Il racconto virtuale di una lotta quotidiana da cui il giovanissimo Paolo è uscito vincitore

di Maria Teresa ANTOGNAZZA
Redazione

Tutto è cominciato con un blog. Passione di tanti, ma soprattutto dei giovanissimi, abili navigatori nello spazio cibernetico, assetati cercatori di novità e svaghi sul web. Così è stato anche per Paolo. Duramente colpito da uno di quei brutti mali che ti possono gettare a terra, incapace di reagire allo sconforto e al dolore più profondi, il ragazzino di Venegono Inferiore ha lottato tenacemente per buttare il cancro fuori dalla sua gamba malata. E, per uscire vincitore dallo scontro, non ha esitato a chiedere aiuto all’amico computer. Con sempre vicino “l’angelo custode”, incarnato sapientemente da mamma e papà, il ragazzino si è gettato a capo fitto nel racconto virtuale, giorno per giorno, del suo lungo calvario. Attraverso i post pubblicati su ilpaolino.blog ha condiviso con il mondo il suo durissimo viaggio.
Viaggio che lo ha condotto, attraverso un anno intero, dall’estate 2008 alla fine dell’estate 2009, dentro e fuori da corsie di ospedale, dove ha subito pesantissimi cicli di chemio e diverse operazioni alla gamba malata. Giorno dopo giorno, il blog è diventato il suo inseparabile compagno di “avventura”, luogo speciale dove raccontare il diario degli appuntamenti medici e delle cure, ma anche dove sfogare la noia, confidare le speranze e le angosce, salutare gli amici e conoscerne di nuovi, confessare progetti in un futuro che non ha mai cessato di profilarsi all’orizzonte.
Un modo concreto e lineare, in perfetto stile adolescenziale (anche se la mamma di Paolo era la prima a stupirsi della trasformazione “letteraria” del suo bambino, che nei tanti anni di scuola non aveva mai tenuto in mano volentieri una penna per raccontarsi…), per non subire quanto gli stava accadendo ed essere sempre protagonista della “scalata” che lo attendeva ogni mattina al suo risveglio. «Era anche questo un modo per passare il tempo e per distrarsi da quanto di brutto gli stava accadendo», racconta il papà Piercarlo.
Il computer come amico, dunque. Amico prezioso anche quando, forzatamente lontano dai banchi di scuola perché sempre alle prese con cure mediche e operazioni chirurgiche, Paolo riuscì a “frequentare” la terza media a distanza, grazie a un collegamento informatico che lo portava virtualmente in classe in alcuni momenti della giornata. Lui, sdraiato sul divano di casa o costretto nel letto d’ospedale, portava la dura realtà del dolore e della malattia a diretto contatto con le vite “normali” dei suoi compagni, costringendoli in qualche modo a fare i conti con un aspetto dell’esistenza duro e doloroso e accompagnandoli così – involontariamente – a diventare grandi.
«Ci sono stati momenti difficili in classe – raccontano i suoi insegnanti -, con alcuni compagni che non riuscivano più a seguire la lezione quando c’era Paolo connesso. Troppo forte l’emozione di vederlo senza capelli, di sentirlo presente in quella condizione di malattia… Qualcuno piangeva, altri uscivano dall’aula… Lui diventava il vero protagonista dell’ora di scuola». Meno matematica o italiano in quei momenti virtualmente sottratti all’insegnamento classico: ma certamente nuove fondamentali occasioni per ricevere ben altri insegnamenti, sulla vita reale e sui suoi aspetti più duri. “Lezioni” di coraggio. Tutto è cominciato con un blog. Passione di tanti, ma soprattutto dei giovanissimi, abili navigatori nello spazio cibernetico, assetati cercatori di novità e svaghi sul web. Così è stato anche per Paolo. Duramente colpito da uno di quei brutti mali che ti possono gettare a terra, incapace di reagire allo sconforto e al dolore più profondi, il ragazzino di Venegono Inferiore ha lottato tenacemente per buttare il cancro fuori dalla sua gamba malata. E, per uscire vincitore dallo scontro, non ha esitato a chiedere aiuto all’amico computer. Con sempre vicino “l’angelo custode”, incarnato sapientemente da mamma e papà, il ragazzino si è gettato a capo fitto nel racconto virtuale, giorno per giorno, del suo lungo calvario. Attraverso i post pubblicati su ilpaolino.blog ha condiviso con il mondo il suo durissimo viaggio.Viaggio che lo ha condotto, attraverso un anno intero, dall’estate 2008 alla fine dell’estate 2009, dentro e fuori da corsie di ospedale, dove ha subito pesantissimi cicli di chemio e diverse operazioni alla gamba malata. Giorno dopo giorno, il blog è diventato il suo inseparabile compagno di “avventura”, luogo speciale dove raccontare il diario degli appuntamenti medici e delle cure, ma anche dove sfogare la noia, confidare le speranze e le angosce, salutare gli amici e conoscerne di nuovi, confessare progetti in un futuro che non ha mai cessato di profilarsi all’orizzonte.Un modo concreto e lineare, in perfetto stile adolescenziale (anche se la mamma di Paolo era la prima a stupirsi della trasformazione “letteraria” del suo bambino, che nei tanti anni di scuola non aveva mai tenuto in mano volentieri una penna per raccontarsi…), per non subire quanto gli stava accadendo ed essere sempre protagonista della “scalata” che lo attendeva ogni mattina al suo risveglio. «Era anche questo un modo per passare il tempo e per distrarsi da quanto di brutto gli stava accadendo», racconta il papà Piercarlo.Il computer come amico, dunque. Amico prezioso anche quando, forzatamente lontano dai banchi di scuola perché sempre alle prese con cure mediche e operazioni chirurgiche, Paolo riuscì a “frequentare” la terza media a distanza, grazie a un collegamento informatico che lo portava virtualmente in classe in alcuni momenti della giornata. Lui, sdraiato sul divano di casa o costretto nel letto d’ospedale, portava la dura realtà del dolore e della malattia a diretto contatto con le vite “normali” dei suoi compagni, costringendoli in qualche modo a fare i conti con un aspetto dell’esistenza duro e doloroso e accompagnandoli così – involontariamente – a diventare grandi.«Ci sono stati momenti difficili in classe – raccontano i suoi insegnanti -, con alcuni compagni che non riuscivano più a seguire la lezione quando c’era Paolo connesso. Troppo forte l’emozione di vederlo senza capelli, di sentirlo presente in quella condizione di malattia… Qualcuno piangeva, altri uscivano dall’aula… Lui diventava il vero protagonista dell’ora di scuola». Meno matematica o italiano in quei momenti virtualmente sottratti all’insegnamento classico: ma certamente nuove fondamentali occasioni per ricevere ben altri insegnamenti, sulla vita reale e sui suoi aspetti più duri. “Lezioni” di coraggio.

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