In un volume di Paola Abbiezzi, docente della Cattolica, "teorie, storie e generi" del fenomeno sportivo visto dai media


Redazione

03/03/2008

di Alessandra BOGA

L’osservazione dello sport nei media rappresenta una novità se inserito nelle scienze sociali e soprattutto negli studi riguardo al rapporto esistente tra l’«apparato costruttore di senso» e alcuni influssi culturali presenti nella società attuale. Solitamente è trattato solo superficialmente e come genere di poca importanza.

La televisione dello sport. Teorie, storie, generi, di Paola Abbiezzi – ricercatrice e docente presso l’Alta Scuola in Media Comunicazione e spettacolo dell’Università Cattolica – è una ricerca in cui si affronta il tema sotto un duplice aspetto: teorico nella prima parte, attraverso l’esplorazione di come l’ambito scientifico, attraverso le sue pubblicazioni, si è occupato fino a oggi del fenomeno, in modo più o meno diretto; storico nella seconda, analizzando con maggior specificità i generi e i formati proposti attualmente dalla televisione.

Lo scopo è quello di evidenziare i punti comuni – nel modo di comunicare e nel linguaggio – che permettano di comprendere come essa tratti la prestazione sportiva, in particolar modo nei suoi aspetti di preparazione, performance e celebrazione, delineandone dunque la complessità e consentendo di prevedere gli eventuali sviluppi dell’indagine. Inoltre, il fatto che lo sport professionistico sia un prodotto calato nella dimensione sociale, implica l’incidenza su questo di fattori economici, persino politici nella sua organizzazione e, appunto, di tipo mediale.

Il primo capitolo riguarda proprio il valore etico e sociale dello sport – poiché anche qui vi è un aspetto di «negoziazione», «rappresentazione» e «disseminazione» -, che è caratterizzato da un messaggio semplice e universale. Non va considerato come un prodotto soltanto piacevole nella sua «messa in scena», ma «in grado di trasmettere significati più profondi, il suo volto, la sua anima», in modo che esso sia per la società un autentico veicolo educativo di valori, come la comprensione reciproca, la risoluzione pacifica dei conflitti, il dialogo, il rispetto dell’altro nel suo essere persona, la difesa dell’altro, il perdono, la sensibilità culturale e artistica, il rispetto della verità, il primato dei valori spirituali su quelli materiali, l’onestà, ecc. Pertanto non può fare a meno di inserirsi nelle dinamiche che costituiscono una «televisione di qualità».

Il secondo capitolo è dedicato alle modalità di trattare lo sport da parte di diverse discipline, utilizzando quindi un approccio multidisciplinare. Il che permetterà di notare quanto queste non costituiscano ancora un corpus organico di «media sport studies» e che nondimeno si è cercato di costruire nel testo.

Il terzo indaga le implicazioni economiche, legislative e linguistiche che sottendono le produzioni televisive dello sport e permette di capire come l’evoluzione della televisione italiana abbia molti contatti con esso, dal momento che il panorama radiotelevisivo nostrano è mutato anche grazie allo sport. Questi elementi comuni sono presenti anche nell’era delle nuove tecnologie, come la comparsa della tv satellitare a pagamento, il digitale terrestre.

Infine, il quarto e ultimo capitolo illustra i contenuti del prodotto televisione dello sport e dei suoi diversi generi, che vanno dall’informazione all’intrattenimento.

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