Inaugurata l’esposizione del dipinto del Perugino. «Lasciamoci interpellare da un’opera d’arte che, con la sua storia di fede, provoca in noi una vita di fede», ha detto l’Arcivescovo
di Annamaria
BRACCINI
Un’opera che, oltre a essere un capolavoro assoluto, è un regalo per la città, i suoi abitanti, i visitatori, i turisti e anche per chi, venendo da lontano, vuole entrare in sintonia con Milano. È in questa logica che arriva al Museo diocesano Carlo Maria Martini «L’Adorazione dei pastori», tavola dipinta dal Perugino nella sua piena maturità artistica. Proveniente dalla Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia, la pala d’altare di grandi dimensioni (263×147 cm) realizzata da Pietro Vannucci, detto il Perugino, resterà visibile, in un suggestivo allestimento, fino al 28 gennaio 2018, nel contesto de «Un Capolavoro per Milano»: iniziativa nata quest’anno dalla felice collaborazione tra il Museo con la direttrice Nadia Righi e la Galleria umbra diretta da Marco Pierini, che sottolineano entrambi il valore della partnership.
“Un Capolavoro per Milano” giunge alla sua decima edizione, come ricorda Ugo Pavanello, presidente della Fondazione Sant’Ambrogio, aprendo l’inaugurazione dell’evento presso la Sala delle Arciconfraternite, alla presenza dell’Arcivescovo, dell’Assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno, il prefetto Luciana Lamorgese e di tanta gente. «Vogliamo cercare e proporre una via alla bellezza che salva, oggi più che mai necessaria», dice, spiegando il valore del Polo museale creatosi attraverso l’integrazione della Basilica di Sant’Eustorgio, il suo Museo, il percorso paleocristiano e i Chiostri con il Mudi.
Del Corno, che rappresenta il sindaco Sala, nota: «L’esposizione di un capolavoro non è una semplice presentazione, ma un’occasione di studio, di ricerca dei significati più profondi che ogni opera porta con sé. Sentiamo un doveroso segno di gratitudine per il Museo e per l’importantissima offerta di cultura che offre alla città». Espressioni condivise da Riccardo Tramezzani, responsabile della MacroArea Milano-Emilia Romagna di Ubi Banca, sponsor, insieme a Trenord, dell’iniziativa che gode del patrocinio dell’Arcidiocesi, del Pontificio Consiglio per la Cultura, di Regione Lombardia e Regione Umbria, dei Comuni di Milano e Perugia.
La storia e il senso del dipinto
Marco Pierini racconta la travagliata vicenda della tavola, commissionata dai frati Agostiniani nel 1502, rimasta incompiuta alla morte dell’artista nel 1523, per la sua complessità e dimensione (contando, in origine, oltre 30 tavole dipinte da entrambi i lati, per un’altezza complessiva di otto metri). Pala smembrata nel tempo, le cui componenti si trovano oggi dagli Stati Uniti alla Francia, mentre un 70% è alla Galleria di Perugia e qualcosa è andato distrutto. Dunque, non solo bellezza pittorica, ma anche storia che racconta un mondo, le mode culturali del tardo Quattrocento e dei primi decenni del secolo successivo, quando Perugino veniva ormai considerato superato a Firenze, dove aveva una fiorente bottega, e si ritirò nella città umbra. Un Perugino essenziale che l’allestimento, attraverso riproduzioni e analisi dei particolari fotografici dell’opera (tra cui uno splendido modellino in scala 1:10 che prospetta come doveva essere l’intero capolavoro dipinto sui due lati), rende pienamente fruibile in un «percorso di avvicinamento» come dice la direttrice Righi nel suo articolato intervento: «Abbiamo scelto questa “Adorazione” perché crediamo che, nella perfezione stilistica, si riveli qualcosa di più, il senso del sacro e il Mistero dell’Incarnazione».
«Il Perugino sa collocarci bene dentro questo Mistero: i tratti decisi e geometrici della capanna ci permettono di riconoscerci immediatamente perché alludono a quel mondo fatto di incastri che è il quotidiano di ognuno di noi. È in questo quotidiano che l’arte riesce ad aprire spazi di contemplazione del Dio che si fa uomo», osserva monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura. «Ciò esprime bene la sintonia tra la Diocesi, il suo Vescovo e il suo Museo. Questa opera vuole essere un dono perché invita a quell’esercizio di contemplazione capace di farci superare lo stress che spesso non ci permette di decifrare dimensioni della vita che, presi dalla frenesia, non vediamo mai», aggiunge Bressan, leggendo un brano dell’omelia dell’ingresso dell’Arcivescovo in cui tornano le parole del motto episcopale «La terra è piena della gloria di Dio»: «Nello sguardo di Maria è davvero uno sguardo e un dono d’amore quello che ci viene svelato. Un capolavoro è un dono per tutti, anche per chi fatica a ricevere doni, come il gruppo di carcerati che abbiamo ospitato di recente al Museo. La vera bellezza che salva il mondo è la carità di condividere il dolore».
L’intervento dell’Arcivescovo
A conclusione, prima di vedere concretamente l’opera allestita al piano superiore della Galleria, è monsignor Delpini che esprime il proprio ringraziamento «per questa iniziativa che, penso, sia come una specie di atto di riparazione per il peccato originario di ogni Museo. Certo, è stato necessario costruire il Mudi, ma anch’esso porta in sé appunto una sorta di peccato perché rende visibili opere che sono state create come un tentativo di unicità e di contemplazione. Il fatto di metterle insieme, in una quantità così rilevante, fa sì che qualcosa di unico diventi parte di una serie, mentre un capolavoro, come singolo contributo, insegna quel percorso che ogni opera pretende per svelare il suo messaggio. Il “Capolavoro per Milano” è un modo per valorizzare un patrimonio che è nato per uno scopo, che non è stato fatto per un museo, ma per aiutare la preghiera e la devozione. La dialettica tra la collezione e il singolo, su cui meritoriamente insiste il Diocesano, è un invito e un aiuto a entrare in quella capacità di vedere, apprezzare, lasciarsi condurre alla spiritualità che fu l’intenzione stessa degli Agostiniani nel volere questa splendida Pala. Vi esorto all’attitudine di lasciarci interpellare dall’opera d’arte che, come storia di fede, provoca in noi una vita di fede».