Colpiti piccolissime ditte e grandi marchi, realtà storiche come la Inda di Caravate o la Lindt di Induno e importanti aziende come la Bticino
Andrea GIACOMETTI
Redazione
La crisi morde drammaticamente nel Varesotto. Una crisi a macchia di leopardo, che investe piccolissime aziende e grandi marchi. Nell’occhio del ciclone ci sono aziende storiche del territorio, come la Inda di Caravate (40 posti in bilico) o la Lindt di Induno Olona (400 dipendenti in cassa integrazione), ma non se la passano bene neppure importanti aziende come la BTicino. Per questo noto marchio produttore di componenti elettrici, cassa integrazione a cascata su tutte le sedi del territorio, cioè sui mille dipendenti di Varese, i 216 di Tradate, i 200 di Bodio.
Chiude anche la Piaggio di Ternate, che mette 33 dipendenti in mobilità, nonostante il prestigioso palmarès dei mondiali vinti con i suoi motori. Brancola nel buio il settore tessile del Gallaratese, e pesano sulla bilancia della crisi i 2 mila addetti occupati all’aeroporto di Malpensa. Dopo anni di fatturati e profitti sostanziosi, tirano le somme, con amarezza, i sindacati, ora che l’onda lunga della crisi arriva fin qui, nel profondo Nord, le aziende rispondono con licenziamenti, mobilità e chiusure.
«Si respira una situazione pesantissima, che ha visto in pochi mesi triplicare le richieste di cassa integrazione da parte delle aziende impegnate nei vari settori dell’economia locale», spiega Carmela Tascone, segretaria della Cisl di Varese. Cifre alla mano, evoca le dimensioni quantitative del fenomeno: tra cassa integrazione ordinaria e straordinaria, secondo stime Cisl, nel Varesotto siamo arrivati a quota 11 mila lavoratori colpiti dalla crisi. La crisi morde drammaticamente nel Varesotto. Una crisi a macchia di leopardo, che investe piccolissime aziende e grandi marchi. Nell’occhio del ciclone ci sono aziende storiche del territorio, come la Inda di Caravate (40 posti in bilico) o la Lindt di Induno Olona (400 dipendenti in cassa integrazione), ma non se la passano bene neppure importanti aziende come la BTicino. Per questo noto marchio produttore di componenti elettrici, cassa integrazione a cascata su tutte le sedi del territorio, cioè sui mille dipendenti di Varese, i 216 di Tradate, i 200 di Bodio.Chiude anche la Piaggio di Ternate, che mette 33 dipendenti in mobilità, nonostante il prestigioso palmarès dei mondiali vinti con i suoi motori. Brancola nel buio il settore tessile del Gallaratese, e pesano sulla bilancia della crisi i 2 mila addetti occupati all’aeroporto di Malpensa. Dopo anni di fatturati e profitti sostanziosi, tirano le somme, con amarezza, i sindacati, ora che l’onda lunga della crisi arriva fin qui, nel profondo Nord, le aziende rispondono con licenziamenti, mobilità e chiusure.«Si respira una situazione pesantissima, che ha visto in pochi mesi triplicare le richieste di cassa integrazione da parte delle aziende impegnate nei vari settori dell’economia locale», spiega Carmela Tascone, segretaria della Cisl di Varese. Cifre alla mano, evoca le dimensioni quantitative del fenomeno: tra cassa integrazione ordinaria e straordinaria, secondo stime Cisl, nel Varesotto siamo arrivati a quota 11 mila lavoratori colpiti dalla crisi. La sollecitazione del Fondo Una vera e propria emergenza-lavoro, che sconvolge famiglie e comunità locali. Con ulteriori aggravanti, quale l’età degli addetti colpiti dalla crisi. Lo ricorda Sergio Moriggi, presidente delle Acli varesine: «Tra i lavoratori in maggiore difficoltà, ci sono senza dubbio gli over-40, per i quali è più difficile, una volta espulsi dal mercato del lavoro, riuscire a rientrarvi». Molte le iniziative partite sul territorio a sostegno di cassintegrati e lavoratori in mobilità. Grazie a un accordo tra sindacati, organizzazioni imprenditoriali e Camera di Commercio di Varese, le banche anticiperanno le risorse a chi si trova in cassa integrazione straordinaria. I Comuni si mobilitano, un tavolo di concertazione tra le forze sociali è già stato convocato per il 18 marzo in Provincia.Qualcosa si muove contro questa crisi che picchia duro. Un movimento di iniziative differenziate, con vari promotori, che spesso sono partite nel solco della sollecitazione (per qualcuno, della “provocazione”) costituita dal Fondo famiglia-lavoro lanciato a Milano dal cardinale Tettamanzi. «Il merito principale dell’iniziativa dell’Arcivescovo – ribadisce il presidente delle Acli, a Varese cuore pulsante del Fondo – è di avere mosso le acque, di avere obbligato enti pubblici, Comuni e Provincia a prendere coscienza della gravità del problema e a mettere subito a bilancio delle risorse disponibili». Un’iniziativa, quella diocesana, che mostra il suo valore perché aiuta ad affrontare una crisi che, continua il presidente delle Acli, «può durare più dei prossimi sei mesi, con il rischio che si possano esaurire i fondi relativi agli ammortizzatori sociali, una prospettiva che può acutizzare il già diffuso disagio sociale».Anche per la segretaria della Cisl, Tascone, il Cardinale ha saputo offrire un segnale positivo, di speranza, nella difficile situazione attuale. Un invito a guardare avanti e stare con i piedi per terra, affiancando subito lavoratori e famiglie colpite dalla crisi.