Ogni settimana centinaia di persone si mettono in fila nella sede distaccata della Questura a Niguarda. C'è chi aspetta anche per giorni, accampandosi con le tende nei giardini antistanti
di Lorenzo
Garbarino
L’Ufficio immigrazione di via Cagni a Milano, in zona Niguarda, è diventato da dicembre un caso emblematico degli ostacoli che gli stranieri devono affrontare in Italia nel loro percorso di integrazione. In questa sede distaccata della Questura, nella caserma Annarumma, le persone si mettono in coda anche la notte per presentare la richiesta di permesso di asilo.
Si tratta nella maggior parte dei casi di migranti arrivati da poco in Italia, attraverso vie come la Rotta Balcanica. Stefano Pasta, del servizio profughi della Comunità di Sant’Egidio, racconta cosa avviene ogni settimana: «Domenica scorsa saranno state 600 persone solo perché pioveva e faceva freddo. Due settimane fa ce n’erano più di mille. Ogni settimana l’Ufficio seleziona, senza alcun criterio, solamente 120 delle persone accampate fuori. Solo questi potranno cominciare le pratiche durante la settimana».
In fila tutta la notte
Si tratta però solo del primo passaggio che i richiedenti affrontano durante la notte. «A quel punto – continua Pasta – i selezionati vengono portati all’ingresso e passano la notte seduti sul marciapiede. Da mezzanotte alle 7 del mattino aspettano all’interno di un recinto di transenne. La mattina dopo vengono divisi nei cinque giorni lavorativi dell’Ufficio per avviare le pratiche. Dopo circa tre mesi ricevono un primo permesso di soggiorno di sei mesi, che permette loro di lavorare regolarmente». Questo è il primo passaggio dell’integrazione in Italia.
Le file hanno cominciato a ingrossarsi da inizio dicembre. Prima il sistema era organizzato con un sistema di appuntamenti, che permetteva presenza più basse in piazza ogni mattina. Oggi invece le file sono talmente affollate da essere suddivise per lingua. Ci sono code di nazionalità maghrebina o egiziana, oppure di chi parla spagnolo, come i richiedenti sudamericani.
Mesi di attesa per la selezione
Questa lentezza significa giorni, settimane o mesi di attesa. «Ho conosciuto un ragazzo egiziano sbarcato sei mesi fa – racconta Pasta -. Domenica non è stato tra i selezionati, ed era da tre mesi che tentava di entrare negli uffici».
Proprio per evitare questo limbo, c’è chi la domenica la passa nei giardinetti di via Cagni. La speranza è di rimanere abbastanza vicino all’entrata, per essere selezionato. Ed è proprio qui che sono spuntate numerose tende per chi decide di passare la notte davanti all’ufficio.
In questa condizione di disagio sociale e incertezza, le persone selezionate sono poi circondate da transenne che ne limitano i movimenti. Domenica queste dinamiche hanno provocate anche momenti di tensione di fronte agli uffici, sedate con cariche di alleggerimento da parte delle forze dell’ordine.
Tensioni tra le transenne, stemperate dalle forze dell’ordine
Un rituale che si rinnova ogni domenica, con persone, tra cui donne e bambini, senza documenti e appena arrivati, che Pasta definisce in condizioni di vulnerabilità forte: «Due domeniche fa abbiamo conosciuto un bambino autistico peruviano, che ha passato la notte in via Cagni. Giovedì ha avuto una crisi e in questo momento è ancora ricoverato. Sono decine però i minorenni che subiscono questo trattamento».