Il “caso” di Santa Barbara a San Donato spunto per il convegno promosso dall’Ufficio diocesano Beni culturali, introdotto da un intervento dell’Arcivescovo
di Annamaria
BRACCINI
Cosa lega Metanopoli – la città dell’energia, come fu definita – alle Olimpiadi 2026 di Milano Cortina? Un rapporto, anche se forse non immediatamente evidente, esiste ed è quello che il convegno dal titolo «Da Metanopoli alle Olimpiadi 2026» intende illustrare.
Promosso dall’Ufficio dei Beni culturali della Diocesi significativamente nel 60esimo esatto della morte di Enrico Mattei, l’assise si svolge nella sua prima sessione nel salone della Curia, dove l’Arcivescovo propone in apertura la sua riflessione, presenti – tra gli altri – il presidente della Consulta dei Beni ecclesiastici (copromotrice dell’evento) e vescovo di Pavia Corrado Sanguineti, il vicario episcopale monsignor Luca Bressan, il responsabile dell’Ufficio diocesano dei Beni monsignor Giuseppe Scotti, rappresentanti della Soprintendenza per la Città metropolitana e dell’Ordine degli Architetti
Proprio dalla misteriosa scomparsa di Mattei, «che ancora oggi ci interroga», si avvia l’intervento dell’Arcivescovo: «Il mio punto di vista riguarda alcune domande che hanno a che fare con l’intuizione di una città ideale che ha al suo centro la Chiesa, come luogo dove c’è la celebrazione e la preghiera e a cui l’arte e la scienza contribuiscono in modo essenziale».
L’alleanza Montini-Mattei
Così come venne intuita e edificata la grande chiesa di Santa Barbara a Metanopoli, esempio paradigmatico di una felice alleanza, nello specifico, tra il presidente dell’Eni e il cardinale Montini, allora Arcivescovo di Milano:
«Montini trovò in Mattei una persona di grande disponibilità a collaborare con l’urgenza pastorale di edificare nuove chiese attraverso il piano omonimo, che ha lasciato un segno molto significativo a Milano. Mattei fu il presidente della commissione del Piano e questo già dice molto».
Due le questioni fondamentali, che si era poste Montini, citato dal suo attuale successore: «Nel momento in cui si inaugura la Chiesa di Metanopoli, e l’intero complesso, Montini si chiese cosa poteva fare Cristo in quel luogo. “Egli può salvare l’uomo – rispose -, il quale oggi è insidiato dal pericolo della materia, posponendo ai valori di questa, quelli dello Spirito, dai pericoli dell’economia, della tecnica e della ricchezza che mortifica ogni aspirazione ideale e toglie ogni senso di libertà e dignità». Montini intravede in questa nuova chiesa, al contrario, un inizio promettente, per non separare la modernità dalla Chiesa, percependo che due mondi, come scrisse, vengono a contatto e che il cristianesimo non è estraneo a una società in cambiamento di cui la parrocchia di Metanopoli era segno. Mi pare che, in questi 60 anni, la domanda ritorni, più sfiduciata: c’è una speranza per l’umanità e la Chiesa riesce a dire qualcosa per rispondere a questa domanda? Il ritorno di interesse per la spiritualità, a cui pare di assistere, è una via praticabile? È possibile predicare il Vangelo come un abbraccio e, insieme, un giudizio? Ora al centro di Milano cosa c’è».
Una Chiesa riconoscibile, comprensibile, accessibile
Dopo questo primo plesso di domande, un secondo punto viene evidenziato dall’Arcivescovo: «La Chiesa deve essere riconoscibile, comprensibile nel suo significato, accessibile. Questo è un modo in cui la Chiesa svolge la sua missione nella modernità, dando un’anima alla materia. Questa è una sfida che impegna la Chiesa a esprimersi ricercando le parole per dirsi e i segni per farsi capire. In tale contesto, la ricerca è preghiera e la Chiesa è un’arte, frutto di una ricerca nuova che dice l’alleanza tra il cristianesimo e la modernità».
Infine, l’interrogativo fondamentale. «Costruire un chiesa può essere un messaggio per dire che la vita ha una speranza che non delude e che vale la pena viverla?». «Forse questo nostro tempo ci impegna a chiarire le domande senza immaginare di avere una risposta. Auguro che ciò che il convegno vuole studiare, come vicenda paradigmatica, possa mantenere viva la fiducia, coniugando questa stessa con l’emergenza delle domande e credendo che sia possibile un’alleanza tra Chiesa e impresa come fu ai tempi di Mattei».
Un’alleanza – questa – delineata anche da monsignor Bressan: «Noi non ci fermiamo alla commemorazione di una figura che concretizzò la grande idea della città del metano. Siamo qui per rileggere la memoria e per leggere le sfide che abbiamo davanti, ripartendo con nuovo slancio verso il futuro. Montini e Mattei compresero con lucidità lo sviluppo della città e ciò li rende dei profeti, ma ci fa capire che la profezia è il contrario di un discorso astratto».
Il pomeriggio a San Donato
La giornata di studi proseguirà nel pomeriggio a San Donato Milanese, proprio nella chiesa di Santa Barbara. Ai partecipanti saranno rivolti i saluti istituzionali di don Carlo Mantegazza (parroco di San Donato), Francesco Squeri (sindaco di San Donato) e Claudio Descalzi (amministratore delegato di Eni). A seguire, gli interventi di Davide Colombo («I giovani artisti chiamati da Enrico Mattei per la chiesa di Santa Barbara a Metanopoli e Santa Angela Merici in Milano») e di Paola Zanolini («Il restauro del soffitto della chiesa: le Carte dipinte dai Cascella»). In conclusione una tavola rotonda su «L’arte a servizio del culto», condotta da don Giuliano Zanchi, con Alessandro Nastasio, Giovanni Frangi, Gian Riccardo Piccoli e Mario Airò.
Al termine dei lavori si potranno visitare la chiesa e il battistero di Santa Barbara a Metanopoli, oggetto di un recentissimo restauro.
Leggi anche: