Nel centenario esatto della prima apparizione della Madonna a Fatima, la statua della Madonna Pellegrina è giunta in Duomo per un’intensa giornata di Celebrazioni e devozione. Prima dell’Eucaristia dedicata ai malati e affollata di migliaia di fedeli, il vicario generale, monsignor Mario Delpini, che ha presieduto la Messa, ha accolto l’effigie sul sagrato della Cattedrale
di Annamaria
BRACCINI
Il Duomo che si affolla già di prima mattina, i tanti malati, anche gravissimi costretti nelle lettighe, che attendono pazienti – con i volontari e operatori dell’Apostolato Mondiale di Fatima, dell’Oftal, Unitalsi, SMOM, AVO, Croce Bianca e delle Cappellanie ospedaliere –, il passaggio della statua della Madonna. E, poi, i fedeli che intonano canti mariani tradizionali in più lingue e i giovani che non ti aspetti e che si inginocchiano con il rosario in una mano e il telefonino nell’altra a scattare foto.
Il 13 maggio è una giornata importante anche per Milano, che vive nel segno della riconoscenza e della devozione il ricordo delle apparizioni della Madonna a Fatima, iniziate esattamente 100 anni fa, il 13 maggio 1917.
La statua della Madonna Pellegrina (in mattinata anche una breve sosta a Palazzo Pirelli della Regione) arriva davanti al grande portale di ingresso del Duomo, incensata dal vicario generale, monsignor Mario Delpini e fa, poi, il suo ingresso nella navata centrale della Cattedrale portata a braccia tra applausi scroscianti. Posta sull’altare maggiore – monsignor Delpini mette tra le mani dell’effigie il rosario donato da san Giovanni Paolo II – in Duomo inizia la Messa alla stessa ora in cui, a Fatima, il Papa avvia la Celebrazione solenne per la Canonizzazione di pastorelli Francisco e Giacinta che videro la Madonna un secolo fa.
«Grazie, Maria, per averci regalato Gesù. Ti pensiamo con in braccio tuo Figlio appena sceso dalla Croce, in Lui abbracci ogni figlio e senti lo strazio di tutte le mamme del mondo. Le tue lacrime attraversano i secoli. Tu conosci il dolore, ma credi che le nuvole non spengano il sole, credi che la notte prepari l’aurora. Maria prega per noi perché arrivi il contagio della speranza vera», dice, in apertura, don Vittorio De Paoli, assistente spirituale nazionale dell’Apostolato di Fatima che concelebra unitamente al responsabile del Servizio diocesano della Pastorale per la Salute, don Paolo Fontana, ad alcuni parroci e responsabili nazionali dell’Apostolato stesso, tra cui don Marco Zanotti che aveva preso la parola sul Sagrato.
Dall’eterna lotta tra le tenebre e la luce, in riferimento alle Letture proprie della Festa della Madonna di Fatima appena proclamate, trae ispirazione l’intensa riflessione di monsignor Delpini che presiede il Rito.
L’omelia del Vicario generale
«Tenebre dello spavento, tenebre che sembrano inghiottire le certezze, consumare le speranza, tenebre dell’angoscia per una diagnosi che decreta cammini di dolori ed esiti catastrofici; tenebre della solitudine, quando la vita o la morte ti porta via le persone che promettevano di essere il tuo rifugio, la tua sicurezza; tenebre della minaccia che spalanca le fauci per divorare i guadagni di una vita o la onorabilità di una posizione faticosamente conquistata. Tenebre di quell’allarme che ti lascia sgomento, di quell’oppressione che toglie il respiro», scandisce, infatti, aggiungendo: «Tenebre della confusione, tenebre in cui i pensieri si aggrovigliano e non si sa cosa pensare nella babele delle opinioni, nell’arroganza di quelli che gridano e pretendono di avere ragione. Tenebre che chiamano male il bene e bene il male, diritto il delitto. Tenebre della morte dove abita la nera signora che non ha pietà di nessuno: arma per spaventare i vivi, per schiacciare con la paura, per costringere alla resa».
Tenebre, tuttavia, destinate a non prevalere perché, come risuona tra le navate, «è apparsa la donna vestita di sole che genera Colui che è la luce del mondo. Una giovane donna, fragile e inerme, una donna del popolo che ha poche parole da dire e molte lacrime da versare: la donna vestita di sole, Maria che ricaccia lontano le tenebre e confida a coloro che la stanno ad ascoltare il segreto per vincerle».
Maria che semina la pace e insegna a pregare; che prega lei stessa nell’angoscia delle cattive notizie, nello strazio degli affetti interrotti, nella minaccia che tutto finisca in un fallimento totale», Maria che ci insegna che nulla è impossibile a Dio. Lei che abita nei nostri cuori e ci fa distinguere il bene dal male, abilitandoci «a un’umile, discreta, paziente testimonianza perché anche altri trovino la luce e giungano alla verità», senza lasciarsi «confondere da quelli che presumono di avere ragione solo perché sono tanti e gridano molto».
Come in quel 1917 tragico e buio di guerra, Maria si è fermata a parlare con tre piccoli, sconfiggendo la paura, così – conclude il Vicario generale – «cento anni dopo, in questi giorni, le parole di Maria, il messaggio di Fatima, la sua intercessione tornano a proclamare la vittoria, a suggerirci la forza, la fiducia, l’audacia per dire, “andate via, tenebre dello spavento”: ha vinto la pace. Andate via, tenebre della confusione, ha vinto la confidenza della verità che si è rivelata in Gesù. Andate via, tenebre della morte: ha vinto la vita. Gesù è risorto».
Infine, la benedizione finale con il Santissimo Sacramento impartita a tutti i malati impossibilitati a muoversi e all’intera assemblea, mentre già i fedeli si preparano a rendere ai piedi della statua la loro preghiera.