L'intervento all’assemblea della Federazione Lombarda delle Banche di Credito Cooperativo, svoltasi al Museo Diocesano
di Annamaria
Braccini
«Grazie per questa occasione e per il vostro modo di fare banca e credito che sento particolarmente vicini alla mia sensibilità. Molti valori che sono interpretati dal credito cooperativo rispondono a quelli espressi dalla Dottrina sociale della Chiesa»: con queste parole l’Arcivescovo, intervenendo all’assemblea della Federazione Lombarda delle Banche di Credito Cooperativo, saluta il presidente della Federazione Alessandro Azzi, i relatori e gli oltre 200 delegati regionali presenti nella Sala delle Arciconfraternite del Museo diocesano “Carlo Maria Martini”.
Un passaggio importante, quello assembleare di quest’anno, che torna finalmente alla modalità in presenza e che è anche occasione per presentare il “Centro di Ricerca del Credito Cooperativo” dell’Università Cattolica, istituito in collaborazione tra Federcasse e Bcc lombarde. E proprio dal significato relazionale e simbolico del denaro e del credito prende spunto la relazione dell’Arcivescovo.
La dimensione simbolica
«Non si sa se esista ancora il denaro, ma trovo utile riflettere sui suoi aspetti simbolici – chiarisce subito l’Arcivescovo -. Il denaro è infatti uno strumento relazionale, crea rapporti tra le persone, quelli buoni e quelli cattivi. Il denaro si può chiamare proprietà, patrimonio, per mettere in evidenza l’aspetto del possesso oggettuale; tuttavia, anche l’uso personale del denaro ha una dimensione simbolica, è un segno che introduce al mistero della persona, al bene e al male che c’è in ognuno. Il denaro può essere il simbolo di come una persona considera se stessa ed è segno di un rapporto con gli altri».
Come a dire, il tema del denaro non si può ridurre a un contesto tecnico «di applicazione delle procedure, alla burocrazia del controllo, ai cambiamenti delle normative e alla riorganizzazione degli istituti», perché apre a questioni di valore e di senso.
Da qui la proposta di tre virtù necessarie al banchiere.
La fiducia
A partire dalla prima, fondamentale: la fiducia. «La fiducia è un’attitudine virtuosa nella relazione con le altre persone, prima che con le procedure e il prevedibile. La fiducia è virtuosa perché è la scelta di un modo di considerare l’altro nella sua vicenda personale, familiare, professionale, sociale, non come un cliente da cui aspettarsi dei vantaggi, ma come una persona con cui condividere un tratto del cammino dentro un contesto sociale ed economico. La fiducia comprende, dunque, la conoscenza, la stima, la benevolenza, la sincerità, che sono caratteristiche difficilmente praticabili in un grande istituto dove il rapporto con il pubblico è complesso. La struttura territoriale di una banca di credito cooperativo permette invece di incontrarsi valutando le persone. Il rapporto di fiducia traduce una visione della vita considerata come promettente e meritevole di essere desiderata, vissuta e costruita».
Un fiducia – questa – che «ha il suo fondamento più certo in Dio, Padre provvidente, ma anche nella conoscenza della storia, della gente e che si esprime nell’attenzione al futuro e a coloro che possono costruirlo: le famiglie, i bambini, le istituzioni formative prima che la tecnologia, la programmazione, le regole e i controlli».
«Certamente – suggerisce monsignor Delpini – gli eventi macroeconomici e geopolitici, la congiuntura storica, ci possono lasciare in uno stato di attesa, per cui viviamo in un atteggiamento di sospetto e di sospensione, ma la fiducia incoraggia la costruzione del futuro. È la virtù che possiamo chiamare del seminatore».
La sapienza
«La fluidità della situazione, la rapidità dei cambiamenti, l’imprevedibilità degli eventi, sembrano imporre scelte rapide, sia per non perdere occasioni, sia per evitare di soccombere ai disastri. Le scelte rapide sono però, talvolta, anche scelte affrettate, evidentemente esposte al rischio di essere improvvide, operate per l’incombere dell’emergenza. D’altra parte, le scelte lente sono esposte al rischio di essere compiute in ritardo e di intervenire quando la situazione è troppo compromessa. La sapienza è quella virtù di discernimento che evita l’ingenuità, l’improvvisazione, la pressione sproporzionata dell’emotività o dell’opinione pubblica. La sapienza è sorella dell’umiltà: riconosce i suoi limiti e ascolta i consigli degli altri. Non si sottovaluta, non si sottrae alle proprie responsabilità, non si esalta e non fa dei propri meriti un motivo per ritenersi indiscutibile. La sapienza è anche sorella dell’onestà perché non cerca sotterfugi per sfuggire ai rischi o alle responsabilità, non finge di sapere quello che non sa, non argomenta con doppiezza per costruire alleanze e orientarle a sostegno di uno scopo con motivazioni che non può esplicitare. È la virtù che fa valutare, con ampiezza di vedute, le situazioni, ma continuando a imparare da queste ultime: non è mai acquisita».
