Il sindaco, commissario straordinario per l'evento: «Appartiene alla città e a tutti coloro che ogni giorno costruiscono il "valore Milano"»
di Pino NARDI
Redazione
«Tengo molto al volto vero di Expo, perché l’ho voluto così: un grande progetto di sviluppo per la città, per il Paese, per il Pianeta». Lo sottolinea Letizia Moratti, sindaco di Milano e commissario straordinario Expo. Delinea le strategia di fondo dell’evento, che considera una vittoria di tutti coloro che «ogni giorno costruiscono il “valore Milano”».
Con l’Expo quali opportunità per la città del futuro?
Expo è un’opportunità per il presente, agisce nella Milano di oggi. Non è un evento del 2015: è un laboratorio che attira energie, eccellenze, ricerca, società civile, volontariato e soprattutto persone che hanno voglia di costruire speranza per il mondo. Expo sta costruendo una Milano più internazionale, che scala posizioni in termini di presenza: ricerca, turismo, tecnologia, biotech, energie, media, cultura. Ma sta anche valorizzando le eccellenze nel mondo, dalla Triennale al Piccolo Teatro, dalla Scala al Politecnico. Penso a Milano Design City a Incheon, in Corea del Sud, e alla inaugurazione della Triennale a New York: una cittadella dell’eccellenza milanese e lombarda che sorgerà a cinque minuti dall’aeroporto internazionale, 50 milioni di passeggeri l’anno e una previsione di 20 milioni di visitatori esteri ogni anno entro il 2014. Un’area con un bacino di utenza complessivo di un miliardo di abitanti. La Camera di commercio di Milano valuta in 44 miliardi di euro le ricadute positive di Expo per l’economia italiana. Avremo 70 mila nuovi posti di lavoro. Poi ci sono le infrastrutture. Proprio in questi giorni il governo ha sbloccato i fondi per le nuove linee metropolitane M4 e M5, e per i prolungamenti di M1 e M2. Avremo la Pedemontana, la Tangenziale esterna milanese, la Bre.Be.Mi. Svilupperemo la rete ferroviaria triplicando la Rho-Gallarate e collegando Malpensa, anche a vantaggio dei pendolari lombardi. Con Expo, Milano e la Lombardia saranno più accessibili, più efficienti, più europee.
Quanto il tema dell’Expo è stato finora considerato?
Molto. Ma è apparso troppo poco. È normale che nella fase iniziale prevalga l’aspetto dell’organizzazione, degli organigrammi. Sono aspetti che fanno notizia, ma non sono i più importanti. Un dato su tutti: con Expo abbiamo attivato nel mondo 480 progetti di sviluppo. Nel Niger sosteniamo la messa in sicurezza del ciclo del latte a favore di 75 mila persone; in Senegal realizzati orti urbani per 4 mila famiglie; in Mali permettiamo alle madri di partorire in piccoli presidi ospedalieri con energia elettrica da pannelli solari. In India abbiamo sostenuto un progetto proposto da Calcutta Village project attraverso l’associazione di studenti di medicina dell’Università di Milano. E lo sviluppo di agricoltura urbana in Argentina.
Come si pensa di coinvolgere le forze sociali della città in questo progetto?
Expo appartiene alla città. Perché Milano e l’Italia hanno vinto grazie alle persone e alle realtà di eccellenza del loro territorio. Lo hanno vinto le università, le imprese, le associazioni, i volontari. Lo hanno vinto quelli che ogni giorno costruiscono il “valore Milano”. Expo è il loro Expo. Abbiamo costruito una rete di collaborazione concreta, che valorizza il contributo di tutti. Per questo Expo è anche un modello innovativo di organizzazione a rete, replicabile in futuro su molte altre realtà italiane, per contribuire alla modernizzazione del Paese. Siamo e saremo in ascolto dei milanesi. Abbiamo chiesto loro di disegnare con noi l’eredità che Expo lascerà a Milano, in tutti i settori connessi all’evento, e in particolare sul concept del sito Expo. Continueremo a consultarli sui progetti, sul verde, sulle opere di interesse sociale e culturale. Penso alla riscoperta dell’agricoltura milanese, con le aree agricole e le cascine, insieme alle associazioni di quartiere e al volontariato ambientale, che a Milano è molto esteso e presente. Stiamo lavorando con i giovani, con le donne, nei quartieri, nelle scuole. Vogliamo un’Expo diffuso, che generi appartenenza. Chiediamo ai milanesi di immaginare la citta di domani, insieme.
Non mancano voci critiche sulla gestione complessiva dell’Expo. C’è il rischio di perdere questa occasione?
