Redazione

Ventiquattro anni fa, giusto di questi tempi, il poco più che diciottenne Beppe Bergomi si aggregarsi alla comitiva azzurra in partenza per i Mondiali di Spagna. «Arrivavo da un campionato molto positivo nell’Inter, con cui avevo appena vinto la Coppa Italia – ricorda -. Avevo già esordito in Nazionale a Lipsia, in un’amichevole persa con la Germania Est, ma essere convocato per un Mondiale a 18 anni… Beh, l’emozione era tanta».

Tanta da non avvertire quasi il peso della prima fase, disputata a Vigo contro Polonia, Perù e Camerun, tra difficoltà e polemiche: «Vedevo i miei compagni molto tesi, nervosi, e questo stato d’animo si traduceva in prestazioni non esaltanti». La svolta nel passaggio da Vigo a Barcellona, dove ci attendevano l’Argentina campione in carica e il Brasile principale favorito.

Si è parlato molto del fresco della Galizia, che preparò al meglio gli azzurri per le sfide nella canicola catalana. Ancor più si è detto della molla psicologica scattata all’interno del gruppo, soprattutto dopo il silenzio-stampa deciso per protestare contro alcuni articoli particolarmente offensivi. Bergomi la vede diversamente: «Sicuramente questi fattori influirono. Ma il fatto è che noi italiani, quando dobbiamo vedercela con avversari più forti e contro ogni pronostico, riusciamo sempre a dare il meglio. Allora andò così. Senza contare che la nostra squadra, in ogni caso, era ricca di campioni».

Battuta l’Argentina, nel big-match con i carioca la Nazionale ritrovò i gol di uno di quei campioni, Paolo Rossi, e scoprì in difesa un ragazzo che giocava con la maturità di un veterano: «Al 34’ del primo tempo si infortunò Collovati e Bearzot disse che toccava a me. Mi trovai a marcare Serginho, elemento magari non molto “brasiliano” dal punto di vista tecnico, ma grande e grosso. Questo mi procurò qualche difficoltà, ma riuscii a neutralizzarlo e Rossi fece il resto…».

In semifinale, replay della partita con la Polonia. Con Gentile squalificato, Bearzot si affidò nuovamente a Bergomi: «Il mio uomo era Lato e andò decisamente meglio, perché lo superai sul suo terreno, la velocità. Tutto sommato, una partita abbastanza semplice». In finale con la Germania, Bergomi fu confermato titolare anche senza infortuni e squalifiche, con un incarico tutt’altro che da comprimario: «Stavo su Rummenigge e lo bloccai bene. Onestamente, però, devo dire che Kalle non era al massimo a causa di un risentimento muscolare».

Il 3-1 del Bernabeu – deciso dall’opportunismo di Rossi, dall’urlo di Tardelli e dal guizzo di Altobelli – è naturalmente ancora vivo nella memoria di Bergomi: «Una gioia incredibile, credo il massimo che possa provare un calciatore. Per me, poi, che avevo 18 anni e che ero appena alla seconda stagione ai massimi livelli, tutto questo veniva ulteriormente moltiplicato. Al punto che certe sensazioni le ho assaporate meglio qualche anno più tardi. Ma ancora oggi, se rivedo la consegna della Coppa, il giro del campo, la stretta di mano a Pertini, mi vengono i brividi…».

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