Il presidente aclista si associa all’Arcivescovo nel chiedere alla politica «di non dimenticare chi rischia di restare escluso»
«Nella solennità di Sant’Ambrogio l’Arcivescovo Delpini ci invita una volta di più al realismo della speranza, quel realismo che impone di guardare la realtà per quella che è, quella speranza che ci permette di intervenire per cambiarla» commenta il presidente delle Acli Milanesi Andrea Villa a margine del tradizionale Discorso alla Città (leggi qui).
Salomone e Ambrogio
«Il Vescovo ci richiama alle figure di Salomone che chiede al Signore il dono della Sapienza per il buon governo e di Ambrogio, un sapiente che sa riconoscere il bene comune dal male. “Agì assai meglio quell’anziano (…) che convocò gli uomini più autorevoli(…) dichiarando mostruoso il fatto che i forestieri venissero scacciati, disumano chi rifiutava il cibo a un moribondo. Non sopportiamo che i cani siano digiuni mentre mangiamo e scacciamo gli uomini”. L’Arcivescovo invita chi ha responsabilità a coltivare quella sana inquietudine che ci aiuta a tenere alta l’attenzione sulle fragilità e le paure che attraversano la vita delle persone “difficoltà reali che si devono affrontare e non si sa come e la paura dell’ignoto, del futuro”.
«La paura (la mancanza di Speranza) demolisce il senso di comunità e la coesione sociale, la paura – ci ricorda ancora Delpini – induce a chiudersi in se stessi, a costruire mura di protezione per arginare pericoli e nemici, ad accumulare e affannarsi per mettere al sicuro quello di cui potremmo avere bisogno. E ancora nel Discorso alla Città monsignor Delpini usa parole durissime per chiedere a chiunque ha ruoli di responsabilità di mantenere lo sguardo fisso alle necessità dei poveri, degli ultimi, degli “altri”. Ci dice infatti l’Arcivescovo: “La città che corre, la città che riqualifica quartieri e palazzi, la città che fa spazio all’innovazione e all’eccellenza, la città che seduce i turisti e gli uomini d’affari, la città che demolisce le case popolari e costruisce appartamenti a prezzi inaccessibili”. All’organizzazione del lavoro che controlla la produttività e ignora gli orari della famiglia, che controlla l’ottimizzazione delle risorse e ignora la qualità di vita delle persone, che prepara strumenti per valutare la sostenibilità ambientale e ritiene secondaria la sostenibilità sociale».
La speranza autentica
Dice ancora Villa: «Una società giusta – ci suggerisce l’Arcivescovo – deve avere a suo fondamento la speranza autentica, la speranza che non ricerca l’im-munità (come difesa dall’altro) ma la co-munità (come difesa dell’altro). “Il realismo della speranza smaschera l’illusione dell’individualismo, forse la radice più profonda dell’infelicità del nostro tempo”».
«Come Acli – conclude il presidente – ringraziamo monsignor Delpini per queste parole che ci obbligano a interrogarci su quanto quell’inquietudine per il grido degli ultimi abiti ancora il nostro vivere. Quanto attraverso i nostri servizi sociali siamo capaci di farci carico della persona che incontriamo? Quanto le nostre proposte associative accolgono le persone e le famiglie a rischio di esclusione? Quanto le nostre indicazioni alla politica promuovono con forza un progetto di società inclusiva? Come Acli – aggiunge Villa – ci impegniamo a percorrere il cammino di conversione a cui Francesco ci richiama verso un’ecologia integrale e insieme al nostro Arcivescovo chiediamo alla politica di non dimenticare chi rischia di restare escluso, “e gli altri”?».