In occasione della 43esima Giornata Nazionale per la Vita, l'Arcivescovo ha presieduto la Messa nella Cappella dei Santi Innocenti, interna alla clinica Mangiagalli. Al termine, la benedizione delle tradizionali primule e lo scoprimento della targa in memoria della fondatrice del Cav della Clinica, Paola Bonzi

di Annamaria BRACCINI

STE_0938

Una Giornata «che sia una sveglia per chi dorme, per chi si è rassegnato e per le Istituzioni. Mi piacerebbe che questo tema non fosse sottotraccia nella sensibilità comune. Forse questa città e questa Regione hanno bisogno di qualche segno».
Ě questo l’auspicio – che si fa speranza – dell’Arcivescovo che, in occasione della 43esima Giornata Nazionale per la Vita, presiede la Messa nella Cappella dei Santi Innocenti, interna alla clinica “Mangiagalli”. Concelebrano i 4 cappellani della Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, presenti, tra gli altri, il presidente della Fondazione stessa, Marco Giachetti, la direttrice Centro di Aiuto alla Vita della Clinica, Soemia Sibillo e il segretario, Francesco Miglarese. A porgere il saluto di benvenuto iniziale è don Giuseppe Scalvini, che dice: «Ě sempre una gioia ritrovarci insieme. La Giornata ci ricorda che, essendo tutti viventi, abbiamo bisogno di essere radicati in qualcuno più che in qualcosa per trovare il senso della nostra vita e della responsabilità di essere custodi gli uni degli altri».
A tutti, personale, volontari del Cav della Clinica – alla fine della Celebrazione viene scoperta una targa in ricordo di Paola Bonzi che ne fu fondatrice -, mamme con i loro bebé, si rivolge il vescovo Mario che parla dei nemici della libertà e dei loro disastri.

L’omelia dell’Arcivescovo

Quei nemici che dicono agli altri: «“Vai dove vuoi, ma non venire una casa mia. Mangia quello che vuoi, ma non chiedermi un pane. Stai con chi vuoi, ma non pretendere che di stare con me”. Una voce molto forte nell’epoca contemporanea, nel tempo in cui la legge che ha reso legale l’interruzione della gravidanza è stata proposta, sostenuta, e, infine, recepita».
Nemici che, talvolta, si presentano come i difensori della libertà, ritenendo «che la legge debba essere l’indifferenza e che la condizione di vita debba essere la solitudine; che pensano a difendere dogmi e principi piuttosto che interpretare la storia delle persone». Come se la vita fosse una cosa semplice, «come un binario su cui basta continuare ad andare avanti seguendo le rotaie e stando attenti a non deragliare».
«I nemici della libertà, che siano i difensori dell’autoritarismo o promotori dell’individualismo, continuano a produrre guai e disastri». Disastri come «le donne sole che sono travolte dai drammi della loro vicenda e sono smarrite, che si fanno del male e ne portano le ferite per tutta la vita, perché non hanno avuto quella compagnia, presenza, quell’aiuto che avrebbe potuto dissuaderle.. Storie complicate generano situazioni complicate, famiglie disfatte, persone disturbate e le Istituzioni, travolte dall’enormità dei bisogni creati da questi disastri, costatano di non avere risorse sufficienti per porre rimedio. Disastri che fanno vacillare le Istituzioni preposte al bene comune».
Ma (per fortuna) ci sono anche gli amici della libertà. Per questo «la terra continua a vivere, perché ci sono persone che, pur tra le lacrime, continuano a sorridere e che, pur nelle prove, continuano a resistere».
Amici della libertà che cercano di non lasciare nessuno da solo e dicono: «“Puoi fare quello che vuoi. Ma che cosa vuoi? Ascolta il tuo cuore e cosa dice il tuo corpo. Ascolta che cosa dice la promessa che rende desiderabile vivere e dare vita. Che cosa vuoi? Vuoi il bene o il male per il tuo bambino?” Gli amici della libertà sono quelli che dicono: “Non si può fare tutto, però qualche cosa si può fare. Non si può avere tutto, ma quello che è necessario si può trovare. Nessuno può stare al tuo posto, ma noi possiamo stare al tuo fianco. Non lasciarti travolgere dalla paura: noi possiamo aiutarti”».
“Amici” che non sono nemici di nessuno, ma non sono nemmeno «innocui, timidi, insignificanti e non hanno paura di disturbare; che anche quando disturbano, è per svegliare chi dorme, è per attirare l’attenzione di chi è distratto, è per mostrare la cecità di chi non vuol vedere i disastri e si sente imbarazzato a dover riconoscere i propri errori. Gli amici della libertà sono convinti che di fronte ai disastri c’è sempre una via promettente, quella indicata dal Vangelo: “Continua ad amare”».
Poi, a conclusione della Messa, la benedizione delle pianticelle di primule coloratissime – un segno ormai tradizionale della vita nascente e della primavera, nato proprio nel Cav della “Mangiagalli” circa 20 anni fa – e lo scoprimento della targa in memoria di Paola Marozzi Bonzi, fondatrice del Cav, che in 36 anni di attività, ha permesso a 23.753 bambini di nascere. “Quando un bambino non nasce, questo bambino mancherà a tutti noi”, amava dire la fondatrice – alla cerimonia sono presenti il marito e altri parenti – , con parole che sono incise nella targa in suo ricordo.
«Questa testimonianza di Paola continui a fiorire, a portare frutto, e segnare un’alleanza per affrontare i problemi», sottolinea, esprimendo incoraggiamento e gratitudine, il vescovo Mario che, infine, visita i locali del Centro.
Qui l’incontro è anche con 2 mamme, Mirella e Olga, accolte e i loro bimbi, mentre Rita, il cui parto è previsto tra una settimana, dice: «devo dire grazie a chi mi ha aiutato a non commettere un errore grandissimo». Doveva esserci anche Giada, ma, da poco, è stata portata in Sala Parto.
Viene distribuito il messaggio dell’Arcivescovo per la Giornata, in occasione della quale viene anche proposto di offrire un contributo per sostenere il progetto della Casa di accoglienza che il Cav “Mangigalli” sta realizzando in collaborazione con la Comunità parrocchiale di Sant’Ambrogio.

Ti potrebbero interessare anche: