Nel suo messaggio per la Giornata diocesana del quotidiano dei cattolici italiani - che quest’anno festeggia il mezzo secolo di vita - l’Arcivescovo ne raccomanda «la lettura, l’abbonamento, la diffusione», nell’ottica di un servizio al bene comune
di monsignor Mario
DELPINI
Arcivescovo di Milano
Ma i cristiani hanno qualche cosa da dire su quello che sta succedendo in Italia, in Europa, nel mondo? La missione indiscutibile che Gesù ha affidato ai suoi discepoli, incaricandoli di essere il sale della terra e la luce del mondo, è difficilmente compatibile con l’afasia imbarazzata che caratterizza alcuni cristiani. Di fronte agli argomenti di attualità, assediati dai luoghi comuni, dalle ricostruzioni approssimative di problematiche, dallo scherno di chi squalifica l’interlocutore prima che abbia aperto bocca, i cristiani si sentono zittiti, preferiscono tacere «per evitare discussioni inconcludenti».
Per avere qualche cosa da dire è necessario essere informati, attingere a fonti affidabili su quello che capita, evitare di censurare i dati in base a una tesi che è già consolidata perché funzionale agli interessi dominanti. Per questa informazione pacata, per l’attenzione a confrontare opinioni diverse, per l’apertura a notizie che provengono anche da angoli di mondo trascurati dai notiziari attenti solo al cortile di casa, mi sento di raccomandare la lettura, l’abbonamento, la diffusione di Avvenire.
Avvenire festeggia i primi 50 anni di vita e in diocesi il 18 novembre celebriamo la “Giornata di Avvenire”. Proprio in un contesto come quello di oggi, il suo ruolo è sempre più necessario. Un giornale controcorrente, che non si fa condizionare dai poteri di varia natura, ma ispirato al Vangelo legge i segni dei tempi mettendo al centro la persona e la sua dignità.
Pertanto, mi sembra doveroso raccomandare più in generale l’intraprendenza, la franchezza, l’onestà intellettuale, la capacità di ascolto, insomma molte virtù che facilitano il dialogo, che consentono di approfondire il confronto e che sono occasione di testimonianza.
Avvenire è uno strumento utile per questo e merita di essere meglio utilizzato nelle comunità cristiane. Il santo Papa Paolo VI è stato tra i protagonisti della creazione del “giornale nazionale dei cattolici italiani”. Mi immagino che nella nostra Diocesi, per le responsabilità che abbiamo di essere un laboratorio di futuro, si debbano attivare dappertutto gruppi di persone convinte e discrete che fanno della diffusione di Avvenire il loro servizio alla nostra gente nelle nostre comunità. E desidero dire grazie a tutti i generosi promotori della diffusione di Avvenire con il fedele servizio alla buona stampa che dovrebbe essere presente in ogni parrocchia e comunità.
Solo un utilizzo più corale di Avvenire può renderlo attento a farsi luogo di incontro della molteplicità delle sensibilità presenti nella comunità cristiana, disponibile anche a essere critico e autocritico per rendere possibile il passo più avanti nel servizio al bene comune, migliorato anche dal contributo di molti.
Desidero in questa occasione esprimere la mia gratitudine a tutti coloro che «fanno il giornale». Io apprezzo Avvenire, anche per la buona ragione che sono personalmente lettore abbonato da alcuni decenni. Merita di essere sottolineata la fruttuosa collaborazione tra il quotidiano e Milano7, il nostro appuntamento settimanale che racconta la vitalità e la ricchezza della Chiesa ambrosiana.
Mi piacerebbe trovare presto un’occasione per fare di questa gratitudine una festa condivisa e uno stimolo a una diffusione più capillare e a una lettura più attenta e fruttuosa del giornale. Intanto, a tutti, grazie di cuore!