Un dialogo immaginario alla base della guida pubblicata per far conoscere le radici e la memoria del quartiere milanese
di Silvio
Mengotto
Un proverbio africano dice: «Per crescere un bambino ci vuole un villaggio»: vale a dire una rete di persone che ricordano e tramandano la storia, la vita, la memoria del villaggio dove ancora vivono gli antenati. Oggi il «villaggio» è il quartiere, dove il tempo e la storia di chi ci ha vissuto hanno trasformato i luoghi, gli spazi, le piazze, le vie, la cultura, le abitudini.
Alla radice della guida Il mio quartiere si chiama Precotto troviamo proprio il proverbio africano, da molti anni slogan dell’Associazione GenitoriAttivi dell’Istituto comprensivo Italo Calvino, che l’ha pubblicata per i cittadini e i ragazzi del quartiere. L’Associazione partecipa al progetto Scuole Aperte del Comune di Milano e vede i genitori come “attori” e non “clienti” della scuola. Le sue attività operano affinché la scuola diventi un punto di riferimento per i cittadini del quartiere.
Ferdinando Scala, Giovanna Baderna e Giulia Croce sono gli autori di questa preziosa guida, che propone diversi itinerari da percorrere con i propri familiari o con la propria classe. La guida non può essere uno stuzzicante episodio, bensì il punto di partenza per «scoprire il passato, ma anche per imparare a guardare le cose, essere curiosi, cercare informazioni, chiedere a chi è venuto prima di noi di raccontarci quello che non abbiamo potuto vedere». Il Rotary Club Milano Precotto San Michele, le cooperative San Filippo Neri e 1° Maggio Precotto e il Comitato di quartiere Precotto sono tra i 12 sponsor della pubblicazione.
Nella guida un “nonno” virtuale accompagna il nipote o la nipote a visitare la Curt di Pissat, l’ex gendarmeria austriaca con l’effigie dell’aquila sul portone di legno, la vecchia canonica, l’angolo dove si trovava l’antica Osteria dei Villa, la Curt di campee (la straordinaria cascina ristrutturata dei Merlin, con l’effigie viscontea all’entrata), il parco della chiesetta della Maddalena con i suoi affreschi attribuiti alle scuole di Luini e del Bramante (XVI secolo), le cooperative San Filippo Neri (cattolica) e la 1° Maggio (socialista), la chiesa di San Michele Arcangelo con i preziosi dipinti di Luigi Morgari. Per concludere, la scuola elementare “Antonio Rosmini” dove, nel tragico bombardamento del 20 ottobre 1944 (nel quartiere confinante di Gorla morirono più di 170 bambini della scuola elementare), don Carlo Porro salvò la vita a tutti gli alunni sepolti vivi nel rifugio antiaereo. Proprio alcune insegnanti di questa scuola, grazie al loro spirito di iniziativa e alla voglia di conoscere le proprie radici, da tempo organizzano visite guidate con le classi tra le vie del quartiere.
La guida offre una modalità per consolidare, o scoprire, il senso di appartenenza e la valorizzazione delle proprie radici. «In un periodo complesso come quello che stiamo vivendo – scrive Laura Galimberti, assessora all’Educazione e istruzione del Comune di Milano – le città si ridisegnano proprio a partire dai propri quartieri. La vita urbana privilegia relazioni e servizi di prossimità».
«Grazie nonno – si congeda il nipotino o la nipotina virtuale –. Mi hai raccontato un sacco di cose belle e interessanti. Con questo libro posso tenerle a mente e poi andrò a raccontarle alla mia maestra».