Dopo le accuse di doping Jan Ullrich si è ritirato


Redazione

Il vincitore del Tour de France 1997, rimasto senza squadra
dopo il coinvolgimento nella Operacion Puerto, ha lasciato
le corse. «Spiace – dice il direttore di Tuttobici Pier Augusto
Stagi -, perché la giustizia non ha ancora completato il suo corso
e l’eventuale colpevolezza del tedesco dev’essere ancora provata.
Per qualità fisiche e tecniche era più forte dello stesso
Armstrong. Ma non aveva la “testa” dell’americano»

di Mauro Colombo

Il Kaiser ha abdicato. Travolto dalla Operacion Puerto – l’inchiesta spagnola sul doping che l’aveva appiedato alla vigilia del Tour de France 2006 – e rimasto senza squadra, Jan Ullrich, erede dei Grandi di Germania Altig e Thurau e tedesco più vincente in assoluto insieme a Zabel, ha detto basta: a 33 anni appende la bicicletta al chiodo.

Nato nell’ex Ddr, Ullrich appariva un predestinato già tra i dilettanti: vinse il titolo mondiale su strada nel 1993. Un Tour de France (1997, più cinque secondi posti), l’oro olimpico a Sidney 2000, due titoli mondiali a cronometro (1999 e 2001), una Vuelta (1999) e un Giro di Svizzera (2006), le perle di una carriera spesa in perenne lotta con la bilancia e sviluppata quasi interamente sotto le insegne della Telekom (tranne che nel 2003, quando corse con la Bianchi).

Già fermo 9 mesi per anfetamine nel 2003, dopo il coinvolgimento nella Operacion Puerto è stato licenziato dal suo team. «Non ho mai imbrogliato e diverse squadre erano disponibili a mettermi sotto contratto», il moto d’orgoglio nella conferenza stampa dell’addio, durante la quale Ullrich non ha fornito ulteriori spiegazioni circa l’affaire che è al centro anche di un’indagine penale da parte della magistratura tedesca.

«Un abbandono che desta rammarico – rileva Pier Augusto Stagi, direttore di Tuttobici -, soprattutto perché è maturato dopo che Ullrich è stato emarginato dal suo ambiente. È vero che lui ha parlato di sei, sette offerte per continuare a correre, ma probabilmente si trattava di proposte non adeguate al suo livello. E allora ha preferito smettere, per concentrarsi sulla difesa della propria reputazione di atleta, visto che la giustizia non ha ancora completato il suo corso».

Che idea ti sei fatto della Operacion Puerto?
Io rispetto i regolamenti. Da tifoso di Pantani ho accettato che venisse fermato quando superò i limiti di ematocrito, così come considero giusto revocare il Tour a Landis, nelle cui urine sono state rinvenute tracce di sostanze dopanti (al di là dei vizi di forma nei controlli a cui si stanno aggrappando i suoi legali). Ma nell’inchiesta spagnola non ci sono elementi di prova: ci sono sacche di sangue con alcuni numeri, pseudonimi, nomi in codice automaticamente collegati a questo o a quel corridore contro cui ci si è accaniti (mentre altri nomi in codice sono stati bellamente ignorati…). Una vicenda che dimostra la pochezza della giustizia sportiva, gestita male dalla Uci e ancor peggio dalle squadre Pro Tour, che hanno escluso alcuni corridori dal Tour de France sulla base di semplici sospetti. Ullrich si batterà ora per dimostrare la sua estraneità, ma l’indagine deve ancora provare la sua colpevolezza.

Una carriera, quella di Ullrich, che poteva raccogliere di più…
In tredici anni di professionismo ha dimostrato di avere un grandissimo motore e un talento indiscutibile, che gli ha permesso notevoli performances su tutti i terreni. Per qualità fisiche e tecniche considero Ullrich più forte dello stesso Armstrong. Ma non aveva la “testa” dell’americano: per questo, durante il periodo invernale, non sapeva gestirsi e accumulava quel sovrappeso poi difficile da eliminare. Con buona pace di chi pensa che, grazie al doping, un campione si possa costruire in laboratorio: la testa, se non ce l’hai, nessun laboratorio te la può costruire…

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