L’ospitalità
Terza virtù, l’ospitalità. La virtù definita «del tessitore, soprattutto in istituti come le Bcc che si devono mantenere fedeli all’impostazione originaria, pur nella consapevolezza dell’evolvere delle cose». Da qui l’idea che l’ufficio del banchiere non sia «un bunker in cui rinchiudersi», ma «la porta aperta che possono varcare coloro che desiderano l’incontro. Chi occupa un ufficio può praticare la virtù dell’ospitalità che accoglie per condividere, per ascoltare».
E come il tessitore, che è padrone solo delle sue mani, tiene insieme i fili, «il banchiere virtuoso favorisce l’incontro tra le persone, tra chi deve dare e chi deve ricevere, perché ha bisogno di credito. La virtù del tessitore fa degli interessi diversi un contributo al bene di ciascuno e di tutti, contribuisce a creare una comunità solidale. Favorisce che le persone si incontrino, che condividano i progetti, le risorse, i bisogni, un legame che permette di affrontare anche i momenti difficili, di dare la spinta necessaria perché una situazione di stallo si sblocchi, perché un momento critico possa essere attraversato per trovare stabilità».
In questa visione economico-finanziaria è evidente il ruolo fondamentale del credito cooperativo che, per l’Arcivescovo, «può contribuire a un’opera essenziale, in questa nostra società che rischia di frantumarsi in interessi contrapposti, configurando una comunità solidale, potendo essere forza incoraggiante, capace di iniziativa e di resistenza, perché talvolta i tempi chiedono di resistere avendo buone motivazioni per farlo e credendo che valga la pena farlo».
Le conclusioni del presidente Azzi
Un orizzonte di senso e una consegna, quelli lasciati nel suo intervento dall’Arcivescovo, sottolineato da un lungo appaluso finale, che trova risposta nelle indicazioni del presidente della Federazione Lombarda, Alessandro Azzi: «Come cooperatori, abbiamo la responsabilità di testimoniare, nel nostro impegno quotidiano, che solo mettendo a fattor comune esigenze e risorse, attraverso relazioni vere e feconde, è possibile trovare soluzioni e nuove opportunità, concorrendo alla costruzione del bene comune. Oggi abbiamo l’evidenza che il nostro ruolo, umile ma convinto, di agenti di sviluppo, è utile non solo per i nostri territori, ma più in generale per tutte le comunità: con questa consapevolezza il Credito Cooperativo lombardo continuerà a lavorare per contribuire alla costruzione della pace. L’inquietudine che si percepisce nella vita di tutti i giorni non deve scoraggiarci o dissuaderci dal continuare a lavorare alla nostra missione: quella di essere costruttori di sviluppo condiviso e benessere umano integrale».
Il Centro di Ricerca
Elena Beccalli, preside della Facoltà di Scienze bancarie e assicurative dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, presentando il nuovo Centro di Ricerca sul Credito Cooperativo, evidenzia, infine, l’importanza «di difendere il valore della biodiversità economico-finanziaria, affinché l’ecosistema che ne deriva possa rimanere sano e generativo, soprattutto in una fase come questa, di fronte alla pandemia prima e alla guerra oggi, con le disuguaglianze derivanti dalle crisi economiche e sociali, climatica, energetica e alimentare. Nel “credito di relazione” esercitato dalle Bcc il presupposto naturale è rappresentato dalla prossimità, che torna a essere considerata positivamente, in quanto fattore in grado di favorire stabilità, inclusione finanziaria e coesione sociale».
Un trend confermato dalle ricerche del Centro operate su tutti gli Istituti bancari italiani: «L’evidenza empirica conferma che la vicinanza a una filiale di Bcc per le imprese facilita l’accesso al credito bancario. Tale effetto risulta anche più forte quando le imprese operano in prossimità di una Bcc, come unica controparte bancaria sul territorio: ciò accade per circa 15 mila imprese localizzate in ben 1.700 Comuni italiani. Grazie alla prossimità, le banche di comunità favoriscono quindi l’accesso al credito, specie delle imprese medio-piccole e familiari, che rappresentano il 99% del tessuto imprenditoriale del nostro Paese, sostenendo gli investimenti del tessuto imprenditoriale italiano e contrastando la desertificazione dei territori».