Redazione
Prima di ritirarsi l’americano punta a conquistare la settima
maglia gialla consecutiva. Ma il varesino vuole confermare
i progressi e la crescita fatti registrare negli ultimi anni:
il terzo posto dell’edizione del 2004 non gli basta più
di Mauro Colombo
Al Tour de France partecipano ventuno squadre, ciascuna con nove corridori, per un totale di 189 partenti: oltre alle venti del circuito ProTour, l’unica wild-card è rappresentata dalla francese Ag2r. Gli italiani sono 27, divisi in quattro squadre: Domina Vacanze, Fassa Bortolo, Lampre-Caffita, Liquigas-Bianchi. Gli occhi di tutti sono puntati su Lance Armstrong.
Nella sua seconda vita, quella seguita alla vittoriosa battaglia contro il cancro, il texano non solo ha battuto tutti i record del Tour, ma ha anche inventato un nuovo modo di correre la Grande Boucle.
Negli anni precedenti il palcoscenico aveva ospitato le performances di Miguel Indurain, che dominava sul piano con il grande rapporto e in montagna saliva regolare, senza strappi e con il suo passo.
Armstrong, invece, si è imposto con una pedalata più agile, ma moltiplicata a frequenze infernali per il resto del gruppo: con il ritmo ha finito per stroncare anche chi faceva dello scatto repentino la sua arma migliore. Se Indurain in salita si limitava alla difesa, Armstrong può permettersi di attaccare e di provare la fuga, solitaria o con poca compagnia.
Sono nati così i suoi sei successi dal 1999 a oggi, che hanno chiuso la bocca anche a chi faticava a considerare fuoriclasse chi corre solo il Tour. Proprio la malattia che l’ha colpito e la cura che ha dovuto affrontare ne hanno probabilmente mutato la fisiologia e l’hanno persuaso a puntare a obiettivi selezionati e prestigiosi.
Armstrong aveva lasciato più di un dubbio sulla sua partecipazione al Tour 2005. Sembrava appagato, dopo la striscia di vittorie allungata fino al record nel 2004. Invece ci sarà anche quest’anno, per l’ultima volta, alla ricerca di un sensazionale “settebello” in giallo prima del ritiro. A rovinargli i piani proverà Ivan Basso, che ha in testa un’idea meravigliosa: il varesino ha la stessa età (28 anni) a cui sia Indurain che Armstrong hanno vinto il loro primo Tour…
Paradossalmente “grazie” al calvario patito nella tappa dello Stelvio, Ivan è uscito dal Giro con un profilo di personaggio più popolare, ma anche con il rammarico che, senza quell’indisposizione, la corsa avrebbe potuto essere sua. La sua crescita in Francia – culminata con il terzo posto finale a Parigi nel 2004 – e’ stata continua e promettente. Armstrong lo rispetta come avversario credibile: l’anno scorso Ivan gli ha tenuto testa e l’ha anche messo in difficoltà in salita; quest’anno è notevolmente migliorato anche a cronometro.
La classifica attende altri protagonisti. Se mancherà il duo-Lampre formato da Cunego (fermato dai postumi della mononucleosi) e Simoni, dalla Germania ecco Kloden, secondo lo scorso anno e oggi forse più pericoloso di Ullrich.
L’americano Julich (compagno di squadra di Basso) ha già fatto bene al Tour negli anni scorsi. Dopo un periodo buio, è tornata a brillare la stella dello spagnolo Aitor Gonzales, vincitore del recente Giro di Svizzera. Da non dimenticare Popovych (che non ha corso il Giro), Vinokourov, Botero e Honchar.
Tra gli italiani, il Falco bergamasco Paolo Savoldelli, vincitore del Giro, sarà luogotenente di Armstrong alla Discovery. Stefano Garzelli, affiancato da Cioni e Pellizotti, è atteso al riscatto dopo il ritiro dal Giro. Dario Frigo punta apertamente a una vittoria di tappa.
Orfane di Zabel, di Petacchi e del campione del mondo Freire, le volate vivranno dei duelli fra McEwen, O’Grady, Hushovd, Backstedt e il crack belga Tom Boonen. Ai traguardi di giornata potranno puntare il figlio d’arte Axel Merckx, lo spagnolo Flecha, rivelazione dell’ultima Roubaix, e il francese Rous.
A proposito dei francesi, loro è il primato assoluto di Tour vinti (36). Ma mancano l’appuntamento con la maglia gialla a Parigi esattamente da vent’anni (Hinault, 1985) e tutto lascia credere che il digiuno proseguirà anche quest’anno. Rimangono le consolazioni parziali della maglia a pois di miglior scalatore (Richard Virenque se l’è aggiudicata sette volte) e il traguardo del 14 luglio, festa nazionale, per il quale sarà certo battaglia.