Le critiche sono parte della democrazia, della partecipazione. Devono però essere costruttive e motivate. Expo ha scontato qualche ritardo all’inizio, ma solo sull’aspetto organizzativo. Del resto, Expo è innovazione, e il nuovo ha sempre bisogno di un po’ di tempo per trovare spazio. Nel frattempo, gli aspetti tematici e i progetti di sviluppo hanno continuato a diffondersi con rapidità anche maggiore di quella che avevamo previsto. All’estero non vi è quasi traccia delle polemiche sui ritardi, si parla molto di Expo come generatore di sviluppo. Ora Expo è in piena attività, la società di gestione lavora a pieno ritmo, i finanziamenti sono assicurati e il concept del sito è definito. L’occasione Expo non sarà perduta. C’è fiducia e positività. Anche questo è un risultato di Expo. «Tengo molto al volto vero di Expo, perché l’ho voluto così: un grande progetto di sviluppo per la città, per il Paese, per il Pianeta». Lo sottolinea Letizia Moratti, sindaco di Milano e commissario straordinario Expo. Delinea le strategia di fondo dell’evento, che considera una vittoria di tutti coloro che «ogni giorno costruiscono il “valore Milano”».Con l’Expo quali opportunità per la città del futuro?Expo è un’opportunità per il presente, agisce nella Milano di oggi. Non è un evento del 2015: è un laboratorio che attira energie, eccellenze, ricerca, società civile, volontariato e soprattutto persone che hanno voglia di costruire speranza per il mondo. Expo sta costruendo una Milano più internazionale, che scala posizioni in termini di presenza: ricerca, turismo, tecnologia, biotech, energie, media, cultura. Ma sta anche valorizzando le eccellenze nel mondo, dalla Triennale al Piccolo Teatro, dalla Scala al Politecnico. Penso a Milano Design City a Incheon, in Corea del Sud, e alla inaugurazione della Triennale a New York: una cittadella dell’eccellenza milanese e lombarda che sorgerà a cinque minuti dall’aeroporto internazionale, 50 milioni di passeggeri l’anno e una previsione di 20 milioni di visitatori esteri ogni anno entro il 2014. Un’area con un bacino di utenza complessivo di un miliardo di abitanti. La Camera di commercio di Milano valuta in 44 miliardi di euro le ricadute positive di Expo per l’economia italiana. Avremo 70 mila nuovi posti di lavoro. Poi ci sono le infrastrutture. Proprio in questi giorni il governo ha sbloccato i fondi per le nuove linee metropolitane M4 e M5, e per i prolungamenti di M1 e M2. Avremo la Pedemontana, la Tangenziale esterna milanese, la Bre.Be.Mi. Svilupperemo la rete ferroviaria triplicando la Rho-Gallarate e collegando Malpensa, anche a vantaggio dei pendolari lombardi. Con Expo, Milano e la Lombardia saranno più accessibili, più efficienti, più europee.Quanto il tema dell’Expo è stato finora considerato?Molto. Ma è apparso troppo poco. È normale che nella fase iniziale prevalga l’aspetto dell’organizzazione, degli organigrammi. Sono aspetti che fanno notizia, ma non sono i più importanti. Un dato su tutti: con Expo abbiamo attivato nel mondo 480 progetti di sviluppo. Nel Niger sosteniamo la messa in sicurezza del ciclo del latte a favore di 75 mila persone; in Senegal realizzati orti urbani per 4 mila famiglie; in Mali permettiamo alle madri di partorire in piccoli presidi ospedalieri con energia elettrica da pannelli solari. In India abbiamo sostenuto un progetto proposto da Calcutta Village project attraverso l’associazione di studenti di medicina dell’Università di Milano. E lo sviluppo di agricoltura urbana in Argentina.Come si pensa di coinvolgere le forze sociali della città in questo progetto?Expo appartiene alla città. Perché Milano e l’Italia hanno vinto grazie alle persone e alle realtà di eccellenza del loro territorio. Lo hanno vinto le università, le imprese, le associazioni, i volontari. Lo hanno vinto quelli che ogni giorno costruiscono il “valore Milano”. Expo è il loro Expo. Abbiamo costruito una rete di collaborazione concreta, che valorizza il contributo di tutti. Per questo Expo è anche un modello innovativo di organizzazione a rete, replicabile in futuro su molte altre realtà italiane, per contribuire alla modernizzazione del Paese. Siamo e saremo in ascolto dei milanesi. Abbiamo chiesto loro di disegnare con noi l’eredità che Expo lascerà a Milano, in tutti i settori connessi all’evento, e in particolare sul concept del sito Expo. Continueremo a consultarli sui progetti, sul verde, sulle opere di interesse sociale e culturale. Penso alla riscoperta dell’agricoltura milanese, con le aree agricole e le cascine, insieme alle associazioni di quartiere e al volontariato ambientale, che a Milano è molto esteso e presente. Stiamo lavorando con i giovani, con le donne, nei quartieri, nelle scuole. Vogliamo un’Expo diffuso, che generi appartenenza. Chiediamo ai milanesi di immaginare la citta di domani, insieme.Non mancano voci critiche sulla gestione complessiva dell’Expo. C’è il rischio di perdere questa occasione?Le critiche sono parte della democrazia, della partecipazione. Devono però essere costruttive e motivate. Expo ha scontato qualche ritardo all’inizio, ma solo sull’aspetto organizzativo. Del resto, Expo è innovazione, e il nuovo ha sempre bisogno di un po’ di tempo per trovare spazio. Nel frattempo, gli aspetti tematici e i progetti di sviluppo hanno continuato a diffondersi con rapidità anche maggiore di quella che avevamo previsto. All’estero non vi è quasi traccia delle polemiche sui ritardi, si parla molto di Expo come generatore di sviluppo. Ora Expo è in piena attività, la società di gestione lavora a pieno ritmo, i finanziamenti sono assicurati e il concept del sito è definito. L’occasione Expo non sarà perduta. C’è fiducia e positività. Anche questo è un risultato di Expo.