede e della vita di Pietro, quello delle opere d’arte in mostra – è duplice: il calore di una nuova fraternità,alla quale la fede introduce, ed il miracolo della trasformazione dell’uomo in capolavoro d’arte (in fondo, è proprio alla bellezza moralee spirituale dell’uomo, generata da un credere autentico e viscerale, che i capolavori dell’arte sacra rendono omaggio).
Certo, l’incanto del cammino è anche quello di farti sentire nel cortile di Caifa quando si sosta davanti all’opera di Georges De La Tour, trascinati nella scena da uno dei notturnipiù belli della storia dell’arte; è la folgorazione luminosa della solenne pala di Lorenzo Veneziano, un sublime Trecento italiano, che già ci rapisce in Paradiso a vedere Pietro su fondo oro che stringe tra le mani le chiavi di Cristo. E’ l’emozione infusa daGerhard van Honthorst che ci sorprende come Pietro in carcerequando l’angelo irrompe nella tela di Berlino con una luce che accende la scena obliquamente, come in Caravaggio. È la nobile armonia che lega Pietro e Paolo, resa da un elegantissimo Guido Reni per dirci ancora una volta l’antica intuizione: che cioè i nuovi fondatori della nuova Roma questa volta sono davvero fratelli, pur non essendo nati dalla stessa donna. È ancora la nitidissima e grandiosa pala di Marco Basaiti raffigurante "San Pietro in cattedra con quattro santi", un episodio pittorico vicinissimo a Cima da Conegliano e a Giovanni Bellini, che rende onore alla razionalità prospettica, agli inquadramenti architettonici e paesaggistici del primissimo Rinascimento, pienamente umanistico e ancora mistico.
È infine il brivido dello sguardo dell’Apostolo che corre al sepolcro vuoto del Risorto, ancora incredulo e tuttavia già credente, con un cielo squarciato dai bagliori dell’alba post-impressionista infiammata sulla tela da Eugéne Burnand. Quando uscendo dalla mostra il percorso conduce alla trifora che si apre sulla vista della Basilica di San Pietro, ciò che hai appena guardato in mostra e ciò che hai davantiagli occhi (uno dei più bei panorami della città di Roma) ti fa sentire per un momento come se Castel Sant’Angelo sorgesse sulle rive del lago di Tiberiade, dove tutto, per i credenti, cominciò e dove tutto, per Pietro, ricominciò dopo la sua notte più lunga e la sua alba più indimenticabile. Lui sapeva cosa vuol dire credere.