Un eventuale periodo di quarantena non è equiparato alla malattia e non viene riconosciuto il bonus di 100 euro mensili a chi deve recarsi sul posto di lavoro
In questo periodo di emergenza determinato dall’epidemia di Covid-19 che ha colpito in modo particolarmente duro il nostro territorio, la nostra società sta affrontando diverse crisi: non ultima quella sociale, economica e produttiva.
Il Governo e gli Enti locali stanno tentando di dare qualche risposta in merito e probabilmente anche nei prossimi giorni saranno avviati strumenti di mitigazione della crisi per aziende e famiglie.
Ma le Acli Milanesi sottolineano che vi è un settore del mondo del lavoro ed in particolare del mondo del lavoro di cura, che è stato dimenticato in queste settimane tumultuose: quello del lavoro domestico. «Con Saf Acli, società del sistema Acli Milanesi, aiutiamo quasi 11.000 famiglie nella gestione dei rapporti di lavoro domestico, – spiega Paolo Ricotti, presidente di Saf Acli – e con Acli Colf associamo più di 500 lavoratrici domestiche: da questo mondo si alza una forte e distinta richiesta di aiuto».
A differenza di quanto avviene infatti per i lavoratori di tutte le categorie, alle lavoratrici e lavoratori domestici un eventuale periodo di quarantena non è equiparato alla malattia, così come non viene riconosciuto il bonus di 100 euro mensili che spetta a chi si è dovuto recare sul posto di lavoro per attività essenziali e non agibili in regime di smart working.
«È tempo che questo territorio e questo Paese – auspica Ricotti – riconoscano la funzione centrale delle lavoratrici domestiche che anche ora si affermano come antidoto alla solitudine di tanti anziani e di tante persone svantaggiate, baluardi della cura lasciate a loro stesse e al supporto economico delle sole famiglie. Se tanti anziani in queste settimane e in questi mesi sono riusciti a condurre una vita serena e regolare nelle loro case, lo dobbiamo al lavoro costante di queste operatrici della cura, di cui però le istituzioni si dimenticano con troppa facilità. Come Acli auspichiamo – conclude Ricotti – che i prossimi provvedimenti tengano conto dell’esistenza e della specificità del lavoro domestico e di cura, lavoro di prossimità e di sacrificio che però si configura come una vera e propria infrastruttura sociale del nostro Paese».