A distanza di 32 anni, ripubblicato dal Centro Ambrosiano l'importante testo curato da mons. Giovanni Barbareschi che raccoglie le testimonianze di preti e religiosi che tra il 1943 e il 1945 si impegnarono in prima persona e con grave rischio personale per mettere in salvo ebrei, perseguitati politici, giovani renitenti alla leva della Repubblica di Salò e a sostegno della Resistenza e contro il nazifascismo, contribuendo alla formazione di una nuova coscienza civile e democratica.

Mons. Giovanni Barbareschi

di Luca FRIGERIO

Dopo un’attenta e capillare ricerca, nel 1986 vedeva la luce un’importante pubblicazione dal titolo: Memoria di sacerdoti “ribelli per amore”. Il libro raccoglieva i profili e le testimonianze di quei preti e religiosi della diocesi di Milano che tra il 1943 e il 1945, negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, sotto il regime della Repubblica di Salò e durante l’occupazione tedesca si impegnarono per salvare quanti erano in situazione di grave pericolo (ebrei, partigiani, perseguitati politici, renitenti alla leva forzata, militari alleati evasi dai campi di prigionia), appoggiando a vario livello la lotta di liberazione e contribuendo fattivamente alla formazione di una nuova coscienza civile e democratica.

Oggi, a distanza di 32 anni, quel testo ormai introvabile viene opportunamente ripubblicato dal Centro Ambrosiano, in una nuova edizione aggiornata e con nuovi contributi (informazioni nel box qui accanto).

Curatore dell’opera è monsignor Giovanni Barbareschi, classe 1922, che da seminarista e poi da sacerdote appena consacrato fu protagonista della Resistenza ambrosiana: anima del gruppo scout delle “Aquile randagie”, redattore del giornale clandestino Il Ribelle (con Carlo Bianchi, Teresio Olivelli e altri martiri), assistente religioso delle Fiamme Verdi. A lui si rivolse il cardinale Carlo Maria Martini perché fossero diligentemente raccolte le “memorie”, appunto, di quei sacerdoti che in quei giorni terribili si «ribellarono per amore». E fu lo stesso arcivescovo di Milano a chiarire in che modo debba essere intesa questa espressione, che a prima vista potrebbe forse suscitare un qualche stupore, affermando che «la loro “Resistenza” è stata anzitutto una resistenza morale, la loro “ribellione” è stata la scelta consapevole dell’umano contro il disumano».

«Sono stati preti che hanno educato al senso autentico della libertà – scriveva ancora Martini nella presentazione dell’opera -. La loro Resistenza fu anzitutto un’opera di carità, di ospitalità, di fratellanza. Di questi preti il Vescovo, la Diocesi, possono essere fieri, perché sono stati preti, soltanto preti. Per i loro fratelli si sono sacrificati, hanno rischiato per l’uomo, per il fratello emarginato, sofferente, per l’ebreo, per il forestiero, per l’escluso. Hanno rischiato per il rispetto dei valori, per “farsi prossimo”. Lo testimonia anche il fatto che dopo il 25 aprile ’45 non hanno esitato ad aiutare “gli altri”, i nuovi ricercati, perseguitati, braccati».

Con una sistematica ricerca tra archivi parrocchiali, carteggi, epistolari (un lavoro che lo stesso don Barbareschi ricordava faticoso seppur entusiasmante), dopo aver raccolto numerosissime testimonianze orali e scritte (all’epoca per lo più ancora inedite), la commissione diocesana appositamente costituita raccolse alla fine oltre 170 “memorie” di altrettanti sacerdoti e religiosi che furono coinvolti in prima persona in attività di resistenza e di salvataggio in terra ambrosiana, appoggiandosi spesso alle realtà loro affidate (parrocchie, oratori, collegi, cappellanie…), riuscendo sempre a coinvolgere in questa “ribellione” e in questa testimonianza di carità il loro popolo.

Questa nuova edizione – che è stata presentata lo scorso 20 aprile alla Fondazione Ambrosianeum a Milano – ha permesso anche di apportare qualche correzione e alcune precisazioni, alla luce di nuovi dati e degli studi più recenti. Resta il fatto che questa indagine storica non può certo dirsi completa, e mai probabilmente lo sarà: non per difetto dei ricercatori, ma perché molti gesti di solidarietà, molti interventi d’aiuto, molte azioni anche eroiche e rischiose sono rimaste sconosciute o anonime, note forse soltanto a chi le ha fatte e a chi ne ha ricevuto beneficio. Come ricordava lo stesso cardinal Martini: «I migliori episodi sono certamente nascosti nel segreto delle coscienze e nel cuore di Dio».

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