Con un percorso a distanza il centro diurno Chora continua a seguire i 14 ragazzi che lo frequentano in accordo con i servizi sociali. Attività didattica e giochi di gruppo online
di Marta
ZANELLA
Teresa frequenta una scuola media del quartiere di Villapizzone, periferia di Milano. Da quando la scuola è chiusa, anche i suoi insegnanti hanno attivato le videolezioni. A casa non ha il computer e lei si collega con il cellulare. Ma il suo piano tariffario prevede una connessione con un limite di dati piuttosto basso, e lei deve centellinare ogni altra attività per non arrivare a metà mese e non poter più seguire le lezioni.
Teresa (il nome è di fantasia) frequenta il centro diurno per minori Chora gestito dalla cooperativa Farsi prossimo con sede in piazza Villapizzone a Milano, che segue, in accordo con i servizi sociali, 14 ragazzi in età da medie e superiori con contesti o famiglie fragili alle spalle, e li accompagna con un piano educativo individuale pensato per ciascuno. Esattamente come i famosi Pei della scuola. Anche i centri diurni però sono chiusi. E i ragazzi, a casa da scuola, restano anche senza il loro progetto educativo. Il centro diurno Chora è chiuso fisicamente, ma gli educatori continuano a seguire virtualmente i suoi giovani.
«Si parla di “didattica a distanza”, ma il nostro lavoro attualmente è un “percorso educativo a distanza” – racconta Roberto Vavassori, educatore del centro Chora -. Seguiamo i ragazzi nei compiti e nel supporto allo studio, abbiamo organizzato momenti di aiuto sia in gruppo, sia individuali, ma andiamo molto più in là». Gli educatori usano piattaforme di videochiamate collettive per garantire la comunicazione in gruppo. Si sono organizzati in gruppetti più piccoli rispetto al totale dei ragazzi, sei o sette persone per volta, e insieme svolgono esercizi o compiti quando i ragazzi appartengono a una stessa classe, oppure propongono la lettura di un brano o di un articolo di giornale e lo commentano insieme. Qualche volta osano anche la recensione di un libro o il commento di una poesia.
Ma non solo scuola. Al centro Chora, prima del coronavirus, i ragazzi imparavano a stare insieme anche al di là dello studio. C’era il pranzo insieme, e ognuno aveva l’impegno di apparecchiare e sparecchiare, c’erano i turni, le regole. C’erano anche attività di gioco e laboratori. Adesso si tratta di stimolarli in attività concrete a casa. Sempre in collegamento, si fanno laboratori di cucina, attività fisica o giochi di gruppo. Per non stare troppo attaccati agli schermi, perché – dicono i genitori – tra lezioni e compiti ce n’è già abbastanza.
«Una ragazza che fa scuola di pasticceria ci ha guidati in un laboratorio di panificazione. Proponiamo attività di ginnastica e palestra in casa. Lanciamo anche alcune challenge – racconta Roberto -. Ad esempio, una settimana abbiamo scelto come tema il mare e tutti hanno scattato una propria foto in versione estiva. Riusciamo anche a organizzare giochi di gruppo». Ma Teresa non ha partecipato. «Proprio come nelle classi, anche in questi gruppi educativi c’è il problema di perdere i ragazzi. Non sempre riusciamo ad avere il gruppo fisso, dipende dagli orari delle lezioni dei ragazzi, o dai problemi di linea. Con Teresa possiamo solo telefonarci o aiutarla nei compiti scambiandoci le foto, non può sprecare i dati. È costretta a scegliere delle priorità». E loro la accompagnano anche in questo.