In un documento la sezione milanese dell’Amci chiede una riforma radicale del comparto, nel segno del rispetto della dignità delle persone da curare. Ne parla il presidente Alberto Cozzi

di Annamaria Braccini

Operatori sanitari

Un lungo documento nel quale, evidenziando alcune complessità sia sociali, sia del comparto sanitario, si chiede un nuovo modello concettuale per affrontare le sfide di oggi. È quello che la sezione milanese dell’Associazione dei Medici Cattolici Italiani “Santa Gianna Beretta Molla”, ha stilato di recente, condividendolo con molte personalità. Ne parliamo con il presidente Alberto Cozzi: «Abbiamo voluto guardare ai cambiamenti che i temi della salute e dell’organizzazione sanitaria hanno registrato in questi decenni, finora con il presidio di un Servizio Sanitario Nazionale eccellente, che però è stato pensato 45 anni fa. C’è bisogno di un ripensamento radicale, che investa tutto il settore nel suo complesso, perché sia rispettata la dignità della persona nella gestione delle cure e perché la fondamentale relazione di cura rimanga centrale e non sia scavalcata da fattori esterni».

In questo senso vanno anche le proposte formulate nel documento, tra cui la richiesta, appunto, di una relazione di cura che permetta «ai cittadini di avere una risposta continuativa e coordinata»…
Pensiamo che attualmente, attraverso la dedizione e la responsabilità di molti, si stia mantenendo un livello di cure più che accettabile, ma anche una fetta sempre più ampia della popolazione – e lo sarà sempre di più perché questo è un tempo di impoverimento economico e culturale – rimanga oggi ai margini. Vorremmo quindi che la sanità comprenda questo bisogno di assistenza, che si esprime a livello di umanità, nella tecnica e nella competenza adeguata. La preoccupazione nasce dall’assistere a una frammentazione di risorse e di impegni che non permettono una visione coordinata. Il nostro è un invito, per tutti, a occuparsene e a porre la questione al mondo delle istituzioni e della politica.

Alberto Cozzi

A tale proposito, in Lombardia è in atto una riforma radicale con la cosiddetta “medicina di prossimità”. Come vedete questo intervento che valorizza il territorio?
Sul territorio si gioca, sempre di più, la questione della salute, per evitare anche che gli ospedali gestiscano ogni intervento, magari questioni che possono essere risolte sul territorio stesso. Esistono tuttavia una serie di criticità, anzitutto in termini numerici, perché la carenza di medici e degli infermieri sul territorio è preoccupante e in aumento. Le iniziative che la Regione sta mettendo in campo hanno bisogno di un dialogo aperto, franco, non ideologico, non di rivendicazione, altrimenti i cambiamenti strutturali sono semplicemente un contenitore fatto di molte parole teoriche. Serve, insomma, una gestione diversa.

Sempre come Amci Milano, avete creato il Forum per il Servizio Sanitario Nazionale. Con quali obiettivi?
Si tratta di una proposta approvata in Regione, nell’incontro che abbiamo avuto con la direzione del Welfare e con l’assessore e vicepresidente Moratti, che ha molto apprezzato l’iniziativa, condivisa anche da esterni alla nostra associazione: esponenti del mondo della cultura e accademico, della clinica, della ricerca, che credono in un Servizio Sanitario pubblico che abbia ancora caratteristiche di universalità, equità e gratuità.

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