Lo promuovono Ccl, Delta Ecopolis e Politecnico. Avrà l’obiettivo di monitorare le dinamiche di convenienza all’interno del mercato immobiliare
Milano, mentre si fregia di attrarre capitali, funzioni e persone, è ancora in grado di realizzare la promessa dell’ascensore sociale? Quanto dovrebbero aumentare gli stipendi se i prezzi delle case salgono – secondo stime – del 39% in cinque anni? Qual è uno stipendio “decente” se i valori immobiliari si accompagnano, in una rincorsa cinica, all’aumento dei prezzi di tutto il resto? E, soprattutto, che fine farà chi non ha accesso agli impieghi più remunerativi o è disoccupato?
Da questi interrogativi nasce l’Osservatorio Casa Affordable (Oca) di Milano Metropolitana, presentato oggi e promosso da Ccl – Consorzio Cooperative Lavoratori, Delta Ecopolis in partnership con il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DAStU) del Politecnico di Milano.
Oca avrà un obiettivo ben preciso, monitorare le dinamiche di affordability (convenienza) nella città metropolitana di Milano e dare una restituzione annuale, tramite un rapporto che verrà presentato ogni anno in primavera, grazie all’attività di ricerca condotta da DAStU, coordinata da Massimo Bricocoli (professore di Politiche Urbane e Housing e direttore DAStU Politecnico di Milano) e da Marco Peverini (assegnista di ricerca DAStU Politecnico di Milano) in collaborazione con il Mapping and Urban Data Lab (MaudLab) e un comitato interdisciplinare e internazionale.
Per un’idea di giustizia sociale
«L’idea di promuovere Oca è nata dall’osservazione di quanto stiamo vedendo e di ciò che non vorremmo vedere: il modello di città in cui la dimensione della redditività immobiliare si afferma come pensiero dominante sta drammaticamente mostrando la corda nelle metropoli americane – afferma Alessandro Maggioni, presidente di Ccl -. Il divario tra ricchi e poveri aumenta e il ceto medio si vede costretto a essere espulso da tessuti urbani attrattivi. Essendo convinti che una città giusta sia quella in cui convivano case e funzioni per i più abbienti e case e servizi per i lavoratori di cui la città necessita, riteniamo sia utile avere periodicamente un riscontro oggettivo che, al di là delle narrazioni spesso autoassolutorie, riporti tutti al dato del reale. Per costruire, su questo reale, una prospettiva che disegni una città impostata a un’idea concreta di giustizia sociale».
A Milano, la crescita impetuosa dei costi abitativi in affitto e in vendita in proporzione ai redditi disponibili – quella che si può definire housing affordability – e la conseguente competizione indotta nell’accesso alla casa, ha fatto sì che si creasse una faglia tra categorie sociali “vincenti” e “perdenti” nell’economia metropolitana. Senza dubbio l’aumento dei valori immobiliari, riflesso della crescita della rendita urbana, è in buona parte dovuto agli ingenti investimenti effettuati sulla città da attori pubblici e privati: fondi immobiliari, imprese e famiglie che acquistano e sviluppano immobili per investimenti, ma anche persone che modificano il loro progetto di vita attratti dal capoluogo lombardo. Inevitabilmente questa attrazione di risorse finanziarie e umane si riflette nell’aumento dei costi abitativi, conducendo di conseguenza a condizione di esclusione per ampie fasce di popolazione meno abbiente e di ceto medio.
I dati
A riprova di tutto ciò qualche numero è già stato rilevato da Oca: per quanto riguarda gli affitti il livello medio ha raggiunto il costo di circa 240€/mq annui, mentre lo stock di alloggi di proprietà di Aler e Comune di Milano offerto a costi bassi si ferma al 10% del totale, diminuito in maniera consistente dopo i piani di vendita. Ma costi abitativi così alti sono ancora più preoccupanti a fronte dei salari medi e della composizione dei redditi, che vede quasi il 60% dei percettori di reddito al di sotto di 26 mila € l’anno e il 35% al di sotto dei 15 mila. A ciò si aggiunge un tasso di disoccupazione pari al 5,8% e un mercato del lavoro segnato da contratti a tempo determinato e da stipendi contenuti per molte fasce di lavoratori, soprattutto nel campo dei servizi. In proporzione alla crescita dei costi abitativi si accompagna l’aumento dei nuclei familiari che cercano casa fuori dal confine comunale, dove risiede (e pendola su base giornaliera) già quasi la metà dei lavoratori milanesi.
«La cosiddetta affordability, ovvero il rapporto tra costi abitativi e capacità economica, influenza la qualità della vita e la giustizia sociale e spaziale delle città – aggiunge Massimo Bricocoli -. Il peso della casa sui redditi degli abitanti indica quanto una città è realmente aperta e accessibile a nuovi cittadini, specialmente a basso e medio reddito. Se il successo di una città si misura attraverso l’aumento dei valori immobiliari, questo avviene a scapito di una visione in cui la città è piattaforma aperta per la crescita e il miglioramento personale. A Milano non solo i poveri e i giovani faticano a trovare casa: la collocazione sul mercato del lavoro di figure professionali anche qualificate si scontra con una crescente difficoltà di trovare alloggi a costi accessibili e a godere di una qualità della vita accettabile. Per questo, come accade in altre città europee in fase di crescita, è fondamentale raccogliere dati sulle spese abitative e sui redditi per restituire pubblicamente la dimensione del problema e supportare azioni e progetti che sappiano rendere Milano più aperta e inclusiva».
Il confronto con altre città
Confrontare Milano e altre città europee consente di mettere in evidenza dinamiche analoghe di tensione del mercato immobiliare, ma rivela come altre città – altrettanto attrattive – abbiamo attivato programmi di contenimento degli affitti e di promozione di un’offerta di alloggi a costi più accessibili per ampie fasce di popolazione (come indagato dalla ricerca di dottorato How to promote rental housing affordability in European cities?, finanziata da Ccl e condotta da Marco Peverini nel dottorato di Urban Planning, Design, and Policy di DAStU Politecnico di Milano).
Basti pensare alla città di Vienna: circa +400 mila abitanti in 20 anni, rispetto a circa +100 mila di Milano, ma è riuscita a mantenere il livello degli affitti molto più basso. Affittare presso privati a Vienna costa mediamente circa 120€/mq annui (da intendersi spese incluse), risultato raggiunto grazie al controllo degli affitti (attivo su circa il 15% dello stock) e a un mix di politiche fondiarie funzionali all’espansione dell’offerta accessibile in affitto permanente – soprattutto edilizia municipale (20% dello stock) e promozione di cooperative indivise (20%) – tale per cui circa il 50% delle case in affitto nella capitale austriaca si attestano su canoni intorno a 90€/mq annui.