Richiamando il ritmo dell’anno liturgico, la Proposta pastorale sottolinea il senso di ogni istante, che ha dignità e valore propri, e ci induce a riscoprire il mandato missionario

di monsignor Paolo MARTINELLI
Vescovo ausiliario, Vicario episcopale per la Vita consacrata maschile e Vicario episcopale per la Pastorale scolastica

Pontificale Santa Maria Nascente Anno pastorale 2019

«La situazione è occasione»: già il titolo della Proposta pastorale dell’arcivescovo Mario Delpini infonde coraggio e speranza; ci introduce a uno sguardo positivo su tutto quello che viviamo, personalmente e comunitariamente.

Il testo, composto da sei brevi lettere per ogni tempo liturgico dell’anno, riprende più volte l’espressione del titolo, spiegandolo in maniera semplice, come per esempio quando si dice: «Dentro ogni condizione di vita, dentro ogni situazione, dentro la nostra stessa quotidianità c’è un’occasione di grazia, un’opportunità per il Vangelo e per la carità» (pagina 11).

L’arcivescovo Mario ci aiuta a scorgere in tutte le cose una possibilità di bene. Ogni istante di vita ha dentro una grazia, un dono di Dio. Non siamo soli di fronte alle cose che succedono e la realtà non è un caos. La storia ha un senso. Non è forse questo ciò di cui abbiamo più bisogno in questo momento, dal punto di vista sia spirituale, sia sociale?  

Un filosofo contemporaneo descrive il nostro tempo come un viaggio che percorriamo su una potente automobile, sempre più accessoriata, sempre più ricca di confort, capace di attraversare distanze enormi con una rapidità prima sconosciuta; i limiti della natura sembrano relativizzarsi ogni giorno di più davanti alle nostre rinnovate capacità. Tuttavia, insieme a questo dato, si sente crescere nel cuore una domanda: ma chi sta davvero guidando questo viaggio? E soprattutto: verso quale mèta? C’è davvero un senso ultimo al nostro progredire?

La meditazione dell’Arcivescovo rappresenta una risposta a questo smarrimento; c’è una direzione e un significato buono a tutto quello che viviamo: è il Regno di Dio che viene, portando a compimento in noi il disegno che il Padre ha su tutta l’umanità e sul cosmo intero. Del resto, il senso ultimo delle cose, l’incontro con Cristo, la Gerusalemme celeste, la vita come pellegrinaggio sono proprio i temi al centro del magistero del nostro Arcivescovo in questi anni.

Ma come fa a ricordarci la dignità della mèta e la bellezza del cammino? L’Arcivescovo non propone una speculazione filosofica; semplicemente ci aiuta a vivere il senso del tempo alla luce del Vangelo. Ecco perché ci richiama il ritmo dell’anno liturgico, che è il modo con cui l’esperienza cristiana sente il mistero del tempo che passa. Riproponendoci i tempi liturgici, accompagnati dalla lettera di San Paolo ai Filippesi, siamo introdotti a scoprire che il tempo non è semplicemente kronos, ossia lo scorrere indifferente e neutrale degli istanti, ma kairos, occasione favorevole. È la fede che ci permette di cogliere nell’istante che passa l’occasione per vivere il Vangelo.

Nell’esortazione apostolica sui giovani Christus vivit, papa Francesco ha ricordato con Romano Guardini che «nell’esperienza di un grande amore tutto ciò che accade diventa un avvenimento nel suo ambito» (CV 212). L’esperienza cristiana è proprio l’esperienza di un grande amore, quello di Cristo per ciascuno di noi e quello della nostra risposta a lui. Davvero in ogni giorno la situazione è occasione per approfondire questo grande amore che dà sapore a tutte le cose. Ecco emergere il senso del tempo dalla presentazione del ritmo liturgico: l’Avvento come tempo dell’attesa, del desiderio, della preghiera perché il Signore venga e porti a compimento quello che ha iniziato in noi (Fil 1,6). Quanto bisogno abbiamo di rendere familiare in noi la tensione verso le cose ultime!

Questo è anche il valore che l’Arcivescovo attribuisce alla vita consacrata: per questo invita a «condividere la preghiera, a conoscere più da vicino la gioia e la speranza dei consacrati e delle consacrate, a raccoglierne la “provocazione” a confrontarsi con una scelta di vita e con una testimonianza di vigilanza nell’attesa» (p. 50). Tendere al Regno di Dio non indica un disimpegno rispetto alla realtà quotidiana; piuttosto ricorda il senso ultimo del tempo che dà dignità e valore a ogni istante.

Questo è ciò che viene approfondito anche attraverso gli altri capitoli: dalla gioia del  Natale che si prolunga nel «tempo di Nazareth», nella ferialità della vita – dove al centro troviamo la famiglia, insieme ai temi fondamentali dell’educazione e della scuola -, fino alla Quaresima, tempo propizio per la conversione, in cui fare nostri i sentimenti di Cristo (Fil 2,5); dalla Pasqua, in cui celebriamo la vittoria sul male e sulla morte – centro della nostra fede – al tempo della Pentecoste, in cui ci ricordiamo dei doni dello Spirito – in particolare i carismi – che vivificano la Chiesa e la aprono ai sempre nuovi orizzonti della missione.

In questo modo la bontà del tempo si trascrive nella nostra esistenza come riscoperta del mandato missionario. È il senso del primo capitolo – «Purché il Vangelo venga annunciato» (Fil 1,18) -, dedicato al mese missionario straordinario che si svolgerà a ottobre, voluto da papa Francesco. Questo primo tema infatti non è una premessa da lasciarsi poi alle spalle. La missione, a mio parere, è la vena profonda delle indicazioni pastorali del nostro Arcivescovo: alla «situazione come occasione» corrisponde la vita come missione: “Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo” (Evangelii Gaudium 273).

Tanta gratitudine, dunque, per queste pagine che il nostro Arcivescovo ci ha donato per il progresso e la gioia della vostra fede (Fil 1,25)!

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